(di Roberto Ganganelli) | Qualche giorno fa, ricevendo degli spiccioli come resto in un negozio, invece che infilarli in tasca senza pensarci – come faccio nella maggior parte dei casi – mi sono soffermato un attimo, tenendoli nel palmo della mano ed osservando una moneta finlandese da un euro, di quelle con i due cigni selvatici in volo sopra una scogliera. Il commesso mi ha guardato con un misto di curiosità e preoccupazione chiedendo: “C’è qualcosa che non va?”. Ho risposto di no, ho salutato e me ne sono andato; il fatto, tuttavia, mi ha portato a fare una riflessione sulla quella che è oggi la “percezione media” della moneta metallica da parte della gente comune (ossia, i non numismatici, che sono la maggioranza).
Il verbo “vedere” deriva dal latino “videre” e indica la spontanea percezione del mondo esterno attraverso gli occhi, ossia ciò che l’essere umano riceve attraverso la facoltà della vista. Anche “osservare”, d’altra parte, ha radici latine: la parola “observare” è infatti composta dal prefisso “ob-” e “servare” (custodire, considerare). Osservare, perciò, rispetto a vedere assume un significato assai più profondo: vuol dire infatti considerare con attenzione e curiosità ciò che la vista spontaneamente percepisce, allo scopo di conoscere meglio la realtà e renderci conto di qualcosa in più. Osservare mette in moto meccanismi mentali molto più complessi del semplice vedere, spinge a porsi domande e a cercare risposte, aggiunge al nostro bagaglio di conoscenze e di sensazioni piccole e grandi tessere che ci “costruiscono” giorno dopo giorno.
La maggior parte delle persone, è evidente, non mai osservato con attenzione le monete che abbiamo in tasca dal 2002, quegli euro spiccioli che utilizziamo, spesso, riconoscendoli solo dalla forma (di meno dalla misura), dall’eventuale bimetallismo o, nel caso dei “ramini” da 1, 2 e 5 centesimi, dal colore. Quasi nessuno si sofferma più sui soggetti, nemmeno di quelle coniazioni commemorative da 2 euro che sarebbero nate proprio con lo scopo di celebrare e far conoscere ricorrenze e valori dell’Unione di cui facciamo parte oppure elementi storici, artistici e culturali propri dei singoli paesi dell’Eurozona, ma destinati – nelle intenzioni – a divenire parte di una identità europea comune.
Sembra che la moneta circolante stia pian piano perdendo, almeno in parte, forse anche per colpa dei media digitali e della dimensione “social” dell’esistenza umana, quel ruolo di formidabile veicolo di comunicazione scritta e visiva che ha avuto per millenni: simboli, icone, ritratti e allegorie “sfumano” infatti nei loro contorni come nella loro identità profonda e nella nostra percezione, lasciando in molti solo la preoccupazione di riconoscere – anche questo, talvolta, in modo superficiale – il valore nominale. La moneta si sta trasformando perciò in gettone? Ciò accade solo in Europa o si tratta di un fenomeno che si manifesta in tutto il mondo? Domande su cui potrebbero essere versati fiumi d’inchiostro, ma che innanzi tutto ci portano ad un invito, che soprattutto gli appassionati di numismatica hanno il dovere di accogliere e di diffondere.
Dobbiamo tutti gratitudine, ad esempio, alla scrittrice pacifista Bertha von Suttner – la signora dei 2 euro d’Austria, per intenderci – che con la sua opera, che le valse anche il Nobel per la pace, ha contribuito all’Europa dei diritti; è giusto ammirare e conoscere l’idolo cruciforme cipriota del 3000 a.C. effigiato sulle due bimetalliche di Nicosia che rappresenta un’icona della civiltà mediterranea; è importante, infine, riconoscere la “Venere” botticelliana sui nostri 10 euro cent in quanto simbolo del Rinascimento. Le euro monete – da alcuni vituperate, da altri ammirate – non vanno dunque semplicemente guardate, ma osservate affinché i messaggi che comunicano – d’accordo, non sempre in modo immediato, oppure pregevole sotto il profilo artistico – come vuole la semantica latina del verbo latino vengano “considerati” e soprattutto “custoditi” da ciascuno. Questo conferisce un valore incalcolabile alle monete, alla numismatica, e perfino al semplice gesto quotidiano di ricevere il resto della spesa.