(di Antonio Castellani) | Francesco Castelli, meglio conosciuto come il Borromini (Bissone, Lugano 1599 – Roma 1667), è con Bernini uno dei due grandi protagonisti del Barocco romano. Dal 1621 fu a Roma, dove cominciò a svolgere la sua attività alle dipendenze del Maderno, lavorando come scalpellino al cupolino di Sant’Andrea della Valle (1621-1623) e alla fabbrica di San Pietro (1624-1630). Collaborò poi con lo stesso Maderno e Bernini a Palazzo Barberini, dove realizzò la celebre scala elicoidale e parte della facciata posteriore. Fu aiuto del Bernini nella realizzazione del Baldacchino di San Pietro e in per tutta la vita, con lo stesso Bernini, visse un rapporto di costante sfida sotto il segno dell’eccellenza artistica e architettonica che segnò per sempre l’immagine di Roma.
Dopo la rottura con Bernini (1633), alla prima prova autonoma, il Convento e la Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane (1634), l’arte del Borromini già si presenta compiuta nei suoi caratteri fantasiosi e innovatori. Nel piccolo chiostro e negli edifici del convento e soprattutto nella chiesa (1638-1641), il Borromini definì una nuova concezione dello spazio basando il proprio stile sull’equilibrio di forze opposte tra lo spazio esterno che preme e quello interno che si dilata. Dalle meno grandiose dimensioni del complesso di San Carlino e di Palazzo Spada, Borromini passò allo studio di strutture monumentali: la realizzazione della nuova casa dell’ordine dei Filippini (1637-1649). Nel 1642 iniziarono quindi i lavori di Sant’Ivo alla Sapienza, la sua opera più audace: all’interno la complessa pianta a stella porta alla massima tensione la ricerca su forme geometriche complesse culminando nelle vele della cupola.
I bozzetti di Uliana Pernazza per la 20 euro Borromini: un gioco sapiente di composizione che ben evoca lo stile e il carattere del grande architetto (source: IPZS)
Con Innocenzo X Pamphili, dal 1644 iniziò il periodo più fortunato della carriera del Borromini con il restauro della Basilica Laeranense (1646-1650), del convento e chiesa di Santa Maria dei Sette Dolori (1642) e la profonda ristrutturazione di Palazzo Falconieri. I contrasti che accompagnarono la costruzione di Sant’Agnese in Piazza Navona, (1652) ultimo lavoro per Innocenzo X, dal quale l’architetto fu esonerato nel 1657, segnarono l’inizio di una crisi che si aggravò negli anni successivi. Il mancato compimento di molti progetti fu per lui tragico, nonostante la realizzazione del monumentale Palazzo di Propaganda Fide (1647-1666). Negli ultimi anni Borromini si dedicò al completamento di opere già realizzate e a lavori di restauro prima di affrontare l’ultima prova: la facciata di San Carlino (1664), dove la contrapposizione concavo-convesso raggiunse il suo apice. L’artista, tuttavia, non vide l’opera compiuta: si uccise nel 1667 gettandosi sulla propria spada.
Sul dritto della moneta la famosa scala elicoidale e un ritratto del cavalier Borromini (source: IPZS | web)
A quattro secoli e mezzo da quella tragica morte, l’Italia dedica al genio del grande architetto una 20 euro in oro proof (900 millesimi, mm 21,00 per gr 6,451, 1200 esemplari) che al dritto mostra un busto di Francesco Borromini, ispirato a un autoritratto custodito nella chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane a Roma; in secondo piano, la scala elicoidale all’interno di Palazzo Barberini a Roma; nel giro, REPUBBLICA ITALIANA tra le api, simbolo dei Barberini, e il nome dell’autore U. PERNAZZA.
La pianta stellare e il lanternino di Sant’Ivo alla Sapienza: armonia tra due elementi di un capolavoro del Barocco (source: IPZS | web)
Suggestivo, al pari del dritto, il rovescio della moneta con un particolare del “lanternino” di Sant’Ivo alla Sapienza inserito all’interno della pianta della chiesa; ai lati, il valore 20 EURO; in alto, BORROMINI; a destra la R identificativa della Zecca di Roma; a sinistra, stella a otto punte, particolare dell’interno della cupola della chiesa; in basso, le date 1667 e 2017, rispettivamente anno della scomparsa di Borromini e anno di emissione della moneta. Il bordo è zigrinato fine e la moneta è commercializzata al prezzo di 340,00 euro.
La medaglia di Emilio Greco modellata nel 1967 per Borromini su commissione del Comune di Roma (source: archive)
Già nel 1967, quarto centenario della scomparsa, il Comune di Roma dedicò a Borromini una medaglia d’arte su modelli dello scultore Emilio Greco: si trattò, all’epoca, della tradizionale coniazione per il Natale di Roma che venne realizzata in argento e in bronzo, oltre che in pochissimi esemplari in oro di cui uno conservato, oggi, ai Musei Capitolini a perpetua memoria di uno dei massimi geni dell’architettura barocca.