DOSSIER SPECIALE: IL CATALOGO DI UN’IMPORTANTE
COLLEZIONE DI PESI MONETALI PONTIFICI

(di Maurice Cammarano) | La passione di chi scrive per la numismatica, in particolare per le monete genovesi ma soprattutto per i “famosi” luigini, nasceva nel lontano 1979 quando mi iscrissi al Circolo Numismatico “Corrado Astengo” di Genova. L’interesse per i pesi monetali, invece, nacque quando un nostro socio e mio caro amico mi mostrò la sua collezione di pesi e bilancine pesa monete. Ne rimasi affascinato e cominciò così, quasi per caso, un lungo percorso di ricerca ed acquisto di questi insoliti dischetti o quadratini di “vile” metallo afferenti sia alla monetazione genovese che a quella papale, quest’ultima sicuramente più attraente della prima sia dal punto di vista estetico che storico. Creai così diverse raccolte di pesi monetali tra le quali, come già ricordato, anche una raccolta di pesi per monete di Genova acquistata dalla Banca CaRiGe nel luglio del 2007.

La collezione di pesi pontifici qui presentata consta di 190 esemplari, raccolti pazientemente e con grande impegno per anni; inizia con i primi pesi cinquecenteschi per arrivare alla fine del 1800 con il raro scudo d’oro di Pio IX; numerosi sono i pesi inediti, alcuni dei quali di grande rarità e bellezza. Da tempo, più precisamente dal 2004, avevo preparato una memoria su questo argomento con l’intenzione di farla pubblicare ritenendo che, salvo sporadici nuovi acquisti di materiale, la mia raccolta non sarebbe ulteriormente migliorata; pur sintetica (o essenziale) nella descrizione del suo insieme, forse immodestamente, ritenevo fosse già tra le più importanti collezioni sia per numero che per pezzi unici.

Forte di questa convinzione e totalmente assorbito dalla mia ricerca dei luigini, mi decisi a venderla a condizione però che rimanesse in Italia, conservata integra per rendere memoria di un’attività durata secoli e da tempo ormai scomparsa, meritevole di non essere dispersa in un’asta. L’ultimo mio intendimento: aspirare alla sua esposizione, come nel 2009 venne fatto con quella di Andrea Buti e Guido Zavattoni riunite assieme e cedute al Nobile Collegio del Cambio di Perugia (uniche altre due collezioni importantissime da me finora conosciute su questo argomento). Complici alcuni tentativi di vendita in Italia, non conclusi positivamente, e la già menzionata quasi assoluta dedizione ai “luigini”, abbandonai con rammarico questi miei propositi e nella primavera del 2008 vendetti la mia collezione in un’asta in Germania.

Visto come sono andate le cose, per non lasciare nel limbo questo mio appassionato lavoro, ho deciso allora di proporlo all’attenzione dei collezionisti di pesi monetali; certamente non può essere paragonabile a quello presentato nel libro “La collezione di pesi monetali del Collegio del Cambio di Perugia” (Franco Benucci Editore, Perugia 2009), raro esempio di organicità e completezza, ma ambisce a dare il suo modesto contributo allo studio dei pesi monetali papali.

Un po’ di storia dei pesi delle monete papali | Negli Stati Pontifici dal XIV secolo fino al 1573, con l’emissione dei ducati papali e successivamente con i fiorini di camera si fissò un sistema monetario basato su queste due monete d’oro puro a 24 carati e di peso costante. Dal 1533 al 1735 venne battuto dalla zecca romana lo scudo d’oro di titolo inferiore alle precedenti monete ed in seguito tra il 1729 ed il 1787 fu emesso lo zecchino d’oro; infine la doppia romana (1776-1834) d’oro a 22 carati. Queste monete, come in qualsiasi Stato sovrano, non avevano quasi mai identico peso poiché i maestri di zecca, controllato che lo scarto in più o in meno rientrasse nella tolleranza stabilita dal capitolato, dovevano preoccuparsi di produrre da un marco di lega (circa 2/3 di libbra) un preciso numero di pezzi ( il cosiddetto peso di taglio). 

La monetazione in oro dello Stato Pontificio era conosciuta ed apprezzata nel mondo di allora e come tutte le monete di grande prestigio, furono contraffatte e “tosate” per lucro. Nelle monete il diverso peso di taglio, il logorio causato dal loro uso prolungato o la “tosatura”, l’unico mezzo pratico ed efficace per verificare la discordanza tra il loro peso ufficiale e quello reale, fu la fabbricazione dei pesi monetali; sono quasi sempre in bronzo o in ottone, la loro forma è generalmente rotonda, a volte quadra o esagonale, raramente triangolare.

Sia negli Stati Pontifici che altrove, i pesi corrispondenti alle monete d’argento sono rari in quanto nelle trattazioni commerciali la moneta d’oro era preponderante. I primi pesi papali nel XVI secolo erano prodotti fuori Roma da privati, portano impresse una o due chiavi, le chiavi decussate con tiara, il profilo del pontefice o semplicemente delle scritte indicanti il loro valore in pistole e denari. La parola “pistola” deriva da “piastola”, piccola piastra, nome dato ad una moneta spagnola battuta verso il 1537 e corrispondente alle cosiddette “doppie” d’oro del peso di 6,7 grammi. Le pistole furono imitate in tutta Europa e usate soprattutto per i commerci con l’estero.

Altri pesi monetali papali antichi sono di fabbricazione lombarda, circolavano prevalentemente in quella regione e portano al rovescio un marchio di fabbrica costituito da una figura vescovile e le lettere SE interpretate come “Sanctus Episcopus” riferito a sant’Ambrogio vescovo di Milano o a sant’Eligio protettore degli orafi. A partire da Sisto V (1585), fu proibita la circolazione dei pesi se non preventivamente marchiati dal pesatore ufficiale della zecca, dovevano essere fabbricati dalla zecca pontificia o per conto di essa e al dritto dovevano avere il nome e lo stemma del pontefice ed al rovescio il valore della moneta corrispondente. Con questa disposizione i pesi papali divennero sempre più elaborati dal punto di vista tecnico, artistico e qualitativo, tanto da raggiungere in alcuni di essi delle vere proprie piccole opere d’arte. Un esempio è il rarissimo 4 scudi d’oro di Alessandro VII (Fabio Chigi) dove sul suo dritto compare lo stemma inquartato dei Chigi sorretto da due cherubini uno dei quali, quello di sinistra, non ha la testa ricciuta come quello di destra, bensì un teschio.

I marchi di fabbrica sono quei segni distintivi posti sul peso per poter individuare il fabbricante o l’autorità incaricata alla sua emissione. Possono anche essere i segni degli zecchieri o degli incisori così come le armette del presidente della zecca resi obbligatori con Clemente XI (1700). I punzoni di verifica sono le impronte in incuso ben distinti dai marchi di fabbrica che erano in rilievo e di maggiore dimensioni. Le armette dei presidenti di zecca potevano essere utilizzati anche come punzoni di verifica che attestavano la conformità del peso. Dal 1775 con Pio VI (1775) proliferarono i pesi prodotti da privati e quasi tutti di fabbricazione lombarda; la loro caratteristica è di avere impresso un giglio dalle numerosissime sue raffigurazioni, inoltre hanno il rovescio completamente liscio.

Nella tabella qui sotto sono riportati i punzoni di verifica più frequenti. La numerazione dei pesi, le sigle dei punzoni di verifica riportati nella presente collezione, è la stessa di quella utilizzata dal fondamentale volume di Fernando Mazza (“I pesi monetari di monete papali ”, edizioni Numismatica Grigoli, Suzzara 1990). I pesi della collezione non riscontrati nel Mazza sono stati catalogati come INEDITO. Per scaricare il Pdf del catalogo completo clicca qui.