Ma come era poi – altro rompicapo – questo Cristoforo Colombo? Che appare non con una ma con mille facce, più o meno abilmente inventate, dai ritratti eseguiti dagli artisti d’epoca alle immagini più o meno arbitrarie rielaborate dai media. Ogni epoca, ogni Paese ne ha fatto un suo simbolo e ogni volta il “campanilismo” ha avuto la meglio nel proporre sempre un volto diverso. All’Esposizione di Chicago del 1893 furono ben 71 i ritratti di Cristoforo Colombo esposti e non ce n’era uno che fosse simile all’altro. Il fatto è che non esiste di Colombo un ritratto dipinto quando era ancora vivo e quindi somigliante.
Aveva veramente la faccia fiera e pensosa del ritratto di Sebastiano del Piombo al Metropolitan Museum di New York o quella paciosa e dimessa che si ammira alla National Gallery di Washington? L’unica descrizione che fa testo è quella piuttosto generica del figlio: “Viso lungo, zigomi sporgenti, naso aquilino, capelli bianchi già a 30 anni.”
Meno male che, in fondo, le facce di Colombo si riducono a due, anche se opposte: un sognatore romantico, tutto preso dall’avventura nei luoghi esotici, e un uomo pratico, ambizioso, avido di titoli e di denaro, buon conoscitore delle ragioni della politica, come dimostrano le esorbitanti richieste fatte ai reali spagnoli a titolo di compenso se avesse veramente donato alla Spagna un nuovo impero: patenti di nobiltà (con gli speroni d’oro), la decima parte di ogni provento delle terre scoperte (soprattutto in oro e spezie), il titolo di ammiraglio del Mare Oceano e la nomina a vicerè e governatore, da tramandare in perpetuo ai discendenti. Un ottimo uomo d’affari, un vero genovese. Come testimonia anche la ricca pensione di 10.000 maravedi promessa da Ferdinando a chi avesse avvistato per primo la nuova terra e da Colombo disinvoltamente reclamata e intascata insieme al premio di mille doblas d’oro, anche se a scoprire la terra era stato un marinaio – Rodrigo Triana – defraudato così di quanto gli spettava.