(di Marco Bazzini) | Nella prossima asta Varesi, la n. 68 del 13 maggio, sarà posto in vendita al lotto n. 552 un denaro scodellato, o vittorino, coniato sotto Federico II imperatore dalla zecca di Vittoria, nel 1247-1248. Al D/ la moneta riporta l’iscrizione + FED ROMANORVM su tre righe, al R/ S VICTORIS e, nel campo, le lettere I P R T disposte a croce. La moneta, estremamente rara, è coniata in argento e pesa appena 0,75 grammi per un diametro di circa 20 millimetri; è classificata CNI 1/10, MIR 1362.
Il cosiddetto denaro vittorino scodellato è senz’altro una delle monete più rare e più ricercate dai collezionisti tra quelle emesse nel XIII secolo. Rimasto sconosciuto fino al 1843, quando fu pubblicato da Bernard Koehne per la prima volta, esso fu immediatamente identificato nella moneta citata nella “Cronica” di fra’ Salimbene de Adam, nel passo in cui egli descrive le emissioni monetarie volute da Federico II di Svevia durante l’assedio della città di Parma (fine luglio 1247 – 18 febbraio 1248). Secondo la volontà dell’imperatore, Parma doveva essere presa e rasa al suolo e al suo posto sarebbe dovuta sorgere una nuova città di fondazione imperiale chiamata Vittoria. Federico intendeva non lasciare scampo ai parmigiani: fece circondare la città e distruggere il territorio circostante poi, nell’autunno del 1247, poco distante dalle mura, in una località allora chiamata La Grola, fece erigere un accampamento fortificato dal quale sarebbe nato il nuovo centro.
Ma gli avvenimenti non andarono come previsto dal grande imperatore e il 18 febbraio del 1248 i parmigiani presero il campo imperiale e, dopo averlo devastato, lo bruciarono. Così Salimbene descrive l’arrivo di Federico e la fondazione del campo imperiale nei pressi di Parma: “Intanto l’imperatore infiammato d’ira e fuor di sé per quanto gli era capitato venne a Parma e nel paese di Grola – nel quale ci sono moltissime vigne, e il vino ci viene buono; e sì, il vino di quella zona è ottimo – fece sorgere una città con vasti fossati attorno, che per di più – a presagio dei futuri eventi – chiamò Vittoria, e le monete coniatevi si chiamarono vittorini e la chiesa maggiore [egli la dedicò a] san Vittorio (sanctus Victor). E in quel luogo si accampò Federico col suo esercito e re Enzo con l’esercito dei Cremonesi”.
In realtà, Vittoria non fu mai un vero centro urbano ma più semplicemente un “castrum” costituito da edifici in legno e tende da accampamento. Quale città di fondazione e residenza imperiale essa ebbe però anche la zecca. Fino a pochi anni fa si era certi che le monete di cui parla Salimbene fossero proprio questi denari imperiali scodellati, analoghi alle coeve monete milanesi e recanti inciso su di un lato il nome di san Vittorio (o Vittore), santo a cui era stata dedicata la chiesa presente all’interno del campo imperiale. Tuttavia, di recente questa attribuzione è stata messa in dubbio da Lucia Travaini (L. TRAVAINI, “Un grosso federiciano di zecca incerta: Vittoria 1247?”, in “RASSMI” 43-44 (1989), pp. 137-142) e successivamente anche da Marco Bazzini (M. BAZZINI, L. OTTENIO L. 2002, “Il vittorino ‘di Parma’: quale moneta?”, in “RIN” 103 (2002), pp. 129-180, con bibliografia precedente; M. BAZZINI, voce “Vittoria”, in L. TRAVAINI (a cura di), “Le zecche italiane fino all’Unità”, Roma 2011, pp. 1243-1244, con indicazioni di alcune collezioni in cui sono presenti queste monete).
Secondo questi studiosi i vittorini, citati oltre che da fra’ Salimbene (“denarii vero monete victorini dicebantur”) anche da alcune altre fonti medievali (tutte riportate in BAZZINI, OTTENIO 2002), non sarebbero da identificare nei denari scodellati, ma in alcuni denari grossi piani, presumibilmente dal valore di quattro denari imperiali, con il ritratto di profilo ed il nome di Federico II. Che si tratti dell’una o dell’altra moneta, nulla toglie all’alone di mistero e di fascino che circonda questo denaro scodellato.
Se esso fosse realmente la moneta dell’assedio di Parma, in tal caso rimarrebbe l’unica traccia materiale giunta fino a noi di questo eccezionale avvenimento, che ebbe larga eco quando accadde e suscitò grande stupore tra i contemporanei. Mentre la messa in discussione della sua attribuzione alla zecca di Vittoria paradossalmente ne aumenta ulteriormente l’attrattiva: in tal caso, sarebbe infatti una delle pochissime monete italiane la cui zecca di produzione, sicuramente da ricercare in area settentrionale, verosimilmente lombarda, per il momento resterebbe ancora da scoprire.
All’estrema rarità, l’esemplare qui presentato aggiunge un pedigree eccezionale. Si tratta, inoltre, di uno dei pochissimi esemplari sicuramente autentici apparsi sul mercato negli ultimi cento anni.