Dopo l’articolo sulle banconote della Repubblica degli anni Quaranta e Cinquanta, proseguono i brevi interventi che delineano rapidamente la storia della cartamoneta italiana. In questo, veloci riflessioni sulle occupazioni militari che l’Italia ha fatto e subito durante le due guerre mondiali.
Di Claudio Giacchetti. Le banconote di occupazione sono quelle emesse in particolari periodi storici, allorché uno stato in conflitto ha occupato, tutto o in parte e per un certo periodo di tempo, il territorio appartenente a un’altra nazione. Oltre a imporre proprie leggi e regole dettate dalle necessità del momento, spesso per l’occupante è nata l’esigenza di dover influire pesantemente sull’economia locale, emettendo moneta sotto la propria autorità. Queste tipologie di emissioni hanno così rappresentato, anche esteticamente, il punto di vista dello stato occupante e ne hanno simboleggiato il proprio potere sul territorio occupato militarmente.
L’Italia occupata
Dopo la ritirata da Caporetto del 24 ottobre 1917, l’esercito austro-ungarico occupò il Veneto fino alla linea del Piave. Nella primavera del 1918 le autorità austriache decisero l’emissione di buoni di cassa destinati alla circolazione nei territori occupati. Gli italiani che risiedevano lì furono costretti ad accettarli. L’anno seguente, dopo la vittoria, il governo italiano provvide al rimborso, solo parziale, dei suddetti buoni, dapprima al 40 per cento, in seguito al 20 per cento del valore facciale.
La cartamoneta italiana era diversa da quella degli occupanti, per colori, dimensioni e diversificazione delle immagini. Lo stato italiano di allora contava un’alta percentuale di popolazione analfabeta che riconosceva il denaro esclusivamente dal colore, dalle figure rappresentate e dalle dimensioni, che dovevano quindi essere molto diverse tra i vari tagli.
Dagli esempi di banconote circolanti allora nell’Impero austroungarico, risulta che la somiglianza stilistica con i biglietti di occupazione è indiscutibile.
L’Italia che occupa
In alcuni casi l’impronta dell’occupante è stata ancora più evidente. Nelle seppur rare occasioni in cui l’Italia si è trovata a occupare temporaneamente il territorio di altre nazioni, ha “esportato” il proprio modo di concepire la cartamoneta. Per esempio, la banconota da 20 franchi dell’Albania, emessa nel 1939, copia nel disegno, nei colori e nelle dimensioni le nostre 100 lire Aquila romana.
Con l’occupazione dell’Africa orientale, nel 1938 il governo italiano autorizzò l’emissione di cartamoneta specificatamente destinata alla circolazione nei territori dell’Aoi. Tutte le banconote della serie, da 50, 100, 500 e 1000 lire, erano identiche a quelle corrispondenti che circolavano contemporaneamente in Italia, con solo una variazione cromatica.
In un caso, però, l’Italia si distingue per aver rispettato nell’emissione monetaria le caratteristiche culturali del paese di cui era responsabile dell’amministrazione: nel caso dell’amministrazione fiduciaria, per conto delle Nazioni Unite, della Somalia Afis, dal 1950 al 1960. Vennero emesse banconote in somali con figure che rispecchiavano i tratti culturali e alcune tipiche rappresentazioni del paese africano.
L’Italia occupata dagli Alleati
Nell’ottobre del 1942 la controffensiva alleata conquistò la Tripolitania italiana e nel luglio 1943, dopo lo sbarco in Sicilia, gli inglesi emisero proprie banconote d’occupazione che poco o nulla concedevano a facilitarne la comprensione agli italiani ormai vinti. Nel sistema inglese, infatti, una sterlina era composta da 20 scellini, a loro volta divisibili in 12 pence, si trattava di 2,5 scellini, detti anche half crown, mezza corona. Di fatto il cambio lira-sterlina era 400 a 1.
Infatti le nuove banconote non furono accolte bene dalla popolazione, ma vennero in aiuto le AM lire statunitensi, anche queste emesse nel 1943, dopo lo sbarco in Sicilia.
Sia per questioni di tempo – le banconote erano state stampate in tutta fretta – , sia per il valore sempre più in ribasso della lira italiana, gli esemplari di piccolo taglio, da 1, 2, 5 e 10 AM lire, erano quadrotte quasi senza immagini, tra loro molto simili nei colori e nelle dimensioni. Quelle di taglio più elevato, da 50, 100, 500 e 1000 lire, misuravano il doppio di lunghezza rispetto ai biglietti di minore valore e ricordavano nelle dimensioni e nello stile i dollari statunitensi.
La valuta americana circolò, peraltro, prima nei territori dell’Africa orientale riconquistati dagli alleati e poi in Sicilia, contrassegnati da un vistoso bollino giallo. Il valore era fissato in 100 lire italiane.
Per facilitarne la comprensione alle truppe di occupazione venne ideata anche una seconda emissione di AM lire che aggiungeva alla precedente, anche in inglese, la scritta in lettere del valore facciale:
Grazie anche all’estrema semplicità di questi biglietti, privi di forti elementi di sicurezza, queste banconote furono falsificate in quantità, sia da professionisti della contraffazione sia in maniera più artigianale.
Le AM lire continuarono a essere considerate moneta di occupazione fino al dicembre del 1946, quando, a seguito di accordi tra il governo americano e quello italiano repubblicano, furono equiparate alle banconote emesse dalla Banca d’Italia. Circolarono nel nostro paese fino al 3 giugno 1950 quando andarono fuori corso e vennero ritirate.
Gli occupanti americani cercarono di imporre fino alla fine il loro modo di intendere la moneta, tanto che, sotto il controllo del Tesoro, fecero stampare dall’American Bank Note Company un progetto riguardante i tagli da 100, 500 e mille lire che non fu attuato solo per la grande determinazione dei dirigenti della Banca d’Italia di allora, che lo respinsero fermamente ritenendo tali biglietti assolutamente non adatti.
Con la nascita della Repubblica Italiana, iniziarono a essere emesse serie di banconote e biglietti di Stato in lire considerate tra le più belle del mondo, che per più di 50 anni, fino all’introduzione dell’euro, sono state una parte importante della nostra storia.