LE MONETE E LA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE:
DAI FASTI DEL GIUBILEO ALL’OBLIO DEL CENTENARIO 

(di Roberto Ganganelli) | Correva l’anno 1967 – e da allora è trascorso mezzo secolo – dai giorni in cui l’Unione Sovietica retta da Leonid Breznev ordinava alla zecca Goznak di Leningrado di realizzare, in occasione del giubileo della Rivoluzione d’Ottobre culminata nei fatti del 25-26 ottobre del 1917, quella che fu la prima serie di monete commemorative nella storia dell’URSS. Cinque coniazioni dal marcato impatto simbolico e propagandistico, battute ciascuna in oltre 50 milioni di esemplari in lega di rame, nichel e zinco; le prime, peraltro, se si esclude il rublo emesso due anni prima per il 20° anniversario della vittoria nella “Grande guerra patriottica” del 1940-1945, ad essere concepite pensando ad una diffusione di massa non soltanto fra i collezionisti, ma soprattutto tra i cittadini e tra gli stranieri in visita nel paese in occasione dei festeggiamenti.

Quattro sono i soggetti raffigurati sulle cinque coniazioni della serie; quattro icone della Rivoluzione e del Socialismo che delineano un preciso percorso numismatico-simbolico e di propaganda ideologica nel quale nulla è stato lasciato al caso: in definitiva, si tratta di una “sintesi in tondelli” del primo mezzo secolo di vita dell’Unione Sovietica. Dal punto di vista artistico, le monete si presentano essenziali nella loro composizione e portano tutte impresso, sul dritto, l’emblema di stato dell’URSS abbinato, di caso in caso, con il valore nominale, con le date 1917 e 1967 o, ancora, con l’iscrizione “Cinquant’anni di potere sovietico”. Sono tuttavia gli elementi iconografici dei rovesci ad apparirci più interessanti e meritevoli di approfondimento.

A sinistra: sul mezzo rublo per il giubileo della Rivoluzione, come sulla moneta da un rublo, campeggia la figura di Lenin (mm 25 il mezzo rublo, mm 27 il rublo). A destra, “Lenin mostra al popolo il radioso futuro”, statua in bronzo, San Pietroburgo: in ognuna delle principali città dell’URSS ne era stata collocata una simile

Il rublo e il mezzo rublo (50 copechi), i due valori più alti della serie, raffigurano infatti Lenin (Vladimir Il’ič Ul’janov, 1870-1924), padre indiscusso dell’ideologia sovietica e della Rivoluzione, il leader puro ed inattaccabile sopravvissuto indenne – in spirito e idee – perfino ai decenni delle purghe e del terrore staliniani. Un Lenin iconico, immortale, con la mano destra protesa e lo sguardo ieratico, del tutto simile a come appare in numerose statue che vennero disseminate – tanto alcune sopravvivono ancora – nelle principali città dell’immensa Unione Sovietica, da Mosca agli Urali, da Leningrado alla Siberia fino ai capoluoghi dell’Asia interna. L’uomo-icona della “genesi sovietica” è abbinato con i simboli, altrettanto universali nella loro semantica ideologica, della falce e del martello, insieme alla sigla CCCP, all’anno cruciale della Rivoluzione d’Ottobre (1917) e a quello del cinquantenario (1967).

A sinistra: la moneta commemorativa da 20 copechi dedicata al primo, storico atto della Rivoluzione d’Ottobre (mm 22). A destra: l’incrociatore “Aurora” come appare oggi, restaurato e trasformato in museo galleggiante, nel porto di San Pietroburgo

Alle origini dell’Urss è legato anche il soggetto della moneta da 20 copechi: il personaggio-icona, tuttavia, in questo caso lascia spazio ad un momento-icona e ad un oggetto-icona: parliamo delle 9.45 di sera del 25 ottobre 1917 e dell’incrociatore “Aurora” il cui equipaggio in rivolta, con un colpo di cannone, segnalò agli insorti di San Pietroburgo l’inizio dell’assalto al Palazzo d’Inverno, residenza dei Romanov, dando l’avvio alla Rivoluzione. Per inciso, quel 25 ottobre passato alla storia si riferisce alla data nel calendario giuliano in uso all’epoca nella Russia degli zar; nel calendario gregoriano in vigore in Occidente, la data corrisponde al 7 novembre 1917.

A prescindere dalla convenzione sulla data, si tratta di un momento storico e solenne, a tutti gli effetti “sacro” nell’epica ideologica dell’Unione Sovietica ma che, sulla moneta celebrativa del 1967 viene rappresentato in modo talmente essenziale da rasentare il “fumettistico”: le acque del Golfo di Finlandia, dove la nave era alla fonda, appaiono come onde stilizzate, la notte è simboleggiata dal fascio di luce che si proietta dalla fotoelettrica dell’albero maestro e il fatidico colpo di cannone da uno sbuffo di fumo che esce dalla torretta prodiera.

A sinistra: la coniazione da 15 copechi che esalta i lavoratori e le lavoratrici, protagonisti della società rinnovata dal Socialismo (mm 20). A destra: il colossale “Monumento al lavoratore e alla contadina” che ancora oggi si può ammirare nella Prospekt Mira di Mosca

Diverso, e più artistico, il soggetto del conio da 15 copechi, sul cui rovescio campeggia il “Monumento al lavoratore e alla contadina”, una colossale scultura in acciaio di 24,5 metri di altezza realizzata nel 1937 dall’artista Véra Moukhina (1889-1953) per l’Esposizione Universale di Parigi e in seguito installata a Mosca. Un uomo e una donna, protesi nel cammino verso il “radioso futuro” sovietico, le vesti mosse dal vento, innalzano al cielo la falce e il martello – in puro stile realismo socialista – a celebrare i due settori portanti dell’economia pianificata: il lavoro agricolo collettivo e la produzione dell’industria pesante.

Una scultura maestosa, pensata affinché tutto il popolo dell’Unione Sovietica – uomini e donne – si sentisse protagonista paritario e consapevole della “Rivoluzione in divenire” da consolidare giorno dopo giorno, una volta deposte le armi, attraverso la dedizione al lavoro e alle indicazioni del Partito. Una scultura-icona, dunque, nella quale le masse affrancate dal giogo zarista potevano identificarsi con orgoglio.

A sinistra: l’Unione Sovietica guarda al futuro: ecco il conio da 10 copechi dedicato all’esplorazione del cosmo. A destra: il maestoso “Monumento ai conquistatori dello spazio”, uno dei simboli del dissolto impero sovietico

Completa la serie numismatica per il cinquantenario della Rivoluzione d’Ottobre una moneta da 10 copechi che guarda al presente e al futuro dell’URSS: il soggetto prescelto per esaltare i più recenti successi del Socialismo, non a caso, è il “Monumento ai conquistatori dello spazio” realizzato, nel 1964, sotto forma di un obelisco di 107 metri sormontato da un razzo. Eretto a Mosca, in Prospekt Mira, il monumento reca sulla base un’iscrizione che recita: “La ricompensa per i nostri sforzi è stato che, dopo aver trionfato sull’oppressione e l’oscurità, abbiamo forgiato ali di fuoco per la nostra terra e il nostro secolo”.

Una moneta per celebrare i cosmonauti e le imprese del programma spaziale voluto da Mosca ma, soprattutto, per ribadire al mondo il ruolo di primo piano dell’Unione Sovietica e del suo sistema politico-sociale in contrapposizione all’Occidente capitalista (non a caso, sullo sfondo del monumento sorge il proverbiale “Sol dell’avvenire”). E’ l’esaltazione della tecnologia quale arma per la conquista di spazi inesplorati e, perché no, l’apoteosi dell’ardimento dell’uomo nuovo forgiato dall’ideologia sovietica. Quel razzo spaziale, oggetto-icona del progresso ed auspicio di futuri, ulteriori conquiste, impresso sul metallo finisce così nelle mani di decine di milioni di cittadini dell’URSS, ammirato da alcuni con patriottico orgoglio e da altri, probabilmente, osservato con ben diversi sentimenti, assieme a Lenin, ai lavoratori delle fabbriche e dei kolchoz e all’incrociatore “Aurora”, ancora oggi icone del XX secolo e di un impero che non esiste più.

Lenin, il proletariato e il cosmonauta, insieme al Cremlino e alla bandiera sovietica su una medaglia celebrativa in argento coniata nel 1967 (mm 75)

Un impero ed un’epoca storica che la Russia di oggi, quella di Putin e degli oligarchi, hanno deciso di relegare in soffitta, almeno sotto il profilo numismatico: mentre Mosca, infatti, sta promuovendo in ogni angolo del pianeta le monete commemorative in vista del Mondiale di calcio del prossimo anno nessun conio, neppure uno spicciolo, a quanto pare farà memoria del centenario della Rivoluzione. “Sic transit…”