(di Antonio Castellani) | “Scandali finanziari, abusi edilizi, corruzione politica e una crisi economica che arricchisce i pochi e impoverisce le masse. È Roma nel 1884, quando ci arriva Paolo Ciulla, giovane catanese assai versato nel disegno. Vuole studiare architettura e diventare un artista: non ci riuscirà. In compenso anni dopo, in una Sicilia sconvolta dalla dura repressione degli scioperi agrari e del movimento dei Fasci siciliani, verrà a galla il suo vero genio: quello per la falsificazione di banconote. È solo l’inizio di una «carriera» che si dipanerà per laboratori e stamperie, banche e taverne, trasformandolo in un paladino dei poveri messi in ginocchio dalla crisi.
Paolo Ciulla, anarchico, criminale, benefattore, è un antieroe contemporaneo e la sua Italia è la nostra. Le sue avventure, raccontate con stile trascinante in questo romanzo dal vero, attraversano e illuminano un Novecento italiano che non è stato il secolo breve, ma il più lungo: iniziato nel 1861, non è ancora finito. L’interrogatorio di Ciulla, uno dei primi grandi processi mediatici del nostro Paese, ha il ritmo di una pièce teatrale: quasi cieco per le sperimentazioni con gli acidi, ma ironico e indomito, il principe dei falsari per giorni tiene testa a giudici e pubblici ministeri. Fino all’apoteosi finale, il più grande momento di gloria: il riconoscimento pubblico di un italianissimo genio”. Questo il risvolto di copertina del volume – da leggere tutto d’un fiato – che ripercorre la storia del più abile e controverso falsario di cartamoneta della storia italiana; un personaggio a metà tra il genio e Robin Hood, che ha risvegliato niente meno che l’attenzione del Nobel Dario Fo il quale, assieme a Paolo Sciotto, ha riscoperto documenti inediti del processo e saputo narrare, con leggerezza e stile piacevole, la vita di un “artista grande” (così si autodefiniva Ciulla”) nell’affresco complesso – e straordinariamente d’attualità – dell’Italia a cavallo tra XIX e XX secolo. Un solo appunto, che da numismatici non possiamo non fare: a p. 103, gli autori scrivono che nel 1922 la banconota da 500 lire era quella di maggior valore in circolazione. E allora, le 1000 lire Barbetti tipo “Grande M” stampate già dal 1897 dove le mettiamo?
La copertina del volume dedicato a Paolo Ciulla, “falsario caritatevole” (source: web)