(di Roberto Ganganelli) | Il 22 settembre 1792 si inaugura, per la Francia, una nuova era. Nasce infatti ufficialmente, in quella data, la Repubblica Francese, dopo i turbinosi anni seguiti alla Rivoluzione del 14 luglio 1789. Il paese subisce così nel bene e nel male – e in ogni campo delle attività quotidiane – gli effetti dei venti di rinnovamento, tra i quali spicca anche l’introduzione del nuovo calendario basato su decadi di giorni, ore di 100 minuti e minuti di 100 secondi, nonché del sistema metrico decimale basato sul chilogrammo e sul metro lineare. Naturalmente, anche la moneta non sfugge alle autorità che, peraltro, hanno una disperata necessità di mettere ordine nella confusa e fragile situazione valutaria della nazione. Nel 1789, infatti, erano stati introdotti gli “assignats” cartacei, ben presto svalutati e ridotti a carta straccia; e nemmeno la neonata Repubblica, nel 1796, con i “mandats territoriaux” riesce a tamponare l’inflazione, fonte di sfiducia e di preoccupanti tensioni sociali. Viene quindi istituita una commissione statale destinata ad elaborare una riforma che restituisca alla Francia una moneta stabile e “sonante”, di nuovo basata su un intrinseco di metallo prezioso.
Assegnato da 10 lire emesso in Francia nel 1792 (source: archive)Il lavoro della commissione è sistematico; in un comunicato diffuso il 28 termidoro dell’anno 3 (29 luglio 1795), nel 4° comma si definiscono le caratteristiche della nuova moneta da 5 franchi da coniare in agneto: “Per quanto riguarda il tipo, i pezzi d’argento porteranno la figura di Ercole, che unisce Uguaglianza e Libertà, con un’iscrizione che indichi unità e potere. Sul retro, saranno incisi due rami intrecciati di quercia e di alloro, con la legenda REPUBLIQUE FRANÇAISE. Al centro sarà posta la denominazione. In esergo, in numeri arabi, verrà inciso l’anno dell’era repubblicana. Sul bordo, sarà inciso GARANTIE NATIONALE”. Dupré crea i modelli della nuova moneta come previsto dalla legge: un potente Ercole in nudità eroica, vestito solo della pelliccia del leone di Nemea, tra due personificazioni femminili. La figura alla sua destra, caratterizzata da un berretto frigio, rappresenta la Libertà. A seno nudo e capelli sciolti, essa ricorda l’amazzone della Libertà che Dupré aveva già raffigurato su un’altra medaglia. La figura di sinistra è invece in possesso di un “archipendulum”, che indica l’uguaglianza di tutti i cittadini. In esergo, il nome dell’artista, incisore capo alla zecca di Parigi. Segni di zecca, una piccola Artemide alla sinistra della Libertà, mentre il gallo a destra dell’Uguaglianza rappresenta Charles-Pierre de l’Espine, maestro di zecca.
E’ moneta repubblicana, ma già sotto l’ombra del Bonaparte, questa prova in oro da 5 franchi modellata da Dupré (source: Künker)Da Notare come l’Ercole tra le allegorie rivoluzionarie abbia un significato particolare: l’eroe greco, infatti, era già usato come simbolo dei Francia e, dopo la caduta di Luigi XVI, esso diventa emblema del popolo francese, “sovrano di se stesso”. Alla luce di ciò si comprende meglio anche la legenda UNION ET FORCE, dal momento che è l’unità del popolo a determinarne la forza. Resta il problema dell’approvvigionamento di metalli preziosi da monetare e, a risolverlo in gran parte, ci pensa Napoleone che, dall’Italia invasa e saccheggiata, nel 1797 fa arrivare la bellezza di 51 milioni di franchi in valute estere, mentre ulteriori 21 milioni arrivano da altre zone di guerra. Con un colpo di Stato, quindi, Napoleone Bonaparte si nomina primo console della Repubblica il 9 novembre 1799 ma, ben comprendendo il potere politico e la “delicatezza” dello strumento-moneta, attenderà due anni prima di porre sulle coniazioni di Francia il proprio ritratto.
Esemplare “di serie” della 5 franchi anno 10 zecca di Parigi (source: web)A questo periodo di transizione appartiene un “unicum” che verrà messo all’asta dalla casa tedesca Künker a Berlino, il prossimo 4 febbraio (lotto 499). Si tratta di un “essai” da 5 franchi coniato in oro dalla zecca di Parigi e datato anno 10 (1801-1802). Unico noto in mani private, fino ad ora si trovava nel Museo Napoleonico del Principato di Monaco. Venne acquistato da Luigi II, bisnonno del principe Alberto II Grimaldi oggi sul trono, per la propria collezione e, a Belino, passerà sotto il martello del banditore a partire dalla considerevole cifra di 125 mila euro.