(di Stefano Poddi) | Giuseppina Martinuzzi (1844-1925) era la figlia di Giovanni Martinuzzi, più volte podestà di Albona (oggi Labin), una pittoresca cittadina dell’Istria e come molte delle figlie della buona società del tempo, studiava per diventare maestra. Tale attività, che esercitò per 32 anni, oltre a valergli l’appellativo de “la maestra di Albona”, la portò a stretto contatto con la gente più umile del sottoproletariato urbano, condividendone ansie, aspettative e bisogni. Giuseppina, educatrice per vocazione, era anche una letterata, scrittrice, poetessa e giornalista, ma l’elemento che caratterizza la sua personalità era quello di essere una fervente patriota e una instancabile combattente dell’irredentismo giuliano. In questo ambito si inquadra quindi, dopo numerose partecipazioni in varie pubblicazioni, la fondazione di un periodico letterario tutto suo, il “Pro Patria”, per il quale viene ripetutamente ammonita dalla Imperial-Regia Luogotenenza austriaca di Trieste, che non ravvisava nella pubblicazione riferimenti ad avvenimenti o fatti storici che “fossero in grado di destare ammirazione e amore per la Casa d’Austria”.
Simbolo cooperativistico (source: author)Ai primi del novecento la Martinuzzi, si impegnò nella politica attiva nella corrente del cosiddetto “socialismo umanitario” e scrisse: “All’amore di patria e’ subentrato nel mio cuore l’amore per gli oppressi e per i sofferenti di tutte le patrie”. A Pola, il 12 agosto 1900, proprio sulla base dei principi di solidarietà del socialismo umanitario, Giuseppina Martinuzzi illustrava la sua proposta di Cooperativa. La premessa era semplice ma intrisa di una logica ferrea: “Poi che la cooperazione tra ricchi e’ poveri non e’ possibile, perché non creare la cooperazione tra i poveri?”.
Prima serie: buono da 5 corone emesso nel 1914 (mm 113 x 72) (source: author)
Con questi presupposti nascevano ad Albona e a Pola due cooperative di consumo e la Cooperativa di Pola in un solo anno (1901) realizzava un risultato eccezionale, con un utile netto di 14.000 corone. Sull’onda di questo successo, il 26 ottobre del 1903, si celebrò il congresso costitutivo delle Cooperative Operaie di Trieste, che già nello statuto destinava il 50% degli utili al dividendo da distribuire fra i soci. Seguendo il criterio morale di evitare spese superflue, tale dividendo non veniva ripartito in contanti, ma in “buoni” da utilizzare per fare acquisti negli spacci delle cooperative stesse, la quota di partecipazione come soci della cooperativa era fissata a 10 corone austrio-ungariche. Le Cooperative Operaie di Trieste aprirono il primo spaccio alimentare il 3 dicembre del 1903, nel quartiere popolare di San Giacomo di Trieste, in via dell’Istria all’angolo di via Montecchi. La novità fu grande, sebbene l’inizio fu alquanto stentato perché fortemente ostacolato dai negozianti, ma nel 1906 la Cassa Distrettuale Ammalati, forte dei suoi 40.000 iscritti, si fa socia delle Cooperative Operaie e rilascia ai propri assistiti dei buoni merce da ritirare presso gli spacci convenzionati. Inizia quindi una crescita continua, il 17 novembre del 1909 la ragione sociale cambia in Cooperative Operaie di Trieste, Istria e Friuli. Dopo molti anni, nel 1967 a Milano nasce Coop Italia, consorzio nazionale d’acquisto di tutte le cooperative di consumo italiane.
Seconda serie: buono da 50 centesimi di lira emesso nel 1920 (mm 70 x 50) (source: author)
I primi buoni merce, emessi nel agosto 1914 in corone (Trieste dopo il periodo napoleonico era tornata sotto l’Impero Austrio-Ungarico), vennero probabilmente stampati dalla ditta Carl Schleicher und Schüll diDüren in Germania, su carta filigranata con le parole SCHLEICHER BANKNOTE scritto su due righe nei valori 0,50 corone, 1 e 2 corone, mentre i buoni da 5 corone hanno dimensioni e cornice leggermente differenti dagli altri tagli, inoltre risultano senza filigrana, non sappiamo se per scelta o per un’asimmetria tra la carta filigranata e la matrice in fase di stampa. Sul retro di quasi tutti i buoni si trova un timbro a inchiostro blu che recita: COMMISSIONE | DELLE ORGANIZZAZIONI PROFESSIONALI | TRIESTE. Nel marzo 1920, annessa Trieste al Regno d’Italia, venne emessa la seconda serie di buoni nei valori nominali da 5, 10 e 50 centesimi di lire: sono biglietti particolarmente rari ed una serie è presente nella collezione del marchese di Colloredo Mels, donata al Museo Civico di Udine.