(di Roberto Salati e Lorenzo Bassi | dal “GdN” n. 1 di gennaio 2012, pp. 20-26) | Nonostante l’evoluzione delle conoscenze storico-archeologiche sulla Roma antica e il gran numero di studi a riguardo, la datazione delle prime emissioni di moneta da parte dell’Urbe, al momento attuale, è tutt’altro che certa. Una cronologia convincente venne dapprima proposta da Theodor Mommsen a fine ‘800, poi perfezionata da Haberlein e da Grueber ai primi del ‘900. Le loro teorie, bastate principalmente su considerazioni storico-letterarie, furono però sottoposte ad una dura revisione da parte di Mattingly e dalla scuola inglese negli anni ‘30. La cronologia “tradizionale” venne sovvertita e furono proposte delle date molto basse per le emissioni del denario e dell’”aes grave” (c.d. “teoria ribassista”). La nuova teoria non convinse del tutto, ma, come molte mode, ebbe grande successo. La diatriba proseguì con alterne vicende fino alla pubblicazione di un ritrovamento particolarmente importante a Morgantina, che smentiva la tesi ribassista senza confermare quella tradizionale. Questo ritrovamento diede lo spunto a Crawford per scrivere una poderosa sintesi di tutte le emissioni romane (c.d. “teoria media”), che tuttora è considerata il lavoro di riferimento nel campo della monetazione romana repubblicana. L’argomento dunque tiene banco, pur in assenza di recenti progressi e di certezze archeologicamente documentate. Vogliamo quindi ritornare sulla cronologia delle prime emissioni dei Romani, più che altro per il desiderio di tenere aperta la discussione su un argomento da troppo tempo privo di contributi risolutivi.
Storia e numismatica sono discipline indivisibili e il contributo di quest’ultima al progresso storico è stato tutt’altro che marginale. Ma le dispute tra diverse “fazioni” sulla datazione del denario hanno creato uno iato profondo tra gli eventi storici e le teorizzazioni numismatiche che, se sganciate dal contesto storico, hanno poco senso di esistere. Il dato di partenza non può essere che il noto passo di Plinio nel quale lo studioso lariano ripercorre per sommi capi la storia della monetazione romana, all’interno di una discussione moraleggiante sui metalli preziosi, ritenuti responsabili dell’avidità dell’uomo.
Ecco un sunto dei punti più significativi del passo di Plinio: “ Proximum scelus fuit eius, qui primus ex auro denarium signavit, quod et ipsum latet auctore incerto. populus Romanus ne argento quidem signato ante Phyrrhum regem devictum usus est libralis – unde etiam nunc libella dicitur et dupondius – adpendebatur assis. […] Servius rex primus signavit aes. antea rudi usos Romae Timaeus tradit. signatum est nota pecudum, unde et pecunia appellata. […] Argentum signatum anno urbis CCCCLXXXV, Q. Ogulnio C. Fabio cos., quinque annis ante primum Punicum bellum. et placuit denarium pro X libris aeris valere, quinarium pro V, sestertium pro dupondio ac semisse” (“Naturalis Historia”, XXXIII, XIII). Vale a dire: “La scelleratezza successiva fu di colui che per primo coniò moneta d’oro, anche questo crimine è rimasto occulto perché ne è incerto l’autore. Il popolo romano non si servì dell’argento monetato prima della sconfitta del Re Pirro, prima usava l’asse librale. […] Il Re Servio Tullio per primo impresse il rame. Prima, come racconta Timeo, era in uso il rame grezzo. Il sigillo impresso rappresentava una pecora, ecco perché la moneta venne chiamata pecunia. […] L’argento fu coniato come moneta nell’anno 485 (cioè il 286 a.C., NdA) sotto il consolato di Q Ogulnio e C Fabio, cinque anni prima della I Guerra punica. E si stabilì che un denario valesse dieci libbre di bronzo, il quinario cinque, il sesterzio un dupondio e un semisse (1 libbra = 1 asse, NdA)”. Da qui l’idea di proporre al lettore alcune riflessioni su come i dati storici si possano affiancare senza distorsioni ai materiali monetali pervenuti fino a noi.
In alto a sinistra, “aes signatum” ramo secco. Ex asta Artemide XXVIII, 1121, g 1865 (mm 148 x 74 ca.). La produzione di questo tipo risale ad un periodo prima del IV secolo a.C.; non è possibile stabilire una datazione più precisa poiché l’uso di questi lingotti ha accompagnato tutta l’evoluzione della fusione del bronzo, dagli inizi alla produzione della moneta. A destra, “aes signatum” ancora/tripode, g ? (mm 192 x 92 ca.), (Crawford 10/1). Ex asta Nac 10, 308. In basso “aes signatum” galletti/tridenti, g ? (mm 171 x 96 ca.), (Crawford 12/1). Ex asta Stermberg XVIII, 275. Secondo alcuni studiosi i polli indicano il “pullarium augurium” (un rito teso a prevedere l’esito di una battaglia) e in questa interpretazione i due astri raffigurati sugli animali rappresenterebbero la sfera divina
Cronologia delle principali emissioni | Questa analisi teorica delle emissioni repubblicane si basa sulla teoria tradizionale e sulla accettazione del passo di Plinio, con alcune modifiche dettate dall’analisi storica. In breve, ecco la sintesi proposta:
- Adozione della moneta, aes grave di peso librale g 320: prima metà IV secolo (406 a.C.).
- Asse librale da g 268 (prima riduzione dell’asse): fine IV secolo (335 o 311 a.C.).
- Asse semilibrale da g 130 (seconda riduzione dell’asse): III guerra sannitica (298-290 a.C.).
- Introduzione del didramma d’argento (terza riduzione dell’asse): Guerra di Pirro (280-270 a.C.).
- Emissione del denario e riduzione sestantale dell’asse (quarta riduzione dell’asse): 269 a.C., data di Plinio.
- Ritariffazione denario e riduzione unciale dell’asse (quinta riduzione dell’asse): 217 a.C.
Adozione della moneta: l’“aes rude” e l’“aes signatum”, come tramandato dalle fonti e testimoniato dai ritrovamenti, regolavano le transazioni commerciali e i rapporti tra città nel Centro Italia fin dal X secolo a.C. Nonostante la vicinanza delle colonie greche è noto che i Romani rimasero a lungo insensibili all’uso della moneta continuando per lungo tempo ad usare il rame a peso nelle loro transazioni. Ad un certo punto però essi produssero monete vere e proprie con la tecnica della fusione (una pratica di fonderia piuttosto semplice cui erano già avvezzi) entro un sistema articolato in vari nominali ma comunque monometallico basato sul rame. Si tratta della prima emissione di asse librale detto “aes grave”. Cardine del sistema era un asse del peso di una libbra romana (g 327 , pari a 288 scrupoli). Sono note diverse tipologie: le serie Apollo/Apollo, Giano/Mercurio, Dioscuro/Apollo.
La data di questa prima emissione è difficile da collocare, ma le fonti suggeriscono gli inizi del IV secolo, forse fine V. Viene in soccorso a questa datazione la notizia che nel corso della guerra contro Veio (408-396) venne riconosciuto lo “stipendium” ai legionari, probabilmente nel 406 a.C. E’ improbabile che lo Stato pagasse i soldati mediante aes rude o con lingotti, come anche che venisse usata moneta straniera. Pertanto bisogna pensare che un qualche tipo di moneta “ufficiale” con tipi propri, sia stato adottato.
Cicerone, (“De Rep.”, II, 35, 60), riferisce che nel 430 a.C. L Giulio e C Papirio (“Lex Iulia Papiria”) introdussero la “Levis aestimatio”, ossia la possibilità di risarcire le multe in danaro anziché in bestiame. L’equivalenza stabilita dalla legge era di una pecora per dieci assi e un bue per cento assi. Purtroppo Cicerone non precisa se per “assi ” intendeva l’“aes grave” o genericamente una stima ponderale, da assolvere mediante rame a peso.
Il sospetto che moneta vera e propria esistesse anche prima di queste date sussiste. Si ricordino le ripetute affermazioni di Livio sulle multe pagate in assi, l’episodio del funerale di Menenio Agrippa (493 a.C.) cui la plebe volle contribuire versando un quadrante o quello del funerale di P. Valerio Publicola (509 a.C.) cui la plebe provvide con un sestante a testa, a logica, in forma di moneta. Ben prima della metà del IV secolo a.C. sussistevano tutti i presupposti per la produzione statale di moneta in senso stretto, ma nell’interpretazione di questi passi l’ambivalenza della parola “asse” (è unità ponderale o moneta vera e propria?) non è stata risolta.
Prima riduzione dell’asse: l’asse si riduce a g 268 circa, perdendo il 16-18% del suo peso/valore. Le serie interessate da questa svalutazione sono: la serie Roma/Roma; la serie della ruota; la serie della prora; la serie Apollo/Apollo con simbolo ghianda; la serie Giano/Mercurio con simbolo falcetto;. Queste ultime due ricalcano la tipologia di serie precedenti, ma la differenza di peso viene segnalata da un simbolo nei campi.
Sulla base dei tipi adottati, è possibile ipotizzare che queste emissioni siano da mettere in relazione alla vittoria navale di Anzio (per la serie della prora, databile al 338-335 a.C.) o alla costruzione della via appia (per serie della ruota, 312-308 a.C.). Al limite l’emissione della serie della prora può essere posta al 311 a.C., data che corrisponde all’istituzione della magistratura dei “duoviri navales”.
I motivi di una riduzione del peso dell’asse sono tutti nei fatti storici. Verso la fine del IV secolo a.C. Roma affronta gli Etruschi e i popoli centro-italici nel corso di due lunghe guerre (I e II Guerra sannitica). Le necessità belliche giustificano ampiamente una svalutazione della moneta emessa dallo Stato, soprattutto tenuto conto della non facile maneggevolezza della moneta fusa. In concomitanza con la sua svalutazione, la serie librale di peso ridotto vede aumentare decisamente il volume delle emissioni, che cominciano ad essere consistenti, soprattutto per la serie della prora.
In alto a sinistra asse librale (Crawford 18/1), serie Apollo/Apollo, g 325 (mm 64 ca.). Ex asta Cng 85, 735. In basso a sinistra dupondio serie ruota (Crawford 24/2), g 589 (mm 85 ca.). Ex asta Cng 85, 742. In alto a destra asse librale (Crawford 35/1), serie della prora (prora a destra), g 272 (mm 62 ca.). Ex asta Triton XII, 465. In basso a destra asse semilibrale, prora a sinistra (Crawford 36/1), g 146 (mm 51 ca.). Ex asta Nac 40, 389
Seconda riduzione dell’asse: riduzione semilibrale (l’asse pesa come un semis della serie precedente, circa g 130). Le serie riferibili a questa riduzione sono la serie semilibrale propriamente detta (prora a sinistra) e la serie semilibrale anomala. La prima è in parte fusa ed in parte coniata (sestante, oncia, semioncia). Questa riduzione viene da noi collocata al periodo della III guerra sannitica, 298-290 a.C. E’ significativo che in questa fase venga prodotta moneta per i Eomani in altre città alleate. La serie semilibrale anomala infatti venne prodotta probabilmente a Capua, o comunque in area campana. Le necessità belliche giustificano la continua caduta ponderale dell’asse.
Terza riduzione dell’asse e fase del didramma: l’asse si riduce al peso di un triente (riduzione post semilibrale o trientale). Questa riduzione si inquadra nel periodo 290-275 a.C. ed è composta da monete in parte fuse, in parte coniate. Il sistema però risulta insufficiente alle nuove esigenze finanziarie della città laziale, costantemente impegnata in lunghi conflitti, stavolta anche contro regnanti orientali. Roma trovò quindi opportuno delegare alle colonie recentemente assoggettate, Neapolis, Luceria, Metaponto, Crotone, la coniazione di numerario d’argento di tipo greco (didrammi a legenda ROMANO), che venne ad affiancare, e poi a sostituire, le insufficienti emissioni enee. Al periodo finale della guerra contro Pirro (275 a.C.) potrebbero essere ascritte le emissioni più abbondanti (didrammi con legenda ROMA e quadrigato).
Questa collocazione crea qualche contrasto col passo di Plinio quando dice “populus Romanus ne argento quidem signato ante Phyrrhum regem devictum usus est”. Il passo però può essere letto sia come indicazione che il didramma fu introdotto verso la fine della guerra con Pirro oppure che l’argento di tipo greco non veniva considerato moneta romana a tutti gli effetti.
Molti autori ritengono che il passaggio dalla scritta ROMANO alla scritta ROMA sul didramma, corrisponda al passaggio della produzione delle monete nell’Urbe. Nel 289 viene creata la magistratura dei “tresviri monetales”, forse proprio in occasione delle prime emissioni d’argento in città.
Il bronzo in questo periodo subisce il tracollo più consistente e probabilmente fatica a trovare un preciso rapporto con i nuovi nominali d’argento. Diventa imprescindibile una profonda revisione del sistema monetario per renderlo atto a supportare le esigenze di una superpotenza qual era ormai diventata Roma. Nel 270 a.C. l’Italia meridionale è assoggettata e si profila ineluttabile lo scontro con Cartagine.
Quarta riduzione dell’asse ed emissione del denario: emissione del denario e contemporanea riduzione sestantale dell’asse, in accordo con il passo di Plinio (269-268 a.C.). Rammentiamo che lo studioso comasco è confermato da Livio (“Ep.”, XV) che, nel riferire la deduzione delle colonie di Arminium e Beneventum (fatti occorsi nel 268 a.C.) aggiunge: “tunc primum populus romanus argento uti coepit”. La discrepanza di un anno tra la data di Plinio e quella di Livio è irrilevante. Per argento va inteso il denario, Livio ignora il didramma, forse perché coniato nelle città alleate o perché non considerato propriamente moneta romana. La data memorabile è quella dell’introduzione del denario, la moneta rimasta in uso per secoli, non certo il transitorio uso di numerario greco preso a prestito dalle colonie.
La moneta di bronzo, d’ora in avanti solo coniata, diventa numerario spicciolo mentre il cardine della monetazione diventa la nuova moneta d’argento, del valore di una dracma. Gli assi di questo periodo hanno pesi che vanno dai g 45 ai 35-30, rapidamente calanti, evidentemente nel corso del primo conflitto con Cartagine si dovette trovare un equilibrio con il rapporto 10:1 stabilito per legge tra denario ed asse.
Quinta riduzione dell’asse: riduzione onciale. Nel 217 a.C. avviene la ritariffazione del denario a 16 assi e la conseguente riduzione onciale dell’asse, in accordo con quanto asserito da Plinio. La riduzione onciale si giustifica con le pressanti necessità del secondo conflitto con Cartagine, molto critico nel 217 a.C. all’indomani di Canne. La sporadica emissione d’oro repubblicano si potrebbe collocare al termine del conflitto con Annibale, come suggerito a grandi linee da Plinio. La scarsa propensione dei Romani a coniare l’oro in questo caso sarebbe stata superata dall’eccezionalità dell’occasione.
A sinistra, in alto asse di riduzione sestantale (Crawford 56/2), g 41 ca. Ex asta Cng 79, 796. A sinistra, al centro sestante coniato della serie semilibrale anomala (Crawford 93/3), g 25 ca. Ex asta Baldwin 5/1/2011, 140. A sinistra, in basso bronzo ROMAION (Crawford 1/1), g 3,3. Ex asta Artemide XXVII, 59. Secondo Crawford questo enigmatico bronzo da pochi grammi sarebbe la prima emissione di moneta dei Romani. E’ difficile però che possa aver preceduto l’“aes grave”. L’emissione è stata collegata al “foedus aequum” stipulato fra Roma e Neapolis nel 326 a.C. Altri autori hanno la collocano invece al 338 a.C. per l’attribuzione della cittadinanza ai Campani. A destra, in alto didramma argenteo (Crawford 8/1) lupa con gemelli. Ex asta Cng 85, 739. La teoria intermedia pone questo didramma al 269 a.C. seguendo un’interpretazione del passo di Plinio. Egli indica infatti che i consoli di quell’anno furono C. Fabio e Q. Ogulnio. Proprio il console Q. Ogulnio e il fratello Cneo, nell’anno 296 a.C. nella loro qualità di edili curuli, avevano fatto collocare Romolo e Remo sotto la lupa che si trovava presso il fico ruminale. Seguendo questo riferimento la data sarebbe da collegare al 269 a.C. A destra, al centro didramma argenteo, marte/cavallo con simbolo clava (Crawford 18/1). Ex asta Triton XIV, 565. A destra, in basso didramma argenteo detto anche quadrigato (Crawford 29/3). Ex asta Gemini IV, 285
Elementi di discussione | Fase A – “Aes grave”: a Roma lo sviluppo di un’economia monetaria in senso stretto (cioè l’uso di moneta usata per scambi commerciali, non solo per la tesaurizzazione), avvenne tardivamente. L’occasione, come già specificato, potrebbe essere stata il pagamento dello “stipendium” ai legionari (406 a.C.), in occasione del quale Livio ci propone una pagina indimenticabile, descrivendo i senatori che portano gli assi del loro tributo su carri. In favore di una datazione “alta” dell’“aes grave” militano i ritrovamenti di ripostigli, concentrati nel centro Italia, particolarmente nel Lazio, in un territorio corrispondente all’espansione di Roma a cavallo tra il V e IV secolo. Ritrovamenti di “aes grave” sono invece del tutto assenti in Sicilia, in Sardegna e nel Sud Italia occupato dalle colonie greche. E’ possibile che i Eomani avessero conquistato dei territori senza esportarvi le loro monete? Appare forzato. Con le legioni arrivavano nei nuovi territori anche le monete dei nuovi padroni. I ritrovamenti dell’“aes grave” delimitano con una certa precisione il territorio di espansione di Roma fino al IV secolo. L’assenza di ritrovamenti di moneta fusa in Sicilia, conquistata nella I Guerra punica (264-241 a.C.), è un fatto difficile da spiegare per i sostenitori della teoria ribassista, che pone l’asse della serie della prora al 225 a.C. (per un confronto vedi tabella).
Un’altra considerazione merita di essere fatta sulla tipologia dell’“aes grave”. La scelta di tipi zoomorfi è espressione di una religiosità primitiva di tipo naturalistico che avvalora una datazione alta. Il cinghiale il cavallo, il cane, il toro, la tartaruga, il delfino, (come anche la ghianda, l’astragalo) fanno riferimento alla sfera domestica e al quotidiano. Sono simboli più confacenti alla la società romana delle origini che a quella più evoluta del III secolo che già adottava i costumi e le divinità dell’olimpo greco.
Infine, va tenuta presente la tradizione antiquaria, da sempre per l’alta antichità della moneta fusa. All’inizio del IV secolo a.C. esistevano tutti i presupposti per una produzione di moneta ufficiale da parte di Roma ed esiste anche la testimonianza, seppure messa in discussione, delle fonti. E’ tutto da dimostrare, a nostro avviso, che invece le prime emissioni di “aes grave” siano avvenute più di un secolo dopo.
Ponendo una datazione alta per la moneta fusa quest’ultima non si sovrappone con le emissioni di argento, cui l’Urbe dovette infine adattarsi. Si risolve quindi il problema delle presenza contemporanea di monetazioni e sistemi ponderali diversi e apparentemente incongrui. Ad esempio, la stridente coesistenza tra l’enorme aes grave e le minuscole litre bronzee (del tutto incomprensibile per monete emesse nello stesso metallo), l’illogica coesistenza tra aes grave e didracma d’argento, per citare solo le più macroscopiche. Gli assertori delle tesi ribassiste ritengono che i romani producessero monete così diverse (per metallo e sistema ponderale) in quanto avevano rapporti commerciali con genti diverse, quindi si adattavano ai loro costumi. Si stenta a credere a questa spiegazione, i governanti romani erano molto concreti, non avrebbero tanto facilmente speso del denaro per compiacere commercialmente popolazioni che nel frattempo si preparavano ad abbattere con la forza delle legioni.
Infine, le emissioni di “aes grave” secondo questo inquadramento si susseguono secondo riduzioni dettate dalla logica, senza dover postulare l’esistenza di una libbra osco-latina per giustificare assi librali di g 268: semplicemente siamo di fronte alla prima svalutazione dell’asse.
Con l’espansione nel Sud Italia agli inizi del III secolo a.C., la moneta fusa dimostrò tutta la sua inadeguatezza alle nuove necessità e le progressive svalutazioni dell’asse lo testimoniano. Di pari passo ai fallimentari tentativi di tenere in vita un sistema basato sul rame, Roma trovò opportuno delegare inizialmente alle colonie campane la produzione di moneta d’argento a suo nome.
A sinistra, in alto denario anonimo (Crawford 44/5). Ex asta Cng 85, 762. A sinistra, al centro denario anonimo, (Crawford 58/2) con simbolo cornucopia. Ex asta Larry Goldbereg 2010, 59. A sinistra, in basso denario anonimo (Crawford 45/1). Ex asta Nac 33, 203. Legenda ROMA in incuso. Questa emissione parrebbe essere la prima del tipo denario anonimo. Discrepanze di peso e di stile lo differenziano dalle altre. A destra, in alto quinario anonimo del valore di 1/2 denario (5 assi), (Crawford 44/6). Ex asta Nac 46, 334. A destra, in basso sesterzio argenteo del valore di 1/4 di denario (2,5 assi), (Crawford 44/7). Ex asta Cng 157, 128. Denario (valore X), quinario (valore V) e sesterzio (valore IIS) erano i nominali nei quali si articolava il sistema argenteo messo a punto a Roma
Fase B – Didramma: il didramma, il cui volume di emissione è limitato, come risulta evidente dagli scarsi ritrovamenti giunti fino a noi, ha avuto a nostro avviso un ruolo in un periodo di transizione cronologicamente ristretto, all’incirca nel periodo delle guerre di Pirro. Questa emissione, sperimentale, venne in gran parte delegata alle colonie, in parte prodotta a Roma, ma risultò insoddisfacente rispetto alle crescenti necessità monetario-finanziarie dell’Urbe, in fase di rapida ascesa. Il didramma perciò non andrebbe a sovrapporsi alle emissioni di aes grave ma semmai con le sue riduzioni postsemilibrali. La produzione di didrammi pensata entro limiti temporali abbastanza ristretti (uno, al massimo due decenni) mentre nelle teorie ribassiste i vari didrammi sono previsti entro un arco temporale lunghissimo (dal 312 a.C. del didramma testa di Marte/protrome equina al 225 a.C. del quadrigato), poco comprensibile alla luce dei profondi cambiamenti storico economici di quell’epoca.
Fase C – Denario: il denario entra in scena in preparazione del primo conflitto con Cartagine e lo sostiene con l’impressionante volume di emissioni che la caratterizzano, dai denari anonimi a quelli anonimi con simboli, lettere e monogrammi, ai denari con luna in biga, con lettere e simboli (complessivamente tra denari, quinari, vittoriati ed emissioni in bronzo si parla di più di 400 varianti e tipologie differenti). Queste poderose emissioni si confanno ad un periodo di emissione protratto come la I Guerra punica (264-241 a.C., la più lunga guerra dell’antichità) che coinvolse 100.000 tra marinai e soldati avvicendatisi nel corso delle diverse fasi del conflitto. Collocare l’’emissione del denario nel 211 a.C., all’indomani della disfatta di Canne, invece risulta forzato: è il periodo di massima crisi, con l’Italia in mano al nemico e difficoltà di comunicazioni e di trasporti. Non sembra proprio il momento adatto per “provare” un nuovo sistema monetario in tutte queste varianti. La teoria ribassista, abbassando la data del denario, lascia scoperto tutto il periodo della I Guerra punica che non è stata certo condotta solo con i didrammi, prodotti in quantità notoriamente limitata (né tantomeno con l’“aes grave”). Tutte le svalutazioni dell’asse poi, secondo questa teoria, si concentrerebbero in soli 4-5 anni, cosa poco credibile data la lentezza dei fenomeni finanziari nell’antichità. Le numerose tipologie con cui le prime emissioni anonime furono coniate (ben 73 tipi diversi solo per il denario), compresse in un arco di tempo di pochissimi anni, risultano in un affollamento di emissioni molto dubbio e poco comprensibile. Tantopiù che da quando compaiono i nomi dei magistrati, tutte le cronologie finiscono per concordare. A favore della teoria anglosassone rimangono però alcuni elementi: il reperimento di monete annibaliche frammiste a bronzi di riduzione semilibrale e la constatazione che i ribelli campani adoperarono una metrologia quadrientale.
A sinistra, in alto moneta d’oro da 60 assi (Crawford 44/2) peso g 3. Ex asta Triton XIV, 570. A destra, in basso il cosiddetto oro del giuramento, mezzo statere, g 3,81 (Crawford 28/2). Ex asta Nac 31, 1. Queste due emissioni auree hanno una cronologia molto incerta. Secondo Plinio non fu coniato oro che mezzo secolo dopo l’emissione del 269, a.C., quindi nel corso della II Guerra punica
La riduzione unciale dell’asse con la ritariffazione a XVI assi del denario trovano posto nella data proposta da Plinio, senza particolari difficoltà ad accettarlo dato lo svolgimento della II Guerra punica. Tornando al passo di Plinio, qui molto chiaro (“Argentum signatum anno urbis CCCCLXXXV”), non sussistono al momento dati archeologici in grado di confutarlo. Il ritrovamento di Morgantina, su cui si basa la ricostruzione di Crawford, non smentisce affatto l’ipotesi tradizionale del denario al 269 a.C.. Il fatto che i denari di questo ritrovamento fossero in buono stato di conservazione significa poco, dato che queste monete, stante l’elevato valore intrinseco, venivano tesaurizzate “congelandone” subito l’usura da circolazione. Pertanto attribuire l’emissione del denario proprio all’anno del ritrovamento appare ancora una volta un po’ forzato. Il ritrovamento di Morgantina è quindi più una conferma della cronologia “alta” del denario secondo il passo di Plinio che non di quella mediana, anche in considerazione dei tempi di circolazione delle monete nell’antichità che rendono improbabile una così rapida diffusione di monete straniere in territori così lontani.
Conclusioni | La testimonianza degli storici dell’epoca trascura la moneta e solo uno studioso minuzioso come Plinio si attardò a stendere un breve sunto della storia della moneta romana, riassumendo ciò che riuscì a sapere dal Timeo e da Varrone. Non sappiamo quanto queste fonti fossero documentate, però sono le uniche che abbiamo ed è sciocco ignorarle o considerarle inattendibili. E’ molto difficile che Plinio e Livio si siano sbagliati entrambi su una data che loro stessi consideravano importante ovvero l’emissione della moneta ancora in vigore al loro tempo. D’altro canto, anche l’accanimento con cui la teoria tradizionale è stata smontata è curioso. Pare si sia sentito il bisogno di scatenare una “guerra santa” contro le teorie dei vecchi numismatici, in vista di chissà quali novità accademiche che non hanno mai visto la luce. In breve, la situazione attuale è più confusa di quella ante 1924, almeno allora si davano per assodate le teorie messe a punto nell’800. In attesa che un ritrovamento archeologicamente certo metta fine alla polemica avviata dai primi articoli di Mattingly negli anni ‘30, la cronologia delle prime emissioni dei Romani appare credibile solo se si prendono in considerazione i fatti storici.
Le diverse teorie a confronto (tutte le date si intendono a.C.)
Tradizionale Mattingly Crawford Tradizionale rivista
“Aes grave” a peso librale 335 269 312 406
Prima riduzione (asse g 268) – – – 335-312
Riduzione semilibrale 286 217 217 298-290
Introduzione del didramma 338-280 269 312-225 290-275
Rid. trientale – – 217-211 290-275
Rid. sestantale + den. anonimo 269 187 211 269
Rid. unciale 217 130-120 136 217
Oro del giuramento 290-240 170 225-211 217-200
Bibliografia essenziale
AA.VV., “La moneta fusa nel mondo antico. Convegno internazionale di studio”, Milano 2004.
AA.VV., “La monetazione romano campana. Atti del x convegno del Centro internazionale di studi numismatici. Istituto Italiano di Numismatica”, Roma 1998.
Alteri G., “Rei publicae romanae moneta. Monete provenienti dal Medagliere della Biblioteca apostolica vaticana”, Città del Vaticano 1998.
Bahrfeldt M., “Le monete romano-campane” in “RIN”, pp. 432-436, Milano 1899.
Babelon E., “Description historique et chronologique des monnaies de la République romaine vulgairement appelées monnaies consulaires”, Paris 1885-1886.
Belloni G.G., “La data di introduzione del denario: ma proprio poco prima del 211 a.C.?” in “RIN”, pp. 35-54, Milano 1976.
Breglia L., “La monetazione di Capua e il problema del denario” in “Numismatica”, pp. 11-13, Roma 1948.
Breglia L., “La prima fase della coniazione romana dell’argento”, Roma 1952.
Catalli F., “Monete dell’Italia antica”, Roma 1995.
Catalli F., “La monetazione romana repubblicana”, Roma 2002.
Cesano S. L., “La data dell’istituzione del denarius di Roma” in “Bollettino del Museo dell’Impero Romano”, pp. 3-26, Roma 1938.
Corradi L., “Dissertazione sull’aes grave e sue riduzioni”, Formia 2003.
Crawford M. H., “Roman Republican Coinage”, Cambridge 1974.
Fusi Rossetti A., “Osservazioni sulle ricerche della prima monetazione” in “RIN”, Milano 1998.
Grueber H. A., Coins of the Roman Republic in the British Museum, London 1910.
Haeberlin E. J., “Aes grave das schwergeld roms und mittleitaliens”, Frankfurt 1910.
Mattingly H. e Robinson E. S. G., “The date of the roman denarius and other landmarks in early roman coinage”, pp. 211-266, London 1932.
Pedroni L., “Nuovi contributi allo studio della cronologia dei primi didrammi di Roma” in “Bollettino di Numismatica”, pp. 243-259, Roma 1991.
Ronchi F., “Dibattito sulla data d’introduzione del denario nella moderna letteratura numismatica” in “RIN”, Milano 1998.
Sydenham E. A., “The coinage of the Roman Republic”, London 1952.
Thomsen R., “Early roman coinage: a study of the chronology”, Copenhagen 1957-1961.