Nel 27 a.C. il bacino del Mediterraneo era davvero il mare nostrum dei Romani. L’Egitto, annesso nel 30 a.C. dopo la sconfitta della flotta di Antonio e Cleopatra ad Azio, aveva portato in dote a Roma i suoi ricchissimi granai e i tesori dei Tolomei. La sua conquista aveva rappresentato per Ottaviano una svolta nella carriera tanto che – racconta Svetonio – mentre si trovava ancora ad Alessandria «si fece mostrare il sarcofago e il corpo di Alessandro Magno rendendogli omaggio» e suggerendo l’identificazione di se stesso come erede del suo impero.
L’aureo coniato nel 27 a.C. da una zecca orientale per commemorare la vittoria di Azio rivela questo sentimento: rappresenta al diritto un giovane Ottaviano, ancora ufficialmente solo console (cons VI) ma già princeps in pectore; al rovescio un coccodrillo del Nilo, animale esotico, terribile e affascinante insieme, riconosciuto come simbolo del paese. Attorno, la legenda Aegypto capta dichiarava che l’Egitto era davvero vinto e suggeriva nuovi scenari di gloria per il suo conquistatore.