Massimiano era davvero Ercole

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Massimiano, il “vice” di Diocleziano, scelse di personificare l’eroe Ercole, in politica e sulle monete.

 

Di Carlo Barzan. Massimiano era nato a Sirmio, in Serbia, intorno al 250 d.C. Si chiamava Marco Aurelio Valerio Massimiano Ercole, ma era noto semplicemente come Massimiano o Massimiano Ercole per distinguerlo da Galerio Massimiano. Diocleziano lo apprezzò molto come comandante militare tanto da farne il suo primo collaboratore, nominandolo cesare nel 285 d.C., e associandolo all’impero come coreggente l’anno successivo. Massimiano stabilì la sua sede a Milano, ma di fatto fu impegnato in continue campagne militari contro le tribù galliche e germaniche, oltre che contro altri comandanti che si ribellavano al potere centrale e si facevano proclamare imperatori dalle loro truppe, con atti di vera e propria secessione. Terminate con successo anche le campagne militari in Spagna e Mauritania nel 298 d.C., Massimiano rientrò in Italia dove esercitò il potere come augusto, nell’ambito della riforma tetrarchica voluta da Diocleziano. Nel 305 d.C., quando Diocleziano si dimise dalla carica e si ritirò a vita privata, Massimiano fu costretto a un passo analogo, ma verso la fine del 306 d.C. tentò di rientrare in gioco appoggiando la ribellione del figlio Massenzio. Tuttavia, resosi conto del fatto che la ribellione di Massenzio metteva in discussione le basi dell’impianto tetrarchico voluto da Diocleziano e da lui stesso approvato, abbandonò il figlio e si mise sotto la protezione di Costantino, il futuro imperatore, che era divenuto cesare. Costantino a sua volta chiamò in causa Galerio – l’augusto che aveva competenza sul suo territorio di riferimento – che chiese all’anziano Diocleziano di intervenire per convincere Massimiano a rinunciare a ogni pretesa di potere. Di fronte a quell’intervento Massimiano fu costretto a piegarsi, ma nel 310 d.C., approfittando del fatto che Costantino era impegnato in operazioni militari sul Reno, mise in atto un ultimo tentativo di riprendersi un ruolo da protagonista. Ormai abbandonato anche dalle legioni che gli erano sempre state fedeli, Massimiano fu costretto alla fuga e fermato a Marsiglia dove fu raggiunto dagli emissari di Costantino che lo costrinsero al suicidio.
Le emissioni monetarie di Massimiano, in tutto e per tutto simili a quelle di Diocleziano, sono in netta prevalenza successive alla riforma monetaria introdotta da Diocleziano stesso e sono anche di uguale rarità, cosa che non deve stupire dal momento che la suddivisione dell’impero in due parti di dimensione simile doveva comportare una analoga divisione anche delle emissioni monetarie.
Nell’equilibrio dell’alleanza con Diocleziano, Massimiano rappresentava il braccio armato, Diocleziano la mente politica. La suddivisione dei ruoli era resa esplicita pubblicamente anche attraverso le divinità sotto la cui protezione ciascuno dei due aveva stabilito di mettersi. Diocleziano scelse Giove, il saggio re degli dei; Massimiano volle Ercole, simbolo di forza fisica e di eroismo guerriero, ma figlio di Giove, quindi in qualche modo a lui subalterno. Una relazione simile a quella che i due augusti avevano fra loro, poiché Massimiano era stato scelto da Diocleziano come coreggente e quindi gli riconosceva una posizione di preminenza. Come conseguenza di questa scelta entrambi aggiunsero un ulteriore nome a quelli che già avevano, e in particolare Diocleziano si definì iovio e Massimiano erculio. Per questo motivo Ercole è una presenza abbastanza frequente sui rovesci delle monete di Massimiano, ma in vari diversi atteggiamenti, uno dei quali è quello di questo spettacolare aureo.

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Sul rovescio di questo aureo del 293-294 Ercole è colto nell’atto di compiere la seconda delle sue dodici fatiche, l’eliminazione dell’Idra, un mostro serpentiforme con nove teste delle quali quella centrale era immortale. Secondo il mito, Ercole stanò il mostro con frecce infuocate e lo affrontò con la clava, staccando una a una le otto teste mortali e schiacciando la testa immortale con un masso enorme. La parte principale della legenda Herculi debellat(ori), ‘Ercole vincitore’, ha un significato didascalico: precisa che Ercole è vincitore, cioè che l’Idra, mostrata ancora in combattimento, sarà alla fine completamente debellata. L’altra parte della legenda, in esergo, p(ercussa) Rom(ae) ‘coniata a Roma’, indica semplicemente la città sede di zecca dove la moneta fu coniata.

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Sul diritto, invece, l’elemento di gran lunga predominante è l’effigie dell’augusto rivolta a destra, che emerge dal campo in grande rilievo, mentre la legenda – Maximianus p(ius) f(elix) aug(ustus) ‘Massimiano pio felice augusto’ – corta e divisa in due parti, occupa uno spazio residuale. L’effigie consiste nella sola testa, ornata dalla corona di alloro, con capigliatura e barba molto corte a sottolineare l’aspetto marziale di Massimiano, che era noto per le sue qualità di comandante militare sul campo. La legenda è solo onomastica, ma riporta anche gli appellativi pius e felix, che hanno un significato più ampio rispetto alle corrispondenti parole italiane. Pius indica infatti una persona religiosa e devota alla divinità, ma anche onesta, virtuosa e coscienziosa e, per quanto riguarda chi si trova in posizione di comando, buona, benigna e clemente. Tale appellativo, attribuito per primo ad Antonino Pio e divenuto parte integrante del suo nome, era molto ambito dagli imperatori successivi perché richiamava il suo modello di comportamento, molto apprezzato dalla popolazione, anche se coloro che se ne fregiavano non sempre si comportavano in modo coerente. Il secondo appellativo, felix, indica una persona che è felice, ma anche fortunata perché gode del favore divino, come peraltro è normale che sia per un imperatore, che senza il favore divino – e del suo protettore Diocleziano – non avrebbe potuto arrivare a quella posizione.