I segreti della lingua ebraica sono numerosi e profondi, e di loro si occupa la cabala (letteralmente, “ciò che proviene da un altro luogo” quindi anche il sapere nascosto, non evidente) l’ermeneutica mistica ed esoterica della “Torah”, l’insegnamento divino. La cabala parte dal presupposto che la scrittura ebraica contenga, più di altre, diversi livelli di significato oltre a quello letterale, per decifrare i quali c’è bisogno di specifiche chiavi e tecniche da iniziati. L’ebraico sarebbe inoltre una lingua dotata di una forza spirituale assai elevata, capace di operare un processo di raffinamento e di sviluppo della consapevolezza in coloro che la studiano, sia ebrei che “gentili”.
In maniera simile, ad ogni numero è associato, mediante la “ghematria” (parola che deriva dal termine greco “calcolo”).Il numero tredici, ad esempio, scaturisce, nel calcolo della “ghematria”, dalla parola ebraica “echad” (uno). Secondo la maggioranza dei maestri di questa discipina, il numero “13” viene così a possedere una qualità che rispecchia, in una certa misura, i concetti contenuti anche nella parola “uno”. Non a caso, il numero delle tribù d’Israele, che di solito è ritenuto essere di dodici, è in realtà è di tredici e tale numero rappresenta anche il simbolo dell’unità fondamentale (l’uno) che accomuna le tribù. Infatti, pur essendo i figli di Giacobbe dodici, Giuseppe, divenuto il primogenito spirituale, meritò una parte doppia di eredità rispetto ai fratelli, che divise poi tra i suoi due figli, Efraim e Menasse, ognuno dei quali divenne capostipite da una tribù separata.
La tribù di Levi non è di solito inclusa nel computo delle tribù in quanto considerata “santa”, che in ebraico significa “separata, messa a parte”. Infatti, l’ordine con cui le tribù si accampavano durante i quarant’anni nel deserto era il seguente: le dodici tribù si disponevano sui quattro lati dell’accampamento, tre per ogni lato. Al centro, invece, si disponeva quella di Levi, intorno al tabernacolo, il luogo ove veniva conservata la “Torah” che Mosè aveva portato dal Sinai. La tredicesima tribù, quella di Levi, divenne così il simbolo del centro che unifica il perimetro, il luogo dove si origina la forza centripeta che tiene assieme tutti gli elementi del perimetro. Ecco come il numero tredici è divenuto simbolo dell’unità del popolo ebraico e, nelle intenzioni degli esperti nazisti di propaganda, un simbolo da sfruttare per mettere in luce il legame tra due pericolosi nemici del Reich millenario: gli Stati Uniti e gli ebrei.
Nulla di ciò, in realtà, è stato mai intenzionalmente rappresentato sulla banconota da un dollaro che circola in tutto il mondo: le tredici stelle sopra l’aquila (americana) rappresentano infatti (anche se composte a forma di stella di Davide) i tredici Stati fondatori dell’Unione i quali, assieme, hanno dato vita ad una nuova entità, ad una nuova “costellazione”. Significato analogo hanno le tredici bande verticali sullo scudo in petto all’aquila mentre le frecce e le foglie d’ulivo simboleggiano il potere, appartenente al Congresso, di dichiarare la guerra e di raggiungere accordi di pace.
La piramide, invece, simboleggia la forza e la capacità dell’Unione di attraversare i secoli mentre l’occhio divino, affiancato dal motto latino “Annuit copti” (“Egli ha favorito la nostra impresa”) allude agli interventi della Provvidenza nel corso della storia americana. L’altro motto, “Novus ordo seclorum”, allude infine alla nuova era apertasi con la dichiarazione d’indipendenza americana del 1776 (il MDCCLXXVI stampigliato alla base della piramide).