(a cura di BiblioNumis, www.biblionumis.it) | Lo studio scientifico di una moneta inizia sempre con la consultazione critica delle pubblicazioni in cui questa è stata considerata, fino a risalire al libro in cui per la prima volta la moneta fu resa nota. Per studiare anche un solo esemplare il ricercatore può avere quindi la necessità di esaminare decine di volumi. Questi, poi, si moltiplicano quando a dover essere studiata è un’intera monetazione. Ne consegue che nella ricerca numismatica la conoscenza dei testi, anche antichi, è di fondamentale importanza.
In questo articolo ci soffermeremo sulle più importanti opere di numismatica edite a Napoli al tempo dell’Unità d’Italia, ovvero nel ventennio 1850-1870. Dalla trattazione, per ragioni di brevità, escluderemo le opere collettive e le riviste, che prenderemo in considerazione in una prossima occasione. Per quanto concerne le riviste per ora si rinvia all’unico e fondamentale testo scientifico sull’argomento: “Riviste e periodici italiani di numismatica”, di Giuseppe Ruotolo, edito nel 2001.
Prima di presentare i testi editi nel periodo in questione, riteniamo opportuno fornire una rapida istantanea delle più importanti opere stampate a Napoli nei decenni precedenti. Il XIX secolo si aprì con la pubblicazione, nel 1802, del volume di Francesco Daniele “Monete antiche di Capua con alcune brievi osservazioni” (fig. 1). Quest’opera fu molto apprezzata da tutti gli studiosi del tempo per la qualità delle sue incisioni e valse all’autore l’ottenimento della cittadinanza onoraria della città di Capua.
Oltre vent’anni dopo, nel 1826 e 1827, il commerciante Francesco De Dominicis pubblicò il “Repertorio numismatico per conoscere qualunque moneta greca tanto urbica che dei re” (fig. 2), in due tomi, costituiti da ben 1123 pagine complessive. L’opera si annovera tra le più corpose di numismatica edite nel XIX secolo. In essa in forma di rubrica si trovano descritti il dritto e il rovescio delle monete, il modulo, il metallo e il loro prezzo di stima.
Nel 1836 fu la volta di Gennaro Riccio, che diede alle stampe “Le monete delle antiche famiglie di Roma fino all’imperatore Augusto” (fig. 3), studio sulle monete cosiddette familiari, arricchito di ben 56 tavole. La pubblicazione ebbe un notevole successo tanto che nel 1843 ne fu stampata una seconda edizione (fig. 4). La prima edizione risulta essere assai più rara della seconda. Sulla figura di Gennaro Riccio ci soffermeremo oltre, poiché sarà, come vedremo, uno degli autori più attivi del periodo oggetto di questo articolo.
Nel 1844 fu invece dato alle stampe il volume “Monete cufiche battute da principi longobardi normanni e svevi nel regno delle Due Sicilie” (fig. 5), a cura di Michele Tafuri e basato prevalentemente sulla ricca collezione di suo fratello Giuseppe Tafuri. Per la realizzazione del lavoro i fratelli Tafuri si affidarono al principe di San Giorgio Domenico Spinelli, numismatico ed esperto di scrittura araba antica. Il testo propone un insieme di monete irripetibile, perfettamente illustrato, che fa del volume un’opera di pregio.
Due anni più tardi, nel 1846,Giovanni Vincenzo Fusco scrisse “Intorno alle Zecche ed alle monete battute nel reame di Napoli da re Carlo VIII di Francia” (fig. 6). Nello stesso anno, il Riccio pubblicò l’opera “Le monete attribuite alla zecca dell’antica città di Luceria capitale della Daunia” (fig. 7), realizzata grazie anche a un’associazione spontanea di dotti cittadini di Lucera che si accollarono parte delle spese di stampa.
Nel 1849 infine fu curata una riedizione dell’opera di Domenico Diodati “Illustrazione delle monete che si nominano nelle costituzioni delle Due Sicilie” (fig. 8), stampata per la prima volta nel 1788. Rispetto all’edizione originaria la riedizione risulta arricchita da note inedite dell’autore, deceduto molto tempo prima, e da una tavola di monete. Con il volume del Diodati si chiude questo rapido sguardo alle opere edite a Napoli nella prima metà dell’Ottocento. Passiamo quindi ai testi oggetto di questo scritto. Come già accennato, uno degli autori più attivi del ventennio 1850-1870 fu il magistrato Gennaro Riccio.
Gennaro Riccio si interessò all’archeologia e alla numismatica, prediligendo le monete romane. L’occasione di occuparsi di queste monete gli fu fornita dal ritrovamento di un ricchissimo tesoretto rinvenuto nel 1823 nel territorio di Diamante, comune in provincia di Cosenza. Il ripostiglio doveva essere veramente ricco dato che lo stesso Riccio afferma di aver esaminato dello stesso non meno di 20.000 pezzi e di averne acquistati circa 1200. Assunto in magistratura, il Riccio ebbe occasione di risiedere in quasi tutte le province del Regno di Napoli e in ogni località fece importanti acquisti di monete, comperando anche intere collezioni di straordinario interesse.
Ma il Riccio si interessò anche di monete greche. Nel 1852 infatti scrisse il “Repertorio ossia descrizione e tassa delle monete di città antiche comprese ne’ perimetri delle province componenti l’attuale Regno delle Due Sicilie al di qua del faro” (figg. 9, 10, 11). Nel testo le monete appaiono elencate in tavole sinottiche, mentre note e considerazioni dell’autore sono collocate alla fine del volume in una sezione apposita. A spingere l’autore alla realizzazione dell’opera fu il desiderio di rendere noti i risultati delle sue ricerche e la volontà di sopperire alla scarsa precisione dei suoi predecessori. Il Riccio, infatti, in questa pubblicazione oltre a presentare diversi esemplari allora sconosciuti, ridescrisse tutte le monete già pubblicate nelle tavole del Carelli. Le tavole del Carelli erano state pubblicate a Lipsia nel 1850 e rappresentavano la più grande raccolta di monete della Magna Grecia del tempo, superata per rarità e numero di esemplari solo dalla collezione Santangelo, su cui ci soffermeremo in seguito.
Il Riccio possedeva anche quasi tutti i disegni delle monete mancanti alle tavole del Carelli, realizzati dal noto incisore Russo, ma non gli fu possibile inserirli a corredo del volume a causa degli alti costi di stampa. All’opera infatti furono aggiunte appena due tavole che riproducono pezzi presentati come inediti. Questa pubblicazione procurò al Riccio molti elogi, ma anche qualche critica negativa, come quella mossa dal numismatico Celestino Cavedoni, il quale, in un contributo edito nel “Bollettino dell’Istituto di corrispondenza archeologica” del 1853, non mancò di evidenziare l’alto numero di monete omesse dal Riccio e i diversi errori di stampa presenti nel testo. Tuttavia la preparazione del Riccio non poteva essere messa in discussione. Egli, d’altra parte, noncurante delle critiche, nel 1855 diede alle stampe la sua opera più importante e ricercata: il “Catalogo di antiche medaglie consolari e di famiglie romane” (figg. 12, 13), ovvero il catalogo della sua collezione.
Come già ricordato, il Riccio aveva già pubblicato in due edizioni, nel 1836 e nel 1843, un’opera sulle monete consolari. Dopo l’edizione del 1843 egli ne immaginò una terza, ma ne rimandò la realizzazione in quanto non era in possesso di molte monete rare, indispensabili per giustificare un terzo volume. Col tempo però la sua collezione si arricchì molto, tanto da essere considerata la raccolta privata più completa che si conoscesse. Così, nonostante gli mancassero ancora esemplari importanti, si decise a pubblicare questo “Catalogo”. Egli non mancò di affermare che, se dopo la stampa di tale volume avesse avuto la possibilità di acquistare i pezzi che gli mancavano, li avrebbe resi noti in supplementi. Il “Catalogo” descrive minuziosamente quasi 7000 monete ed è arricchito da sei splendide tavole a colori realizzate con il metodo della galvanoplastica (figg. 14, 15, 16).
La galvanoplastica è un processo elettrochimico che permette, attraverso l’elettrolisi, di riprodurre in metallo la forma di un oggetto. Con questo particolare metodo di riproduzione, le monete appaiono in rilievo, in modo da fornire al lettore l’impressione suggestiva di poter esaminarle dal vero e di poterle toccare. Due tavole presentano monete in oro, due tavole monete in argento, due monete in bronzo. Per questa splendida pubblicazione il Riccio ottenne elogi e riconoscimenti da tutto il mondo della cultura, comprese autorità politiche ed ecclesiastiche.