Nel Cinquecento la monetazione dei nuovi stati europei cambia radicalmente rispetto al passato. A influenzare le nuove tendenze contribuirono l’introduzione di macchinari per la produzione in serie e l’inarrestabile flusso di oro e argento proveniente dal continente americano. Anche lo stile cambiò. Nel Medioevo il ritratto del monarca era quasi sempre frontale e il volto stilizzato non permetteva di cogliere tratti personali: ai sudditi bastava che sul trono ci fosse un re, non importava come fosse. Nel Rinascimento, invece, i sovrani dei nuovi stati tenevano molto alla riproduzione realistica delle loro fattezze. La nuova moda, ispirata ai modelli pittorici italiani, fu ripresa anche negli altri stati europei, soprattutto quelli meridionali. Fino al 1535 la Milano degli Sforza produsse monete con i profili dei governanti ritenuti fra i più belli del Rinascimento, e anche quando il ducato finì sotto il controllo della Spagna, la raffinatezza artistica dei suoi esemplari continuò. Le coniazioni dei nuovi signori di Milano si rifacevano esplicitamente ai modelli monetali romani, “aggiornandoli” con la vocazione universale: il duca di Milano era anche re di Spagna e sovrano del Sacro romano impero e questo concetto è suggerito, per esempio, dal doppio scudo d’oro di Carlo V, dove al diritto con il busto del sovrano di profilo laureato e con corazza, corrisponde al rovescio la rappresentazione delle colonne d’Ercole con il motto plus ultra, ‘ancora oltre’, intendendo oltre lo stretto di Gibilterra. Su altre monete Carlo V compare invece secondo un’impostazione derivata dai sesterzi di Caligola mentre la legenda imita le iscrizioni dei tipi di Traiano: a firmare queste monete l’incisore Leone Leoni, riconosciuto maestro dell’arte numismatica di metà Cinquecento.
Proprio a Carlo V è attribuita la coniazione di un nuovo tipo monetale milanese, la doppia. Il nome deriva dallo spagnolo dobla, doblar, ‘raddoppiare’ e originariamente indicava una moneta d’oro del valore di due scudi. Per fare omaggio ai governanti, le zecche iniziarono poi a coniare anche pezzi d’oro multipli, per cui, oltre alle doppie da due, arrivarono quelle da quattro, dieci, venticinque e perfino cinquanta: il museo numismatico Bottacin di Padova ne conta una del doge Ludovico Manin da cento. La doppia di Carlo V fu coniata nel 1548 al titolo di 910-916 millesimi e pesava 6,6 grammi.
A Milano divenne poi un taglio d’oro piuttosto fortunato e diffuso: la scelse Filippo II, che ebbe anche la doppia da quattro scudi d’oro: vi compariva al diritto come re di Spagna, mentre al rovescio era indicato come Mediolani dux, ‘duca di Milano’, sopra lo stemma inquartato. Nelle grida monetarie milanesi del 1579 era precisato che le doppie valevano lire 11 soldi 16, ma un secolo dopo, nel 1683, anno in cui le grida spagnole terminarono, erano salite a 24.
«Essendo nel secolo XVI abbondato l’oro nella Spagna per la scoperta del Perù, si incominciarono ivi a stampare scudi d’oro di peso doppio, i quali si appellavano scudi doppi; onde gli Spagnoli dal loro verbo doblare, che significa raddoppiare, li appellarono doblas, cioè moneta doppia, dal qual vocabolo hanno cavato gli Italiani quello di dobbla, poi doppia». Filippo Argelati, De monetis Italiae a seculo XI ad XVIII, 1750-1759
Il taglio fu scelto anche dai successori di Filippo II che, salvo rarissime eccezioni come Filippo V, lo replicarono anche nell’impostazione artistica fino al 1711. Gli Asburgo, nuovi signori di Milano, la ripresero nel 1724 e 1726; Maria Teresa la fece coniare nel 1778 e il figlio Giuseppe II continuò la coniazione con un peso leggermente ridotto.