(a cura della redazione) | Una vera e propria rete dedita al traffico illegale di reperti archeologici, che partiva da Gela per arrivare nel Casertano e nel Foggiano. Le indagini, iniziate nel 2014 e condotte dalla Guardia di Finanza, hanno portato all’operazione denominata Agorà compiuta il 15 febbraio di quest’anno dalla Guardia di Finanza. Sono dodici, in totale, le misure di custodia cautelare emesse dal GIP del Tribunale di Gela Veronica Vaccaro, su richiesta della Procura della Repubblica. In carcere sono finite sei persone, mentre per altre sei sono scattati i domiciliari.
Un metodo ormai rodato, quello individuato dalle Fiamme Gialle. Prima la banda individuava il sito archeologico da depredare, poi procedeva agli scavi attraverso l’utilizzo di apparecchiature come i metal detector e, una volta recuperati i reperti, questi venivano commercializzati con l’aiuto di trafficanti già noti alle forze dell’ordine per finire, poi, nelle collezioni di facoltosi appassionati spagnoli e tedeschi. Maggiormente colpita è stata l’area archeologica di Kamarina, nel ragusano, soprattutto di notte e in assenza di controlli.
La base operativa della presunta organizzazione era a Gela, ma i trafficanti operavano anche a Vittoria, a Paternò e nel Casertano. Tra di loro le comunicazioni avvenivano tramite Internet, dove avveniva anche lo scambio delle foto dei ritrovamenti. Nel linguaggio in codice della banda monete e statuette diventavano “automobili”. Nell’ambito dell’operazione sono state sequestrate oltre 400 monete pertinenti all’antica Gela, in oro e argento e bronzo, risalenti quindi ad un periodo storico che va tra il V e il II secolo avanti Cristo.
Le accuse vanno dalla ricettazione all’associazione per delinquere, insieme alla violazione del Codice dei beni culturali. Il sindaco di Gela, Domenico Messinese, ha subito espresso soddisfazione per l’operazione che ha consentito di sgominare la banda di tombaroli. “Oltre al grande valore dei reperti che sono stati recuperati – ha commentato il primo cittadino – va sottolineata l’importanza di un’inchiesta che mira a tutelare l’immenso patrimonio archeologico di cui è ricco il nostro territorio”.