(di Antonio Castellani) | “Zecca mai esistita”: così esordisce Giuseppe Ruotolo a proposito di Belmonte, in provincia di Cosenza, a p. 511 della guida “Le zecche italiane fino all’Unità”, testo di riferimento sullo studio delle officine monetarie del nostro paese. In realtà, la cittadina calabra rientra fra quelle che, nel corso della storia, non hanno mai avuto un’effettiva officina monetaria, bensì solo l’onore di venir menzionate su qualche coniazione essendo feudi di importanti famiglie dell’aristocrazia. E’ questo è il caso dei Pignatelli, che ebbero il titolo di principe di Belmonte in precedenza creato da Filippo III di Spagna, il 5 marzo 1619, in favore dell’allora conte Orazio Giovan Battista Ravaschieri Fieschi, dei conti di Lavagna, nonché barone di Belmonte e di Badolato. Il titolo, passato poi alle famiglie Pinelli, duchi d’Acerenza, e poi Pignatelli, venne soppresso Regno di Napoli con una legge promulgata il 2 agosto 1806 ma, nel frattempo, almeno un Pignatelli era riuscito ad eternare la propria figura ed il proprio prestigio in moneta.
Si tratta di un estremamente raro zecchino di ostentazione coniato con data 1733 dopo che l’imperatore d’Austria Carlo VI, con diploma del 23 dicembre, aveva rinnovato ad Antonio Pignatelli il privilegio di battere moneta, già concessogli con diploma del 9 settembre 1723 contemporaneamente alla nomina a principe del Sacro Romano Impero. Mentre, tuttavia, il primo diploma conteneva l’obbligo di imprimere al dritto delle monete l’aquila dell’Impero, il secondo acconsentiva alla sostituzione dell’aquila con il ritratto del principe. La moneta fu in realtà battuta nella zecca di Vienna ed i conii, al termine della produzione, vennero consegnati alla famiglia: il numero dei pezzi battuti fu senza dubbio esiguo ed oggi non se ne conoscono che pochissimi esemplari. Sta di fatto che un esemplare di questo zecchino è apparso di recente in asta pubblica Ranieri (vendita n. 11 del 14 maggio 2017, lotto 397) permettendoci di ammirare una delle monete più rare e particolari del Settecento italiano.
Pesante g 3,49 d’oro, al diametro di 24 millimetri circa, lo zecchino di Belmonte reca al dritto la legenda ANTONIUS PIGNATELLI con busto a destra del principe. Al rovescio i titoli S R I PRINC & BELMONTIS & C, la data 1733 e lo stemma in cartella ornata con padiglione sormontato da corona principesca. In verità, si possono avanzare dubbi circa la rispondenza del ritratto inciso sulla moneta rispetto alle esatte fattezze del personaggio: sembra piuttosto uno stereotipo di quelle monete di ostentazione i cui coni venivano incisi a Vienna senza la presenza del soggetto, bensì con l’ausilio di sommari ritratti.
Gli stessi ritratti che furono impiegati, vista l’evidente somiglianza, anche per la medaglia celebrativa del 1727 (argento, mm 31,4) della concessione ad Antonio Pignatelli del titolo di principe del Sacro Romano Impero al cui rovescio campeggiano invece i simboli del potere: lo scettro e la spada, la corona e uno scudo coricato. Il tutto con legenda DONA AVGVSTI MDCCXXIII. Sotto il ritratto, inoltre, vi è la firma dell’incisore (DE GENNARO F.) che corrisponde ad Antonio Maria De Gennaro (Napoli 1679 – Vienna 1744), operativo presso l’officina monetaria austriaca e che, vista la somiglianza di tanti elementi epigrafici ed iconografici tra moneta e medaglia, fu verosimilmente l’autore dei conii di entrambe. Il tutto, a maggior gloria del principe Antonio Pignatelli!