(a cura di Biblionumis, www.biblionumis.it) | Dopo la diffusione del “Catalogo di antiche medaglie consolari e di famiglie romane” Gennaro Riccio reperì altre monete rare e inedite e le pubblicò in un “Primo Supplemento” edito nel 1856 (fig. 17). Questa pubblicazione si apre con una epistola del conte Bartolomeo Borghesi, che al tempo era considerato il numismatico più preparato sulle monete romane. La lettera è ricchissima di elogi rivolti al Riccio sia per il suo “Catalogo” sia per la sua raccolta di monete romane, definita la più ricca esistente in Italia. Il Borghesi, inoltre, si sofferma sulla felice idea di utilizzare la galvanoplastica per la riproduzione delle monete, la quale fornisce ai lettori la sensazione di possederle. In questo “Primo Supplemento” il Riccio descrive centinaia di monete romane, promettendo di fornirne al più presto le riproduzioni con la tecnica della galvanoplastica.
Dopo la stampa del “Primo Supplemento” l’attività del Riccio proseguì. Egli infatti raccolse molte altre monete rare che descrisse in un “Secondo Supplemento” edito nel 1861 (fig. 18). L’introduzione di questa pubblicazione è quasi del tutto dedicata alla scomparsa del conte Bartolomeo Borghesi, che il Riccio sostiene essere stato la sua guida negli studi numismatici. Nel testo l’autore descrive minuziosamente centinaia di monete, ma viene meno alla promessa fatta ai lettori nel “Primo Supplemento”, non fornendo le riproduzioni di monete con il metodo della galvanoplastica. Questa mancanza non era tuttavia dipendente dalla volontà del Riccio, infatti l’unico conoscitore residente a Napoli di questo particolare metodo di riproduzione era il tedesco Hendrik, il quale si era ritirato in patria. Recentemente il “Catalogo” del Riccio è stato oggetto di un interessante studio di Federica Missere Fontana, Pietro Baraldi e Paolo Zannini.
Lasciamo adesso gli straordinari scritti di Gennaro Riccio per dedicarci all’opera di un altro importante studioso: Giulio Minervini. Socio di diverse accademie e di varie società scientifiche di tutta Europa, il Minervini nel 1856 pubblicò il “Saggio di osservazioni numismatiche” (figg. n. 19, 20, 21). In quest’opera furono rese note molte monete greche inedite, mentre altre già conosciute vennero descritte diversamente rispetto al passato, il tutto accompagnato da interessanti considerazioni scientifiche. Il testo fu corredato di sette tavole disegnate e incise da Andrea Russo.
Circa la metà delle monete descritte nel volume appartenevano alla collezione di Luigi Sambon, studioso numismatico e autore a Napoli di due importanti opere su cui ci soffermeremo in seguito. Altre monete citate provenivano invece dalla raccolta del Principe di San Giorgio Domenico Spinelli e da molte altre importanti collezioni del tempo che si trovano dettagliatamente citate nella “Prefazione” del volume.
Un altro importante numismatico molto attivo nel periodo in questione è Giuseppe Fiorelli. Il Fiorelli nacque a Napoli nel 1823. Inizialmente lavorò come archeologo e numismatico finché ottenne la carica di ispettore della Soprintendenza e del Museo di Napoli. Nel 1848 fu coinvolto nei moti liberali per cui fu recluso in prigione, ma in seguito riottenne la libertà. Dopo la costituzione del Regno d’Italia divenne senatore e direttore degli scavi archeologici di Pompei, che condusse con sistematicità e rigore scientifico. Egli, infatti, invece di muoversi, come avevano fatto i suoi predecessori, alla sola ricerca di oggetti preziosi, divise gli scavi in quartieri e isolati, allo scopo di poter localizzare con precisione ogni reperto. Il Fiorelli intuì anche la possibilità di ottenere dei calchi delle vittime dell’eruzione colando gesso liquido nel vuoto lasciato nella cenere dai loro corpi. Questi calchi sono tuttora visibili negli scavi di Pompei (fig. 22).
Nel periodo tra il 1863 e il 1875, il Fiorelli cominciò la riorganizzazione delle collezioni del Museo Nazionale di Napoli. Stilòquindi un nuovo inventario degli oggetti, che sostituiva gli inventari di epoca borbonica redatti da Michele Arditi, da Francesco Maria Avellino e dal principe di San Giorgio Domenico Spinelli. Tale inventario è quello tuttora in vigore presso la Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta. Gli oggetti conservati nel Museo furono inoltre descritti nel “Catalogo del Museo nazionale di Napoli”, costituito da diversi volumi. Sei di questi riguardano la numismatica: due illustrano la collezione numismatica Santangelo (fig. 23), quattro il Medagliere del Museo (fig. 24). Vediamo quindi da vicino il contenuto di questi volumi.
La collezione Santangelo fu iniziata a partire dalla fine del Settecento dall’avvocato Francesco Santangelo e comprende un gran numero di importanti reperti. Fu acquistata dal Municipio di Napoli nell’agosto 1865 per 215.000 lire e fu esposta al pubblico nel Museo Nazionale della stessa città. Le monete di questa raccolta vennero divise dal Fiorell in due serie e descritte nei due volumi citati editi nel 1866 e nel 1867. Nel primo volume sono descritte le monete della prima serie, quelle greche, che risultano essere quasi 13.000 e prevalentemente della Magna Grecia. Tale serie, infatti, include il più vasto nucleo di monete magnogreche del tempo, per numero di pezzi, qualità di conservazione ed esemplari unici o addirittura inediti.
Il secondo volume descrive la seconda serie che include le monete medievali e moderne e consta di oltre 1500 pezzi in oro, argento, rame e biglione. In questo testo imponente è la parte dedicata alle monete dell’Italia meridionale e della Sicilia, in particolare precedenti al XII secolo. Dopo la pubblicazione del Vergara degli inizi del Settecento era questa la prima volta che veniva presentata una raccolta così ricca di monete napoletane e siciliane.
Per quanto concerne il Medagliere del Museo Nazionale di Napoli, questo inizialmente includeva la collezione di Portici, la raccolta Capodimonte e le monete appartenute a Battista Carafa duca di Noja, per un totale di quasi 21.000 esemplari. Successivamente ad arricchire la raccolta si aggiunsero molte monete rinvenute a Pompei, la collezione Borgiana, la collezione Poli, la raccolta di re Francesco I, il medagliere dei monaci di Monteoliveto, il medagliere della Regia Zecca napoletana e diversi doni minori, per un totale complessivo di oltre centomila esemplari. Questo splendido tesoro non era mai stato correttamente classificato ed era conservato in sacchi. Fu il Fiorelli a classificarlo e a pubblicarlo nei quattro volumi del “Catalogo” editi dal 1866 al 1871.
Il primo volume descrive le monete del periodo greco, divise secondo un ordine geografico, tra cui spiccano esemplari di estrema rarità. Il secondo volume descrive le monete romane. Il terzo è diviso in due parti. La prima illustra le monete medievali dell’Italia meridionale e della Sicilia. Nella seconda parte sono descritte le monete coniate a partire dal XVI secolo. È inoltre presente un’interessante appendice che descrive bolli in piombo, gettoni e tessere. Il quarto e ultimo volume del Medagliere illustra il materiale che giunse al Museo dalla Regia Zecca di Napoli, a seguito del decreto reale del 19 marzo 1863. Il medagliere della Regia Zecca di Napoli era composto da migliaia di monete e medaglie, ma soprattutto da matrici, conii e punzoni utilizzati nella zecca napoletana a partire dal periodo di Ferdinando IV di Borbone.
Le ultime pubblicazioni su cui ci soffermiamo sono quelle di Luigi Sambon. Il Sambon fu capostipite della famiglia omonima, che diede all’Italia valenti studiosi e commercianti numismatici. Egli giunse in Italia negli anni Venti dell’Ottocento come esule volontario. Arrivato in Italia, visse prima a Firenze, poi a Napoli dove godeva di una grande reputazione per le sue conoscenze sulla monetazione della Magna Grecia. A Napoli scrisse la sua opera più importante “Recherches sur les monnaies de la presqu’ile italique”, edita nel 1870 e corredata di 24 tavole (figg. 25, 26, 27). Quest’opera fu concepita come una versione notevolmente ampliata e migliorata del lavoro “Recherches sur les anciennes monnaies de l’Italie méridionale” edito senza tavole nel 1863 (fig. 28).
Le opere presentate in questa sede sono le più rilevanti tra quelle stampate a Napoli al tempo dell’Unità d’Italia. Alcune ancora oggi rivelano un importante interesse scientifico, altre, invece, appaiono completamente superate dalle più recenti acquisizioni. Tutte però conservano intatto il loro valore di preziosi documenti che attestano i percorsi, spesso tortuosi, che hanno portato alla costruzione delle conoscenze, nonché la vivacità degli studi numismatici nel Meridione d’Italia.