(di Roberto Ganganelli) | Le ricerche di archeologia subacquea non si occupano soltanto di recuperare relitti dell’antichità. Il “patrimonio sommerso”, o patrimonio culturale subacqueo, non ha limiti di epoca, ma ricomprende qualsiasi tipo di sito archeologico sommerso e di relitto, a qualunque epoca esso appartenga. Così non deve stupire che la ricerca archeologica subacquea si occupi anche di navi affondate nell’Ottocento, come il relitto del Polluce.
Nella notte del 17 giugno 1841, al largo delle coste di Capoliveri (Isola d’Elba) affondava infatti il piroscafo Polluce, speronato dal Mongibello. Proprietario del Polluce – e di una vasta flotta di piroscafi – era il famoso armatore Raffaele Rubattino, protagonista della navigazione a vapore e dei commerci marittimi dell’Italia risorgimentale (alla compagnia Rubattino appartenevano le navi con i quali Giuseppe Garibaldi partì da Quarto per l’impresa dei Mille).
Nell’incidente del Polluce perse la vita un passeggero, mentre gli altri viaggiatori e i membri dell’equipaggio trovarono riparo sul Mongibello. Nelle concitate fasi dell’affondamento e del salvataggio dei naufraghi, tutto andò perduto: i documenti di bordo, le lettere, un ingente carico di monete (si parla di 70.000 colonnati d’argento spagnoli e di circa 100.000 monete d’oro), gli effetti personali dei viaggiatori, le merci trasportate.
Nell’autunno dello stesso anno Rubattino tentò un audace quanto costoso recupero della nave, adagiatasi sul fondale a 103 metri di profondità. La missione fallì, complici il maltempo e le oggettive difficoltà tecniche. Con il passare del tempo la memoria del naufragio si confuse, fino a perdersi del tutto. Nel 2000 una società inglese, attraverso il Consolato britannico di Firenze, chiedendo il permesso per recuperare il carico d’alluminio del Glenlogan, una nave inglese affondata nel 1916 che giace nei fondali presso Stromboli, inserirono le coordinate del relitto del Polluce. Nessuno si accorse durante il percorso burocratico di ciò, consegnandogli l’autorizzazione. Dopo avere affittato un rimorchiatore a Genova, su cui era installata una gru, fracassorono il relitto con la benna, portando in superficie sabbia, legno, monete e gioielli. Almeno una parte del bottino venne messa all’asta a Londra nel 2001. Con un’azione congiunta dei Carabinieri e dalla polizia inglese si è bloccata la compravendita ed i beni di inestimabile valore sono stati restituiti all’Italia. Si tratta di un vero e proprio tesoro composto da gioielli di insuperabile fattura con preziosi e circa 3000 monete d’oro e d’argento, tra le quali pregiati esemplari d’oro francesi e di Stati italiani.
Uno splendido esemplare in oro da 100 lire di Carlo Alberto re di Sardegna concrezionato con altre monete (source: H.D.S. Italia) Parte delle monete esposte al Museo del Mare di Capoliveri (source: web)A conclusione delle ricerche subacquee, il carico del Polluce ritorna oggi a Capoliveri, in una mostra che ripercorre la vicenda storica del piroscafo e del recupero del suo carico e che restituisce, attraverso l’esposizione degli oggetti e dell’ingente tesoro monetale, un quadro inedito della vita di bordo nel progredire della navigazione dell’Italia preunitaria. Interessante anche per i numismatici, la mostra è aperta al Museo del Mare dal 26 aprile scorso e fino al 26 ottobre. L’apertura è fissata dal lunedì alla domenica nei seguenti orari: mattino 10.30-13.00; pomeriggio 16.30-20.00. Ingresso € 3,00 a persona.
La locandina della mostra, aperta al pubblico fino al 26 ottobre (source: web)