(di Roberto Ganganelli)| Spigolando, come consuetudine, tra le monete italiane con legende latine – spesso criptiche per la maggior parte dei collezionisti – grazie a “Il linguaggio delle monete” andiamo a riscoprire in queste righe la storia di alcune rare e importanti monete coniate a Napoli a nome di Carlo V d’Asburgo (1500-1558) come imperatore e re di Napoli e della Sicilia. A metà fra tradizione classica e innovazione rinascimentale, infatti, vedono la luce alcune emissioni (quadrupla, doppio scudo d’oro, doppio scudo in argento) che al dritto recano il ritratto del sovrano, paludato e con corona raggiante, circondato dal suo titolo più prestigioso (quello di sacro romano imperatore), e al rovescio la personificazione della Pace con cornucopia e torcia ardente nell’atto di dar fuoco ad un mucchio d’armi e di libri.
Una bellissima doppia napoletana a nome di Carlo V con la Pace (o l’Abbondanza?) che dà fuoco a un mucchio di libri ed armi (source: Inasta)MAGNA OPERA DOMINI è il secondo versetto del Salmo 110 che si legge lungo il giro del rovescio, abbreviato in vari modi e che significa “Grandi [sono] le opere del Signore”. “Pannuti e Riccio – scrive Traina – ignorano il doppio scudo d’argento che il Cni indica conservato al Civico Museo Bottacin di Padova. Da una ricerca effettuata presso questo medagliere si è accertata l’inesistenza della moneta. Secondo Arthur Sambon e Pannuti-Riccio queste monete furono battute in ricordo del perdono accordato a Napoli dopo la rivolta del 1547 contro l’introduzione del Tribunale dell’Inquisizione. Secondo altri si riferirebbero alla presa di Gand che nel 1539 si era ribellata: nella figura che brucia i libri e le armi si vedrebbe infatti l’abolizione dei vecchi privilegi accordati a quella città; la legenda alluderebbe all’esercizio della prerogativa sovrana d’infliggere un’esemplare punizione verso chi si era dimostrato infedele”.