Con questo articolo, che ci porta nell’Italia di fine Novecento, si conclude la rassegna dedicata alla storia della cartamoneta italiana.
Di Claudio Giacchetti. Gli anni Ottanta hanno portato grandi novità, gettando il seme della società interconnessa nel villaggio globale a cui ormai le giovani generazioni sono abituate fin dalla nascita. In quegli anni la società industriale, quella delle fabbriche e della produttività mutava, neanche tanto lentamente, nella società della comunicazione globale. Nel 1980 sono nati il walkman e il personal computer, nel 1982 il CD e il suo lettore, poi il telefono cellulare e sei anni dopo la rete, il “world wide web”. La scienza fece grandi conquiste, come il cuore artificiale permanente (1982) e la decodificazione del tracciato del DNA (1984). In America, il 24 gennaio 1984, Steve Jobs presentava un personal computer compatto e dotato di un nuovo sistema operativo a interfaccia grafica: l’Apple Macintosh. Gli anni Ottanta ricordano personaggi che hanno dato una svolta alla storia, grandi drammi ed eventi che hanno cambiato il mondo, dall’esplosione di Černobyl allo storico incontro fra Ronald Reagan e Michail Gorbačëv che diede inizio alla distensione tra le due potenze e alla fine della guerra fredda.
In tutto questo magma vulcanico che produceva ogni giorno novità sorprendenti, cambiavano anche le banconote nelle tasche degli italiani. Benché il loro valore continuasse inesorabilmente a scendere giorno per giorno, la nuova produzione di questo decennio volle testimoniare la voglia cambiamento con la rappresentazione di personaggi emblematici. Caravaggio rappresentò la luce nella pittura, Volta imprigionò l’energia nella sua pila, Bernini innovò le architetture, Bellini l’opera e Maria Montessori, con il suo metodo che farà scuola, rivoluzionò l’insegnamento. Dal punto di vista tecnologico le nuove emissioni presentavano caratteristiche anti contraffazione sempre più efficaci, nell’eterna gara tra Banca Centrale e falsari che non è ancora finita. Eccole, in ordine di apparizione:
L’altezza è la stessa per tutte le banconote di questa serie (70 mm, lo standard per i portafogli), mentre la lunghezza, analoga a quella dell’emissione precedente, aumenta con il valore facciale dai 133 mm delle 5.000 ai 156 mm delle 100.000. Ognuna ha un colore predominante, inoltre alcuni particolari decorativi sul recto e tutto il verso richiamano le opere del personaggio rappresentato. Una curiosità collezionistica è legata al colore degli occhi di Alessandro Volta: esistono banconote con gli “occhi scuri”, le prime emesse, rappresentate dalle lettere A,B,C e D, mentre tutte le altre, dalla E alla K, hanno gli “occhi chiari”. La seconda lettera del numero di serie, identifica la data di ogni decreto di emissione dei quantitativi di banconote stampati nel tempo. Ad esempio, le 10.000 lire qui riprodotte hanno la serie BH, quindi il decreto, che è rappresentato dalla lettera H, corrisponde alla “data di nascita” di questa banconota: il 17.12.1997. Anche in questo caso, mancano all’appello le mille lire. Come già accaduto per le “Verdi II tipo”, fatte circolare fino all’inizio degli anni Ottanta, quelle con Marco Polo del 1982 sono state sostituite solo nel 1990 con la nuova banconota raffigurante la pedagogista marchigiana Maria Montessori.
Contemporaneamente, dopo lo scarso successo avuto con il taglio da 20.000 nel 1975, venne emessa una nuova banconota da 2.000 lire che andava finalmente a sostituire la gloriosa “Galileo”, in campo fin dal 1973. Evidentemente il taglio da 2.000 è appannaggio di scienziati e inventori: da Galileo si passa a Marconi.
Siamo così entrati nell’ultimo decennio di vita della lira. Come si è più volte accennato, l’inflazione più alta rispetto a quella degli altri Paesi europei per via della nostra economia che attraversava fasi sempre più critiche e le manovre di politica monetaria che la Banca Centrale metteva in atto per proteggere la nostra moneta dagli assalti speculativi, provocavano svalutazioni sia improvvise che pilotate. I bilanci delle grandi aziende e, soprattutto, quello dello Stato erano divenuti illeggibili, per via dei numeri con sempre più zeri e dei rendiconti che parlavano di migliaia o milioni di miliardi di lire, cifre diventate incomprensibili. Ecco perché alcune banconote hanno rappresentato con il numero dei loro zeri, periodi inflattivi drammatici, come la banconota da 10 miliardi di dinari della Jugoslavia.
A parte queste esagerazioni, anche in Italia si pensò di modificare il valore della moneta togliendo tre zeri, quindi le mille lire sarebbero diventate una lira, le 10.000, dieci lire e così via.
La valuta italiana avrebbe dovuto chiamarsi “Lira Nuova”. La Banca d’Italia approntò i primi progetti che, secondo le intenzioni, avrebbero dovuto avere un impatto limitato sulla popolazione con la modifica del solo valore facciale con banconote molto simili a quelle già in corso. La stessa operazione era stata già realizzata con successo in altri Paesi come ad esempio la Francia, dove negli anni Sessanta fu adottato il “nuovo franco” togliendo due zeri, e successivamente in Turchia, con la forte svalutazione che, nel 1970, fece dimagrire la lira turca di ben sei zeri. Ma in Italia alle parole non seguirono i fatti e si continuò a usare la “vecchia lira” che arriverà così fino alla realizzazione dell’Unione Monetaria nel 1999 e alla conseguente adozione dell’euro dal 2002.
Tuttavia anche negli anni Novanta proseguirono i cambiamenti, dapprima con il restyling dei tagli maggiori, essenzialmente per problemi legati alla sicurezza della circolazione, con l’introduzione di nuove tecnologie anticontraffazione, quali gli inchiostri cangianti:
In queste banconote, la cifra in alto a sinistra, che indica il valore facciale, cambia di colore dal verde acceso al marrone scuro a seconda dell’inclinazione del biglietto. Questa tecnologia, alla quale oggi con l’euro siamo ormai abituati, era ed è rimasta un ostacolo insormontabile per i falsari, necessitando di costosissime apparecchiature e vernici speciali non reperibili comunemente sul mercato. L’effetto cangiante è realizzato con una mescola di colore contenente cristalli che riflettono la luce in modo diverso a seconda dell’incidenza; essi vengono orientati tutti allo stesso modo attraverso il passaggio di una forte carica magnetica nei pochi istanti necessari all’asciugatura della vernice nella fase di stampa.
Nel 1997 venne emessa l’ultima banconota in lire italiane, che tornava a essere di dimensioni rilevanti (163×78 mm), sia per testimoniarne il valore, il più elevato di sempre, che per abituare gli italiani, destinati ad avere l’euro in un futuro ormai prossimo, a maneggiare banconote “importanti”:
La storia della nostra lira, che è stata la valuta italiana dal 1862, dopo il conseguimento dell’unità nazionale, volgeva così al termine. Dal 1° gennaio 2002, come sappiamo, è stata sostituita dall’euro, una moneta sicuramente più forte e affidabile, che certamente accomuna oltre 300milioni di europei e che tutti i paesi dell’eurozona considerano propria anche se dal punto di vista stilistico è frutto di una serie di compromessi, tali che ciascun paese ha probabilmente perso qualcosa. Noi, sicuramente, abbiamo perso molto.
La cartamoneta ha fatto moltissima strada da quando lo scozzese John Law, “l’uomo che inventò il denaro”, tra il 1715 e il 1720 introdusse le prime banconote in Francia dopo le sue Considerazioni sulla moneta e sul commercio del 1705 dove sosteneva che non era necessario che il denaro circolante fosse d’argento e d’oro: poteva benissimo essere di carta, se il suo valore era garantito da attività economiche redditizie; anzi, la moneta cartacea avrebbe favorito lo sviluppo economico. E la sua storia, da allora, ancora continua…
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