(di Fiamma Briziarelli) | Negli ultimi anni le immagini, intese come mezzi di comunicazione, stanno invadendo qualunque luogo in cui ci troviamo, sia esso un fisico o virtuale; le immagini, al giorno d’oggi hanno molteplici modi per essere rappresentate grazie al mondo digitale, in continua evoluzione, che abbraccia una moltitudine di campi. Così che ovunque ci troviamo, pur non essendone coscienti, il nostro cervello immagazzina una serie di informazioni che ci condizioneranno e che, volenti o nolenti, creeranno in noi una sorta di “misura della realtà”.
Da sempre le immagini hanno costituito una sorta di linguaggio dotato di segni che assumono significati particolari. Il linguaggio delle immagini è dotato di segni che assumono valore simbolico in relazione al significato che attribuiamo a ciò che osserviamo, o al valore pragmatico degli scopi della comunicazione. In età antica troviamo l’esemplificazione di questo concetto “tanto moderno quanto fondamentale per indirizzare la coscienza sociale”, infatti: già durante la prima età imperiale l’utilizzo di un determinato tipo di immagine è diventato fondamentale sulle monete, per poter, appunto, indirizzare la coscienza sociale del popolo e non solo di quei colti e o abbienti che avevano la fortuna di ammirare opere scultoree (prime forme di immagine funzionale, come mezzo cognitivo secondo diversi canoni).
Notiamo infatti, nella prima età imperiale, che uno degli scopi della moneta era quello di supportare la propaganda politica del “princeps”, anno dopo anno, in modo molto più capillare di quanto potesse fare la ritrattistica ufficiale sia lapidea che pittorica. La moneta, infatti, era diffusa capillarmente e passava di mano in mano, mentre i ritratti pittorici e la statuaria erano visibili solo da una parte della popolazione e in sedi particolari.
La moneta, oltre a presentare la figura del capo supremo, detentore del potere civile e militare, consacrato dal valore religioso, porta sul rovescio una tipologia iconografica ed una legenda che trasmettono messaggi di potenza per i successi militari, di pace, concordia, religiosità imperiale ed anche rappresentazioni di monumenti od opere pubbliche commissionate dal potere centrale. Ecco che le monete avevano dunque una valenza propagandistica: chi non sapeva leggere conosceva dal dritto, la figura dell’imperatore e dal rovescio le sue attività del tempo, proprio come oggi, l’immediatezza di un’immagine riusciva a dare delle informazioni di base e così ad orientare “le tendenze”.
Qual è, il soggetto più utilizzato per catalizzare l’attenzione sulle immagini, al giorno d’oggi? Ovviamente la donna; un fenomeno che ha avuto la sua origine nell’antichità, per la prima volta nella monetazione tolemaica e successivamente in quella romana; chiaramente le figure di riferimento erano le mogli degli imperatori. Inizialmente le “Augustae”, raffigurate solo dopo la morte, occupavano il rovescio della moneta ed erano identificate con divinità. Le espressioni, come per i maschi, sono austere e di profilo, per dimostrare l’importanza della donna come moglie e madre.
Evoluzione importante si è avuta con la dinastia Giulio-Claudia, nella quale si osserva una contaminazione di stampo neoattico, soprattutto nei ritratti di Livia. Quanto più possibile idealizzata, occhi grandi, intensi ed un’acconciatura classicheggiante, un po’ come un moderno “perfezionamento di un’immagine digitale”, i tratti ed i particolari venivano “aggiustati secondo il modello di bellezza che si voleva evocare”, in questo caso l’intento era la semplicità.
A seconda del concetto che si voleva trasmettere però, c’era anche bisogno di realismo, infatti il ritratto di Agrippina Maggiore (sguardo serio e capelli ondulati in una lunga treccia) si proponeva di ricordare colei che aveva garantito la successione grazie alla fertilità. Un imponente cambiamento si ha con Agrippina Minore, perché per la prima volta nella storia dell’impero, una donna della famiglia regnante è raffigurata ancora vivente.
In conclusione, probabilmente si è tentato in passato e si tenta tutt’oggi, solo con diversi mezzi, dettati dalle diverse epoche di appartenenza, di dare un’interpretazione oggettiva alla realtà o quantomeno di veicolare la realtà tramite, non solo ma anche, l’uso delle immagini le quali – senza che l’uomo lo percepisca in modo esplicito – riescono a veicolare e “normalizzare” le opinioni, anche se forse sarebbe più interessante riuscire a rispondere a queste sollecitazioni in modo critico, magari pirandelliano, ricordandosi che “Così è, se vi pare”.