(informazione pubblicitaria) Il 17 novembre la casa d’aste Editions Victor Gadoury di Monaco offre in vendita all’asta un’ampia collezione di monete e medaglie di Casa Savoia. Gli esemplari provengono dalle proprietà di un esponente della famiglia reale e passarli in rassegna è un’occasione per ripercorrere brevemente, in più puntate, la storia della dinastia regnante italiana.
Con il trattato dell’Aia del 1720 Vittorio Amedeo II era diventato re di Sardegna. Nel 1730 abdicò a favore del figlio Carlo Emanuele III, per ritirarsi a Chambery insieme alla moglie morganatica. Tornò però sui suoi passi per interferire pesantemente nelle decisioni politiche e militari del figlio. Fino a quando Carlo Emanuele lo fece incarcerare e Vittorio Emanuele II morì per malattia nell’ottobre 1732.
Carlo Emanuele III, duca, re riformatore
Alla morte del padre, Carlo Emanuele III divenne il re indiscusso di Sardegna e duca di Savoia. Nella penisola i suoi domini erano gli unici, insieme a Venezia e Vaticano, indipendenti dalle altre potenze europee e questa circostanza fece sì che alla famiglia Savoia fosse assegnato un ruolo speciale nel movimento di indipendenza italiana. Almeno idealmente il duca di Savoia e re di Sardegna si trovò a ricoprire la funzione di rappresentanza nazionale italiana.
L’esperienza delle guerre di successione polacca e austriaca – terminate con la rinuncia al ducato di Milano e la riacquisizione di Nizza, Savoia, Vigevanese con l’estensione della frontiera fino al Ticino, Vogherese e Oltrepò Pavese – aveva insegnato a Carlo Emanuele III la volatilità del peso militare di vittorie e sconfitte. Per questo, durante la guerra dei Sette anni scelse la neutralità e mentre le altre nazioni si dilaniavano, Carlo Emanuele riformò il suo stato. Accentrò i poteri in modo assolutistico, introdusse la meritocrazia nelle gerarchie militari e, grazie alla consulenza di Jean Jacques Rousseau, fu il primo in Europa a istituire un catasto. Ridusse le autonomie locali (abrogò per esempio i privilegi della Valle d’Aosta), eliminò prerogative feudali e limitò la libertà di stampa. Nel 1750, come ringraziamento per le conquiste territoriali ottenute, organizzò l’ostensione della Sindone.
La ricca produzione monetale della zecca di Torino, che coniava un gran numero di monete d’oro e argento, testimonia la ricchezza e il potere economico del territorio in quel periodo. Le monete si dividono in un primo e un secondo periodo e lo spartiacque è un’importante riforma decisa nel 1754. Fino al 1755 in Savoia circolava una gran varietà di monete d’oro e d’argento di tipologie diverse: furono demonetizzate e riconiate in nuove monete d’oro e d’argento basate sul carlino (dal suo soprannome) e la doppietta sarda alla zecca di Torino. Lo scudo nuovo con tutte le sue numerose frazioni divenne l’esemplare d’argento più importante della monetazione.
Vittorio Amedeo III e lo scontro con Napoleone
Nel 1773 assunse la carica di re di Sardegna e duca di Savoia il figlio maggiore di Carlo Emanuele III. Vittorio Amedeo III, devotamente religioso e convinto del diritto divino dei sovrani, era contrario a qualsiasi tentativo di riforma in senso liberale. Per lui la Rivoluzione francese fu uno shock.
Vittorio Amedeo III si schierò immediatamente con i monarchici e fu sconfitto in modo schiacciante per tre volte dall’armata d’Italia di Napoleone Bonaparte. Nel 1796 dovette firmare un trattato di pace che imponeva condizioni umilianti: la cessione del ducato di Savoia alla Francia in cambio del solo mantenimento del Regno di Sardegna. A Torino fu proclamata la Repubblica piemontese. Un ictus pose fine alla vita di Vittorio Amedeo qualche mese più tardi. Al figlio lasciò un regno dissestato.
Mezzo scudo della Repubblica piemontese, battuto a Torino nel settimo anno, cioè nel 1799. Base d’asta: 2.500 euro.
L’inutile regno di Carlo Emanuele IV
Carlo Emanuele IV, figlio di Vittorio Amedeo III, fu lasciato solo con il titolo e il governo sul regno di Sardegna. Malaticcio, epilettico, psicologicamente fragile, prese il potere nel 1796 ma nel 1802 abbandonò la sua carica e prese il potere il fratello minore per poter trascorrere il resto della vita solitaria come un semplice fratello nell’ordine dei gesuiti.
La rivincita di Vittorio Emanuele I
Nel 1802 entrò in scena il fratello minore di Carlo Emanuele IV. Vittorio Emanuele I si stabilì in Sardegna da dove riorganizzò il suo piccolo regno. Alcuni risultati delle sue riforme hanno ancora oggi effetto durevole, come la creazione del corpo dei carabinieri e del ministero della Marina.
Ferocemente antinapoleonico, al tavolo del Congresso di Vienna riuscì a riguadagnare tutti i suoi precedenti territori, con l’aggiunta della Repubblica di Genova.
Vittorio Emanuele I governò con polso di ferro e la sua severità gli valse il soprannome di “Tenacissimo”. Revocò il codice napoleonico, restituì i privilegi alla nobiltà e al clero cercando alleati tra le famiglie reali più antiche d’Europa. Se lui stesso aveva sposato l’arciduchessa d’Austria Maria Teresa, nipote dell’ultimo imperatore dell’Impero romano, le figlie sposarono tutte discendenti della dinastia Asburgo. Tranne Maria Teresa, che andò in sposa al duca di Parma Carlo II, discendente della linea spagnola dei Borboni.