Dal 1836 i suoi interessi si volsero specificamente alle ferrovie. Nel 1837 fu nominato ingegnere capo dalla Società Ferdinandea della Ferrovia del Nord. Tre anni dopo venivano inaugurati, su suo progetto, la via della Valsugana con il tratto Trento-Pergine e il ponte a catene a More nella Val d’Adige. Nel 1842 divenne ispettore per la rete meridionale delle neonate Ferrovie dello Stato che doveva mettere in comunicazione Vienna con Trieste; per questo intraprese, su incarico dell’imperatore Ferdinando I, un viaggio di studio in America. Esaminò 39 ferrovie e in particolare la linea di montagna Baltimore-Ohio; ne restano traccia in due importanti pubblicazioni: “Die Baltimore-Ohio-Eisenbahn über Allenghany Gebirge” (del 1844) e “Über nord amerikanishen Brückenbau und Berechnung” (del 1845).
Probabilmente proprio questi suoi studi vennero molto apprezzati dal granduca di Toscana Leopoldo II che volle conferire al Ghega la medaglia d’oro di benemerenza. Tale medaglia è stata approfonditamente studiata da Arnaldo Turricchia nel suo “Il Granducato di Toscana attraverso le medaglie – Dalla Restaurazione all’Unità d’Italia (1814-1861)”(Roma 2012, vol. II, pp. 14-16). Opera di Giuseppe Niderost, essa fa parte di una serie di 250 medaglie conferite ad altrettanti personaggi benemeriti, tutte caratterizzate, al dritto, dal busto del granduca Leopoldo II e, al rovescio, dal nome del premiato e l’anno, in rilievo, circondati da una corona formata da due rami di quercia. Quella del Ghega (conservata presso il Museo Correr di Venezia, mm 41,5 per g 97,45) ha una caratteristica davvero eccezionale: è l’unica medaglia d’oro della serie salvatasi dal crogiuolo.
Nel 1844 veniva inaugurata la linea Mürzzuschlag-Graz, che meritò a Ghega la nomina a Consigliere Imperiale. Nel luglio del 1846 fu la volta della linea Graz-Celje, e, rispettivamente nel 1849 e nel 1851, la linea Celje-Lubiana e la Praga-Dresda.
Nel frattempo Ghega affrontava la sfida che gli sarebbe valsa la massima gloria: la Ferrovia del Semmering; opera ambiziosa e da molti ritenuta irrealizzabile a causa delle pendenze ritenute impossibili da affrontare senza il ricorso a cremagliere. Per superare tali difficoltà Ghega predispose sedici viadotti (alcuni a doppia campata), quindici gallerie e, soprattutto, delle specifiche, potenti locomotive sul modello di quelle americane. Per realizzare tale opera faraonica, furono impiegati 20 mila operai, provenienti da varie regioni dell’Impero; circa 1500 di costoro persero la vita in incidenti o epidemie. Iniziata nel 1848, l’opera venne portata a termine nel 1854.