(di Roberto Ganganelli) | Il concorso per la nuova monetazione del Regno d’Italia voluto da Vittorio Emanuele III nel 1905, e la costituzione della Commissione permanente tecnico-artistico monetaria, nonché la collaborazione dello storico Stabilimento Johnson di Milano – zecca privata attiva fin dal 1836 e dotata di eccezionali modellisti ed incisori – portarono, come ben noto agli appassionati di monetazione decimale, alla creazione di quella che è universalmente considerata la più bella serie aurea italiana della prima metà del Novecento, e forse di tutti i tempi: la cosiddetta Aratrice nacque infatti dalla modellazione di Egidio Boninsegna (1869-1958) e dal bulino di Luigi Giorgi (1848-1912), capo incisore della Regia Zecca nonché direttore-docente della Scuola dell’Arte della Medaglia.
Di questa serie composta dalle 100, 50, 20 e 10 lire in oro, di fatto, appare sul mercato numismatico solo la data 1912 sebbene una prima coniazione venne effettuata già nel 1910; tale contingente, tuttavia, non venne mai posto in circolazione e venne rifuso – a parte, sembra, pochissimi pezzi per tipo – a causa del titolo dell’oro troppo basso rispetto alla tolleranza ammessa. Nel 1926 e 1927, invece, la serie Aratrice venne prodotta di nuovo, rispettivamente in appena 40 e 30 serie destinati al sovrano e ai collezionisti numismatici: inutile sottolineare come queste monete non entrarono mai in circolazione e rappresentano oggi delle grandi rarità.
Coniata con taglio rigato, la serie Aratrice si presenta innovativa già nel ritratto sovrano che appare maturo e solenne, in uniforme militare, circondato dal nome e da un nodo sabaudo inscritto in una cornice rettangolare; un sottile cerchio di puntini delimita il bordo. Al rovescio, un’elegante Italia turrita con un aratro ed un fascio di spighe campeggia sul tondello; le iscrizioni (REGNO D’ITALIA, LIRE 20, la data, il segno di zecca e le firme degli autori) appaiono composte con armonia e discrezione ad esaltare l’armonia del modellato.
Annota Maria Caccamo Caltabiano in “la tradizione iconica e culturale classica nella monetazione di Vittorio Emanuele III (“Bollettino di Numismatica. Studi e ricerche”, n. 1 2012, in www.numismaticadellostato.it): “La donna dal profilo delicato, con i capelli acconciati sulla nuca, il corpo dal busto pieno sontuosamente panneggiato ed esaltato dall’ampio mantello che si allargava dietro le spalle, traeva certo ispirazione dalla figura della regina Elena, la giovane moglie montenegrina, bella, alta, elegante, teneramente amata dal sovrano cui aveva già donato quattro figli.
Lo stesso fascio di spighe – in linea con la tradizione classica che ne aveva fatto l’attributo principale della dea delle messi, Demetra/Cerere -, con l’esaltare il ruolo fecondo della donna, ne celebrava la funzione materna. Il modello, ideato da Egidio Boninsegna, riproponeva – non sappiamo con quanta consapevolezza – l’antico schema della coppia regale, che aveva costantemente trovato nell’elemento femminile l’incarnazione vivente della collettività dei cittadini che, attraverso un rapporto sponsale, attribuiva il potere politico al governante, e ne sanciva il ruolo di proprio Signore e Difensore. Non a caso il re compariva ora, al diritto della moneta, non più rappresentato con la sola testa ma, anche se sempre a capo nudo, con il busto abbigliato con la divisa militare”.
Sta di fatto che la genesi della nuova serie aurea del Regno fu tutt’altro che semplice, come dimostrano svariati progetti elaborati, sullo stesso soggetto o su impostazioni iconografico-simboliche del tutto diverse, sia dal Boninesgna che da parte di altri artisti.
Alle Aratrici già note e rimaste allo stato di idea o, al massimo, di prova coniata, si aggiunge oggi, individuato in una collezione privata che raccoglie importanti opere di Egidio Boninsegna, un ulteriore inedito modello – in gesso, del diametro di circa 25 centimetri, montato in cornice lignea di protezione – che mostra un’Italia rivolta a sinistra, con acconciatura fluente legata da un nastro, e che impugna con la mano sinistra un aratro. Perfetta nelle geometrie della composizione – con la figura in posizione centrale – la modellazione si impone per le linee portanti dell’aratro, curve e raccordate in basso – che riescono ad imprimere al soggetto complessivo un forte senso di dinamismo e di eleganza.
Il fatto che l’autore abbia tratteggiato sul gesso fresco l’iscrizione REGNO D’ITALIA, il valore LIRE 100 e la data 1906 non lascia dubbi sulla destinazione del progetto. Nessun dubbio neppure sulla paternità del modellato: in esergo, la firma E. BONINSEGNA in corsivo è perfettamente leggibile. La personificazione femminile è moderna, quasi impressionista nella voluta approssimazione dei dettagli e dei lineamenti, ed al tempo stesso fiera e solenne: un modello plasmato forse “d’impulso” e non rifinito ma che rappresenta, senza dubbio, un passaggio importante – forse il primo? – nella genesi del tipo monetale Aratrice.