DALLA MONETA DI NAPOLI ALLA LIRA: VICENDE MONETARIE IN MERIDIONE | 1

Le monete in argento coniate in forza della riforma monetaria del 1818 erano soltanto quattro, e cioè: il carlino, del peso di grammi 2,294, chiamato tarì in Sicilia; il due carlini, del peso di grammi 4,588, che nei domini al di là del Faro prendeva il nome di due tarì; il sei carlini, del peso di grammi 13,765, chiamato in Sicilia sei tarì; il dodici carlini, del peso di grammi 27,532, che in Sicilia prende il nome di scudo o dodici tarì. Con successivo decreto del 31 maggio 1836, n. 3454, “considerando l’utilità che al Pubblico ed alle contrattazioni recherebbe la coniazione eziandio delle monete di mezzo carlino di argento”, si aggiunse nell’ordinamento monetario del Regno borbonico anche una quinta moneta d’argento da mezzo carlino o cinque grana, del peso di grammi 1,147.

La legge del 20 aprile 1818 stabiliva anche l’emissione di moneta in oro, al titolo di 996 millesimi, ma disponeva che essa, così come tutta l’antica moneta aurea circolante nel Regno, avrebbe avuto solo corso commerciale, dovendo essere scambiata ed accettata a peso. Le emissioni auree prevedevano la coniazione di oncette, del peso pari a grammi 3,786 e del valore corrente di ducati tre; di quintuple, del peso di grammi 18,933 e del valore corrente di ducati quindici; di decuple, del peso di grammi 37,867 e del valore corrente di ducati trenta. A seguito del decreto del 15 aprile 1826 n. 633, venne ripristinata la coniazione della dupla ovvero della moneta in oro da sei ducati e del peso di grammi 7,573, la cui battitura era stata sospesa fin dal 1785, portando così a quattro i nominali aurei prodotti nel Regno delle Due Sicilie durante il XIX secolo.

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Infine la monetazione in rame. La riforma monetaria del 1818 stabiliva che “al di sotto di dieci centesimi o sia di dieci grana, il loro valore è rappresentato in moneta di rame”. I tipi in rame puro contemplati dalla legge del 1818 sono il mezzo grano “volgarmente detto tornese”, del peso di grammi 3,118 e che in Sicilia prende il nome di grano siciliano o mezzo bajocco; il grano, o due tornesi, di grammi 6,237, che in Sicilia prende il nome di due grana siciliane o bajocco; il due grana e mezzo, o cinque tornesi, “volgarmente detto cinquina”, del peso di grammi 15,592, che in Sicilia è chiamato cinque grana siciliane o due bajocchi e mezzo; il cinque grana o dieci tornesi, del peso di grammi 31,185, chiamato in Sicilia dieci grana o cinque bajocchi.

In seguito al decreto di Ferdinando II del 9 aprile 1832, n. 837, “avendo conosciuto il bisogno di doversi coniare anche altre nuove piccole monete di rame per agevolare le minute contrattazioni, specialmente per la povera gente nelle provincie”, si ordinò la coniazione della moneta di mezzo tornese, del peso di grammi 1,559 e “corrispondente nel valore all’antica moneta col nome di cavalli tre”; di quella di un tornese e mezzo, del peso di grammi 4,677 e “corrispondente nel valore all’antica moneta col nome di cavalli nove”; di quella di tornesi tre “corrispondente nel valore all’antica moneta conosciuta col nome di pubblica” e del peso di grammi 9,355. Per eliminare la confusione dovuta all’utilizzo di differenti espressioni impiegate per indicare le medesime monete nella parte continentale del Regno ed in Sicilia, con decreto del 6 marzo 1820, n. 1908 Ferdinando I impose l’adozione in tutto il Regno, a partire dal 1° gennaio 1821, delle denominazioni esclusive di ducati, grana e cavalli.