(di Antonio Castellani) | Prende in esame la storia, nell’ambito dei confini della Penisola, di una delle monete decimali in oro più famose – il marengo, per l’appunto – il nuovo libro edito dalla Bolaffi e firmato da Roberto Ganganelli, direttore de “Il giornale della numismatica”. In ottanta pagine a colori, ricche di illustrazioni e ingrandimenti di esemplari talvolta rarissimi, l’autore ripercorre innanzi tutto la genesi del primo conio da 20 franchi a nome della Repubblica Subalpina coniato dopo la battaglia vinta da Napoleone l’8 giugno dell’anno 1800 per poi descrivere ed approfondire le tipologie a nome del Grande Corso – quelle come imperatore dei Francesi e quelle come re d’Italia, senza dimenticare i “napoleonidi” dal destino più o meno fortunato che batterono marenghi in Italia: Gioacchino Murat a Napoli e Maria Luigia nel Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla.
Scrive l’autore: “Il marengo è stato innanzi tutto moneta corrente, reale e ‘sonante’, passando di tasca in tasca come contropartita di innumerevoli piccole e grandi transazioni commerciali (oppure come dono!) e finendo, spesso, per essere gelosamente custodito di generazione in generazione come riserva di valore, al riparo dalla ‘leggerezza’ della cartamoneta e, più in generale, dalla volatilità del potere d’acquisto insita in ogni valuta. Ma il marengo è stato anche mezzo formidabile di propaganda per il potere politico e i suoi detentori […]”. Ampio spazio è dedicato, perciò, al marengo sabaudo, nel periodo del Regno di Sardegna da Vittorio Emanuele I a Vittorio Emanuele II; con la prima metà dell’Ottocento si intrecciano anche le vicende dei rari e bellissimi marenghi risorgimentali da 20 lire coniati a Milano e a Venezia nel 1848 e quella della rarissima 20 lire oro a nome delle Regie Provincie dell’Emilia che prelude all’Unità d’Italia.
“Anno Domini 1866: quando il papa abdicò alla lira” è invece il titolo del capitolo dedicato alla nascita, nel 1866, della lira pontificia che porta Pio IX ad “adeguarsi” non solo alla nuova lira italiana introdotta con la Legge monetaria n. 788 del 1862, ma – in fondo – al modello monetario portato in Italia niente meno che da Napoleone. Dopo la genesi dell’Unione Monetaria Latina, i marenghi di Vittorio Emanuele II e Umberto I, Ganganelli passa ad analizzare le tipologie coniate dal “re numismatico” Vittorio Emanuele III nei primi decenni del Novecento: Aquila araldica, Aratrice e Fascetto, presentando anche progetti e modelli poco noti, curiosità ed approfondimenti sugli autori delle coniazioni.
Approfondimenti che si trovano, del resto, in tutto il volume con citazioni letterarie ed incursioni interessanti sia nel campo della medaglistica celebrativa che nella cartamoneta e delle decorazioni, come pure è possibile scoprire, qua e là nell’opera, una serie di aneddoti poco noti sugli incisori, sul potere d’acquisto delle monete nelle diverse epoche storiche, sulle legende e le iconografie. Non manca, per dovere di completezza, una parte finale nella quale si mostra come – finita “l’età dell’oro” – il nominale da 20 lire italiane abbia lasciato le vesti più preziose per trasformarsi – dagli anni Venti del secolo scorso alla II Guerra Mondiale – in moneta d’argento.
Chiude il volume “L’albero genealogico dei marenghi d’Italia”, particolarmente curato nella veste tipografica, un utile prospetto riassuntivo di tutte le tipologie emesse con immagini al vero, descrizioni sintetiche (quelle per esteso si trovano nel testo), date di emissione e totale degli esemplari coniati. Un’opera agile, rigorosa ma di agevole e piacevole fruizione, nata con il duplice scopo di colmare una lacuna nella bibliografia numismatica e di avvicinare nuovi collezionisti alla numismatica italiana, attraverso quella che è una delle sue monete simbolo.