(di Luca Mezzaroba) | Esattamente milletrecento anni fa, nell’estate del 717, iniziava il grande assedio di Costantinopoli da parte degli Arabi. Il momento, scelto con attenzione dal califfo Sulaymān (715-717), non poteva essere più propizio in quanto l’impero bizantino era dilaniato da una serie di conflitti civili, che avevano portato sul trono ben sette imperatori in 22 anni. Nel 717, dunque, una possente armata araba era stata radunata in Siria con lo scopo di attaccare la stessa Bisanzio: alla guida di questo esercito era stato posto Maslama, fratello del califfo ma soprattutto abilissimo generale. La situazione imperiale, al contrario, era critica in quanto il debole Teodosio III (715-717) non era assolutamente in grado di controllare i suoi comandanti, che presto non esitarono ad accordarsi proprio con gli Arabi per rimuovere il loro stesso sovrano.
Tra questi ufficiali fu infine Leone, uomo brillante e spregiudicato, a guadagnare il trono imperiale marciando sulla capitale e destituendo senza spargimenti di sangue Teodosio III, che terminò la sua vita in un monastero. Gli Arabi erano dunque riusciti ad indebolire ulteriormente le difese imperiali, tuttavia Maslama si accorse ben presto che ora il trono di Costantinopoli era nelle mani di un capace militare, che avrebbe potuto rappresentare un serio problema per i suoi piani di conquista.
A sinistra, gli Arabi assediano Costantinopoli, (XIV secolo), “Cronaca di Costantino Manasse”, miniatura n. 47; a destra, dirham di Sulaymān (argento, g 2,46)
Egli dunque decise di agire in fretta e, attraversato il territorio bizantino senza incontrare resistenza, si accampò davanti alla mura di Costantinopoli (agosto 717) mentre una grande flotta, inviata dal fratello Sulaymān, stava navigando per portare a termine l’accerchiamento completo della città. Aveva così inizio il più duro assedio che Costantinopoli avesse mai subito. Può sembrare strano, a questo punto, apprendere che il lungo blocco di Bisanzio (terminato il 15 agosto 718) non vide alcun combattimento terrestre o assalto alle mura: per un anno i Bizantini seppero infatti tenere testa agli Arabi sul mare, distruggendo le loro navi con il terribile fuoco greco, un’arma segreta la cui composizione è ancora un mistero, e non permettendo agli assedianti di interrompere i rifornimenti. Tutto questo, unito ad un inverno incredibilmente rigido e ad un assalto improvviso dei Bulgari, alleati di Bisanzio, portò al collasso l’armata araba che, nonostante i rinforzi inviati dal nuovo califfo ‘Umar, fu costretta a ritirarsi.
Anche se gli scontri tra Arabi e Bizantini continuarono ad infuriare ancora sul confine anatolico, il trionfo nell’assedio garantì all’impero un lungo periodo di sicurezza; oltre all’imprendibilità delle mura della capitale, il merito della vittoria fu attribuito alle capacità del nuovo sovrano Leone III, incoronato solo pochi mesi prima (25 marzo 717). Sulla figura di questo imperatore esistono poche fonti, spesso più tarde ed estremamente critiche a causa delle sue scelte in materia religiosa; anche in questo caso, dunque, la moneta, pur rifacendosi a scelte propagandistiche del potere stesso, può offrire delle indicazioni in qualche modo più oggettive, almeno dal punto di vista iconografico.
Leone III, spregiativamente detto l’Isaurico, (717-741) era in realtà originario di Germanicea, una città della Siria; la sua carriera all’interno dell’esercito era stata rapida e prestigiosa in quanto, al momento della sua ascesa al trono, egli era generale di uno dei più importanti distretti militari (themi) dell’impero e dunque poteva vantare il decisivo appoggio delle truppe. Alcuni studiosi ritengono che questo forte legame con la componente militare avesse influenzato le prime scelte del sovrano anche in campo monetario, spingendo Leone III a reintrodurre l’antica iconografia del sovrano armato e corazzato anche in ossequio alla vittoriosa difesa di Costantinopoli. In realtà tale progetto fu ben presto abbandonato e l’imperatore si fece sempre rappresentare nei tradizionali abiti civili (al riguardo si veda P. Grierson, ˝Byzantine Coins˝, London 1982, p. 157).
A sinistra, solido di Leone III da solo in abiti civili (oro, g 4,46); a destra, solido di Leone III al dritto e il figlio Costantino al rovescio (oro, g 4,45)
I primi solidi di Leone III, infatti, seguono in modo molto attento la tradizione iconografica del secolo precedente: il sovrano è rappresentato con la consueta clamide trattenuta dalla fibbia, porta la corona sormontata da una croce e regge il globo crucigero; solo nella mano sinistra il sovrano tiene un oggetto inconsueto, l’˝akakia˝, vale a dire un piccolo sacchetto contenente polvere di tombe, per ricordare all’imperatore il suo essere mortale. Anche il rovescio, in ogni caso, si rifà alle monete dei predecessori, presentando la croce posta sui quattro gradini.
Dal 720 tuttavia i solidi di Leone III subiscono un’importante modifica: pur mantenendo il dritto uguale al modello precedente, il rovescio non presenta più la croce ma invece l’immagine di un nuovo personaggio, vale a dire Costantino, il figlio di Leone III che quest’ultimo aveva associato al trono proprio in quell’anno. Pur indossando gli stessi abiti del padre e pur mostrando le stesse insegne imperiali, la raffigurazione di Costantino è comunque influenzata dalla sua età: egli infatti aveva solo due anni al momento della sua nomina a coreggente e questo appare chiaramente nelle monete, in cui i tratti dell’erede al trono sono ancora quelli di un bambino.
Legata alla giovinezza di Costantino sembra anche la legenda del rovescio: abbandonata la consueta formula celebrativa del sovrano regnante (“Victoria Augusti”), i nuovi solidi presentano la scritta identificativa con il nome del coreggente, a cui tuttavia è affiancata una inconsueta “M”, che è stata interpretata come iniziale di “minor” (corrispondente al ˝nèos˝ greco e quindi al concetto di erede), presente anche quando i tratti di Costantino si fanno più adulti.
Semisse di Leone III in abiti civili (oro, g 2,11)
La raffigurazione del sovrano in abiti civili è mantenuta anche nelle frazioni del solido: il tremisse e il semisse, infatti, presentano la stessa iconografia di Leone III con clamide, corona, globo crucigero e ˝akakia˝, mentre il rovescio è caratterizzato rispettivamente da una grande croce e da una croce con globo. Proprio durante il regno di Leone III, tuttavia, questi due tipi di monete d’oro entrarono in crisi, in quanto l’imperatore decise di vietarne la produzione nelle zecche orientali.
La monetazione aurea di Leone III, dunque, segue ancora il modello del secolo precedente; a parte la novità del rovescio del solido, che in ogni caso esprime il noto concetto della continuità dinastica, il regno di questo sovrano non vide ancora quel grande mutamento iconografico che avverrà solo con il suo successore. La situazione è ben diversa, invece, per quanto riguarda gli altri due metalli: Leone III infatti si fece promotore di diverse riforme, la più importante delle quali fu l’introduzione del ˝miliaresion˝ d’argento. Tale moneta, considerata dagli studiosi la prima con caratteristiche del tutto bizantine (si veda P. Grierson, ˝Byzantine Coins˝, op. cit., p. 160), è molto sottile e presenta un’iconografia inconsueta: il dritto mostra una scritta su cinque righe in cui si leggono i nomi e i titoli del sovrano e del coreggente, al rovescio invece è ripreso il modello del solido, con la croce posta sui gradini. Considerando che non sono noti ˝miliaresia˝ rappresentanti il solo Leone III, è probabile che l’emissione di questa nuova moneta fosse coincisa con l’incoronazione di Costantino avvenuta, come già ricordato, nel 720.
A sinistra, “miliaresion” di Leone III e Costantino (argento, g 1,52); a destra, follis di Leone III con il figlio Costantino (bronzo, g 5,41)
Per quanto riguarda le monete di bronzo, infine, la situazione è molto caotica: con il regno di Leone III, infatti, la grande riforma di Anastasio I collassa in modo definitivo e le differenze tra follis e mezzi follis non sono più facilmente distinguibili. L’introduzione del ˝miliaresion˝, poi, provocò una grave svalutazione della moneta di bronzo, il cui peso divenne fortemente variabile, come del resto l’iconografia, che non rende agevole capire se tali monete appartengano realmente a Leone III o ad uno dei suoi predecessori. In ogni caso, sono state identificate numerose classi di follis appartenenti a Leone III: nelle prime egli appare da solo mentre regge uno scettro o una croce con l’˝akakia˝ (classe I) nelle altre appare anche Costantino, a volte più piccolo (classe II) a volte più maturo e vestito con la clamide (classe III) ma sempre accanto al padre.
In queste monete, la rappresentazione di Costantino appare interessante per alcune caratteristiche del tutto particolari: in alcuni esemplari della classe II il piccolo coreggente è raffigurato accanto ad una struttura, che potrebbe essere identificata come la balaustra dell’Ippodromo di Costantinopoli, dove in effetti gli eredi al trono erano presentati pubblicamente. In un’altra serie di follis (classe IV) Costantino appare a volte con la barba, caratteristica inconsueta per un erede al trono in quanto tale attributo era in genere proprio degli imperatori anziani.
A sinistra, Costantinopoli e le sue mura, 1422, mappa di Cristoforo Buondelmonti; a destra, rappresentazione di fine Ottocento delle mura di Costantinopoli (Raoul Frank, “Le sei torri”)
Nonostante la grande vittoria nell’assedio di Costantinopoli e il consolidamento della dinastia grazie alla nomina del figlio, la popolarità di Leone III subì un duro colpo a seguito della decisione, nel 726, di rimuove l’icona di Cristo posta sulle porte del palazzo imperiale; quest’atto, che tra l’altro non venne portato a termine a causa della furiosa opposizione dei cittadini, segnò l’inizio della più grave crisi religiosa che colpì l’impero bizantino: l’iconoclastia. Non è certo semplice comprendere le ragioni profonde che spinsero Leone III ad intraprendere la lotta contro le immagini sacre, né tantomeno si vuole in questo articolo ripercorrere tutti gli eventi che caratterizzarono questo spietato conflitto interno all’impero d’oriente; basterà dunque ricordare solo quanto scrisse il grande storico Georg Ostrogorsky in merito ai contatti tra mondo arabo e bizantino che, ben lontani dall’essere solo di tipo bellico, erano soprattutto culturali e teologici ed erano certamente chiari per chi, come il siriano Leone III, era nato in una zona di confine. “Gli Arabi, che da decenni percorrevano in lungo e in largo l’Asia Minore, non portavano a Bisanzio solo la spada, ma anche la loro cultura, e insieme a questa, la loro caratteristica ripugnanza nei confronti della riproduzione delle sembianze umane. L’iconoclastia nasceva così nelle regioni orientali dell’impero da un caratteristico incrocio […] della fede cristiana […] e soprattutto l’Islam. […] E colui che preparò la via a questa penetrazione dell’influenza culturale orientale fu lo stesso imperatore che aveva respinto l’avanzata araba alle porte di Costantinopoli” (cfr. G. Ostrogorsky, ˝Storia dell’Impero Bizantino˝, Torino 1968, p. 148).