(di Maurice Cammarano) | Il recente acquisto di questa rara moneta merita la sua presentazione anche perché, a mio parere, è la prima volta che compare sul mercato numismatico una contraffazione di un luigino di Dombes “dichiaratamente” battuto dalla zecca di Torriglia. Mi rendo conto che parlare di “contraffazione dichiaratamente battuta” da una zecca, potrebbe sembrare strano, ma avendo la pazienza di seguire alcune riflessioni tale espressione apparirà giustificata.
Poco tempo fa, scorrendo le pagine del catalogo di un’asta numismatica, trovai questa moneta che a prima vista mi sembrò essere un luigino di Torriglia; visto il suo splendido stato di conservazione, mi decisi a comprarla. Come a volte succede all’appassionato collezionista “in stato di astinenza”, preso da frenesia d’acquisto, mi convinsi che la moneta fosse di Torriglia, ignorando con supponenza l’attribuzione a Dombes data dal curatore dell’asta (“France, Dombes. Anne Maria Luisa d’Orléans (1627-1693). AR Luigino or 1/12 Écu (1665-A). Trevoux”), a motivo del suo bellissimo rovescio della moneta la cui legenda – e l’aquiletta con i due gigli nello scudo – dimostravano, senza ombra di dubbio, la sua appartenenza alla zecca di Torriglia.
Con la moneta in mano, riguardando il dritto, alcune incongruenze attirarono la mia attenzione: nonostante il busto fosse decisamente quello dell’autentico luigino di Torriglia, mi resi conto di un particolare per niente irrilevante: la legenda, non solo era evidentemente ribattuta, ma non apparteneva assolutamente a Torriglia bensì a Dombes. Ripresi allora in mano il catalogo dell’asta e con più attenzione, mi decisi a leggere tutta la descrizione dell’estensore dell’asta: “AN MALOV PRINC SOVV DE DOM, draped bust right / DOMINVS VIRTVS MEA E SALVS MEA, crowned coat-of-arms. Cf. Cammarano 45 (for obverse); Cf. Cammarano 383 (for reverse, Violante Doria Lomellini). 2.06g, 21 mm. This reverse type is only to be found on a rare issue of Violante Doria Lomellini, suggesting that the obverse of Anne Marie Luisa d’Orléans has been overstruck”.
L’estensore del catalogo dell’asta aveva descritto la moneta con precisione, salvo averla attribuita a Dombes (zecca di Trevoux). Capii quindi di non avere acquistato un luigino di Torriglia, ma una contraffazione di Dombes coniata da Torriglia. E queste sono le “motivazioni” che supportano la mia affermazione. Innanzi tutto nel complesso, dal confronto tra la contraffazione (fig.1) ed il luigino originale di Torriglia CL383 (fig. 2) sono evidenti le numerose caratteristiche distintive dei luigini di Torriglia che hanno in comune, salvo ovviamente la legenda del dritto. Sono quindi significativamente rilevanti le identità del rovescio: (1) la legenda con le sue interpunzioni di punti e le due stelle a 5 punte; (2) il tipo di gigli e l’aquiletta “grassa” nello scudo trigigliato; (3) l’anello della corona con cinque losanghe intervallate da due punti. Al dritto: (1) il busto della principessa è decisamente quello di Torriglia (fig. 2); (2) la legenda AN · MA · LO · PRINC · SOVV · DE · DO è identica a quelle dei luigini di Dombes (AN · MA · LOV · PRINC · SOVV · DE · DOM), salvo la mancanza della V di LOV e la M di DOM.
A questo punto due domande sono d’obbligo: perché il falsario, pur volendo contraffare la moneta di Dombes, si è “dimenticato” d’inserire nella legenda proprio la V di LOV e la M di DOM? Certamente non per mancanza di spazio sul tondello! Ma soprattutto: si tratta di vera o “voluta” dimenticanza? Prima di rispondere vorrei ricordare come le lettere LO e DO, guarda caso, siano esattamente le prime due lettere del cognome della principessa LOMELLINI DORIA, proprio quelle che si trovano nella legenda della moneta originale di Torriglia: DON · VI · LO · PRINCI · S · VED · DO · (DONNA VIOLANTE LOMELLINI PRINCIPESSA SOVRANA VEDOVA DORIA).
A mio parere, l’unica possibile risposta (ad entrambe le domande) potrebbe essere che sul dritto della contraffazione, come al rovescio, si sia deliberatamente dichiarata l’appartenenza del luigino alla zecca dei Lomellini Doria. E tutto ciò a quale scopo? Semplicemente perché, in caso di contestazioni sull’autenticità della moneta, sarebbe stato “più facile” asserire che non c’era nessun intendimento a falsificarla, in quanto sul dritto e sul rovescio era “chiaramente” individuabile la provenienza. Forse è una suggestiva e bizzarra ipotesi, ma considerando le pittoresche motivazioni di quel tempo per difendersi dall’accusa di essere dei falsari, potrebbe anche ritenersi plausibile.