PICCOLA STORIA DI UNA GRANDE MONETA PAPALE: LA PIASTRA | 2

Era questi la terza generazione di una famiglia d’incisori il cui capostipite era stato il bavarese Johann Hermanskircher (che aveva italianizzato il proprio cognome in Hamerani), trasferitosi a Roma ai tempi di Paolo V; suo figlio Alberto, “bavaro” come ebbe a specificare il padre battezzandolo nel 1620, aveva già lavorato alla zecca di Massa e poi era stato impiegato a quella di Roma, dal 1666; anzi si deve al bulino dello stesso Alberto una magnifica piastra di Clemente X del 1672 con la rappresentazione del porto di Civitavecchia del tutto nuova per prospettiva.

Giovanni Martino Hamerani fu contemporaneamente incisore camerale e “mastro de li ferri” (incarico che lascerà nel 1692 per dissensi sullo stipendio) a soli trent’anni, forte dell’appoggio del suocero, quel Cristoforo Marchionni che, già “medagliaro segreto” di Innocenzo X nel 1655, possedeva la più attrezzata officina monetaria privata di Roma, quella “All’Insegna della Lupa” in via dei Coronari, la quale, dal punto di vista degli strumenti e dei macchinari, nulla aveva da invidiare alla zecca ufficiale di Santa Marta.

9d 9r
Figura 9 (source: Biblioteca Apostolica Vaticana)

Sotto Innocenzo XI, si assistette ad una gran produzione di piastre, produzione dettata dalle necessità contingenti dato che il papa stava raccogliendo denari per la sua crociata contro il Turco, pericolo gravissimo per l’Europa. Fra le tante monete incise dall’Hamerani, si può citare la piastra del 1677-1678, con la facciata della basilica vaticana di san Pietro, raffigurata come si presentava nell’ultimo quarto del XVII secolo: “un’imponente costruzione di 7300 metri quadrati, ma senza più i campanili laterali (costruiti dal Maderno prima del 1620) e demoliti nel 1673 perché rischiavano col loro peso di compromettere seriamente la stabilità di tutto il complesso” (cfr. G Alteri, “Mirabilia in nummis. Vedute di Roma sulle monete papali”. Catalogo della mostra 19-21 ottobre 2001, Vicenza Numismatica, pp. 53-54). Il dritto della piastra reca il volto del pontefice, allora poco più che sessantacinquenne, ed è degno di nota per la fine lavorazione, tipicamente barocca, della stola in cui risalta il leone, uno degli elementi araldici dello stemma Odescalchi. È questa una piastra di vecchio tipo, cioè del peso e della misura stabiliti nel 1643 da Urbano VIII. Tuttavia, a causa di contingenze economiche internazionali e di difficoltà finanziarie interne, il pontefice a modificherà, nel 1683, valore, peso e dimensioni delle monete. A partire da quell’anno i nominali in argento avranno un titolo più basso, mentre per far fronte alla carenza di circolante, sarà riaperta, anche se per breve periodo, sotto la direzione del Lucenti, la vecchia zecca di Castel sant’Angelo (fig. 9).

(leggi qui la prima puntata)
 
(leggi qui la terza puntata)