In questo scenario si inquadra un settore del tutto speciale nella storia recente della cartamoneta italiana: quello dei buoni della Resistenza, biglietti spesso molto rari se non rarissimi, specchio di un’attività di finanziamento che, se da parte delle formazioni e delle brigate partigiane cercò di essere quanto più possibile regolarizzata (il Comitato di Liberazione Nazionale, a fine guerra, tentò di rimborsare tutti i sottoscrittori), d’altro canto testimonia, come scrive Guido Crapanzano in “Soldi d’Italia”, anche un “silenzioso coraggio” dato che “la sottoscrizione dei prestiti partigiani e l’accettazione della ricevuta […], se trovata, comportava la fucilazione”. Biglietti, sottolinea Crapanzano, “riconducibili, nelle intenzioni, ai biglietti del Risorgimento” ma ai quali solo pochissimi studiosi hanno dedicato approfondimenti, mentre gli storici della Resistenza li hanno spesso ignorati.
Antesignani dei buoni partigiani in senso stretto possono essere considerati quelli emessi nel 1925 dall’Unione Nazionale, movimento vicino a Giovanni Amendola, mentre la prima, importante emissione organizzata seguita alla caduta di Mussolini è quella del dicembre 1943 organizzata dal Partito Comunista d’Italia che, a partire da matrici simili inchiostrate mediante colori differenti, dotate di perforazioni e talvolta sovrastampate con timbri speciali, emette buoni in valori da 25 a 1000 lire del Prestito per la Lotta di Liberazione.
Un altro soggetto importante, il Partito d’Azione – Giustizia e Libertà, appone invece i propri simboli (una spada fiammeggiante o, più spesso, una mano che sorregge una fiammella accesa) su una nutrita serie di buoni per la liberazione e la ricostruzione nazionali che, dal valore più basso pari a 20 lire, salgono fino a ben 10 mila e vengono convalidati con una numerazione progressiva e i timbri delle formazioni appartenenti al movimento. Oltre a quelli emessi per finanziare in modo generico le attività delle formazioni “azioniste”, si conoscono anche buoni timbrati per raccolte fondi specifiche, come quella per l’assistenza alle famiglie dei fucilati di Roma nel marzo del 1944.