Certo tra le più famose (se non altro per i “rischi politici” che l’autore si assunse) sono le due medaglie che Fabris realizzò nel 1849, nella risorta Repubblica Veneta, in onore di Daniele Manin e per la coraggiosa deliberazione del 2 aprile di resistere “all’Austriaco ad ogni costo”. Ancora nel 1865 Fabris era in piena attività quando morì a Venezia, dopo una breve malattia, nel 1865. La sua ultima medaglia, dedicata allo scultore Antonio Marsure, rimase interrotta quando il Fabris stava per affrontarne il rovescio; esso venne completata da Francesco Stiore che incise una scritta ideata da Carlo Leoni nella quale si dava conto anche della morte del “celeberrimo” Fabris.
La vita e l’attività di Antonio Fabris si svolsero di pari passo in tre città: la nativa Udine, dove Antonio si sposò ed ebbe un figlio (Domenico, nel 1812) e dove mosse i primi passi nell’arte dell’incisione e si fece conoscere come medaglista; a Firenze (dove giunse intorno al 1829) e infine, dal 1847, a Venezia.
A Firenze affiancò all’attività di medaglista e incisore di metalli preziosi, anche quella di xilografo ed editore (con esperienze precocissime di cromolitografia). Nella città toscana venne infine assunto presso la locale zecca, dove realizzò anche la moneta d’argento da 10 paoli (il francescone). Nel 1846 venne chiamato presso la zecca di Venezia. Nella città lagunare arrivò l’anno seguente, in tempo per realizzare, su disposizione imperiale, la medaglia per il IX Congresso degli scienziati svoltosi a Venezia. Le sue opere furono sempre molto apprezzate e si può dire che, per certi versi, Fabris fu vittima della sua stessa fama, tanto che, dopo la sua morte, gli vennero spesso attribuite varie medaglie anonime realizzate tra il 1840 e il 1860, talvolta senza alcun fondamento, in altri casi in aperta contraddizione con la realtà.