(di Roberto Ganganelli) | La moneta è, fin dalla sua origine, non soltanto segno e riserva di valore, ma anche strumento di potere politico e potente veicolo di propaganda. L’ha capito anche l’Isis che ha di recente fatto sapere di aver coniato a nome del Califfato Islamico la prima serie di tagli metallici, rigorosamente ispirati ai dettami della religione musulmana e volti a consolidare l’immagine ufficiale dell’entità dai fluidi confini che si estende attualmente tra Siria ed Iraq. Alla nuova “autorità emittente” molti media hanno dedicato spazio, in Italia anche il “Corriere della Sera” (guarda qui il video). Un video che, nella versione integrale di propaganda, impiega quasi un’ora per illustrare “il ritorno del dinaro d’oro”. Obiettivo dichiarato della nuova “valuta” – le virgolette, al momento, sono d’obbligo -, spazzar via il predominio del “sistema finanziario capitalistico di schiavitù, sostenuto da un pezzo di carta chiamato dollaro della Federal Reserve“.
Il dinaro e i 5 dinari in oro a nome del Califfato Islamico (source: web)Il filmato non spiega dove stia avvenendo il conio del nuovo dinaro né come verrà distribuito e come sostituirà le valute che oggi circolano nei territori occupati dall’Isis in Iraq e Siria. Lo Stato islamico aveva annunciato l’intenzione di battere moneta già nel novembre 2014, cinque mesi dopo la conquista di Mosul e l’annuncio di Abu-Bakr al-Baghdadi sulla nascita del Califfato. Secondo l’economista iracheno Basim Jameel, la pubblicazione del video è un tentativo di risollevare il morale dei combattenti dello islamici, che nei mesi scorsi hanno subito pesanti sconfitte e perso il controllo di Tikrit. Jameel ha spiegato a “Bloomberg” che la produzione sarà relativamente semplice, dal momento che alcuni orefici di Mosul in anni recenti hanno importato dall’Italia macchinari in grado di produrre monete in quantità.
I tre tagli in argento dell’Isis: da sinistra i 10 dirham, il dirham e i 5 dirham (source: web)La moneta da un dinaro, unità base, contiene oro a 21 carati e, stando al video, pesa 4,25 grammi; con lo stesso metallo ne è stata coniata anche una da 5 dinari. Monete “di ostentazione”, a quanto si può supporre, mentre le transazioni quotidiane sono stati coniati tre tipi di dirham d’argento (1, 5 e 10) e due di spiccioli di rame denominati in fulus, con valori da 10 e 20. Su tutte le coniazioni campeggia un’identica iscrizione in arabo che recita: “Lo Stato Islamico, Califfato basato sulla dottrina del Profeta”.
Le immagini, secondo la tradizione e i dettami dell’Islam, sono secondarie e simboliche: banditi i ritratti umani, sulle due monete di rame campeggiano rispettivamente delle palme e una mezzaluna, mentre su quelle in argento immagini di luoghi di culto (il minareto bianco di Damaso e la moschea di Al-Aqsa), uno scudo e una lancia. Ogni iconografia è legata a passaggi del Corano, il testo sacro dei musulmani. Per quanto riguarda l’oro, infine, il dinaro reca la l’immagine – di per sé pacifica – di un campo di grano mentre il taglio massimo da 5 mostra un “minaccioso” planisfero, dal momento che l’obiettivo del Califfato è quello “di estendere la comunità islamica a tutto il mondo, anche a Roma e a New York”. Secondo fonti attendibili, l’oro impiegato per le coniazioni – di cui si ignora la consistenza – proviene, oltre che da riscatti ed estorsioni, dalle riserve sequestrate alle banche irachene nei territori conquistati dall’Isis. Il Dipartimento del Tesoro dell’Isis ha anche fissato il valore di cambio delle monete (espresso, paradossalmente, proprio negli odiati dollari americani): il dinaro del Califfato varrebbe 139 dollari, e le altre monete a proporzione.
Gli “spiccioli” da 10 e 20 fulus che dovrebbero entrare in circolazione nei territori controllati dall’Isis (source: web)Entreranno davvero in circolazione, le monete dell’Isis? O rimarranno uno strumento di propaganda dagli effetti limitati e locali? Difficile dirlo, molto dipenderà dall’evoluzione degli eventi bellici e delle campagne terroristiche che, non solo in Siria ed Iraq, vedono protagonisti i militanti dell’organizzazione. Certo è che un mezzo come Internet ha contribuito molto a dare rilievo – come non mai, nel passato – ad uno strumento di espressione del potere e delle ideologie quale, per sua natura, è la moneta.
Per approfondimenti sulle monete del Califfato Islamico si veda, ad esempio, il sito ufficiale www.isis-coins.com, multilingue e ricco di dati tecnici, perfino di rendering dinamici tridimensionali all’altezza di quello di una vera e propria zecca statale.