(di Gabriele Lepri) | Su una tipologia di sesterzi e assi emessi dall’imperatore Tiberio in restituzione del suo predecessore Augusto è raffigurato al rovescio un edificio rotondo con quattro o sei colonne ioniche. L’edificio è racchiuso da un tetto conico che presenta all’apice una statua acroteriale in piedi con una patera nella mano destra e uno scettro nella sinistra. Fra le colonne si intravede un edificio rotondo con porta centrale chiusa; la struttura posa su un basamento di due gradini ed è ornata con antefisse architettoniche arcaizzanti. Ai lati dell’edificio compaiono due alti piedistalli che sostengono un toro nel lato sinistro ed un ariete nel lato destro, tutti e due rivolti verso il tempio. Queste monete sono comunemente datate fra il 22 e il 23 d.C.
Moneta di restituzione emessa da Tiberio in ricordo di Augusto (Ae, mm 27,00, g 16,13) (source: Numismatik Lanz München, Auktion 109, 2002, lot 287)Questa struttura è stata subito riconosciuta come il Tempio di Vesta data la sua inequivocabile architettura, ma nel corso degli studi ha avuto diverse interpretazioni: ad esempio il Degrassi lo interpretò come il tempio del foro e Guarducci come il tempio sul Palatino, quest’ultimo menzionato per la prima volta da Ovidio nei Fasti. Ovidio, parlando del 28 aprile, si sofferma su una festività in onore di Vesta con le seguenti parole: “Prendi per te questo giorno, o Vesta! Vesta è stata accolta nella casa del suo congiunto: così giustamente, decisero i padri. Febo ne possiede una parte; l’altra fu assegnata a Vesta; il terzo, Augusto in persona, occupa quella che rimane. Durate a lungo allori del Palatino, e a lungo duri la casa adorna di una quercia: da sola ospitò tre divinità eterne”. Inequivocabilmente Ovidio parla dell’ingresso nella casa di Augusto del culto di Vesta nel 12 a.C., quando il princeps fu nominato pontefice massimo il 6 marzo dopo la morte di Marco Emilio Lepido. Il poeta porta ad esempio il precedente ingresso del culto di Apollo sul Palatino che a noi è ben noto: Augusto dopo la vittoria su Sesto Pompeo del 36 a.C. acquistò diverse abitazioni sul colle Palatino e una parte le rese pubbliche votandovi il Tempio di Apollo in ricordo della battaglia, che fu terminato nel 28 a.C. Nella data del 28 aprile due calendari, il Ceretano ed il Prenestino, collegano Vesta al Palatino ed alla casa dell’imperatore, oltre che nominare una statua e una struttura dedicata al suo culto. Il pontefice massimo, che era capo e protettore delle vestali, secondo la tradizione doveva abitare nella domus publica nel Foro presso il Tempio di Vesta e la Regia. Come si può notare dagli esempi sopra esposti Augusto non volle lasciare la sua abitazione del Palatino e quindi fece salire al colle il culto di Vesta, ristabilendo il vincolo reale che c’era fra il pontefice massimo e la dea.
Denario a nome di Q. Cassius con al dritto il ritratto di Vesta e al rovescio il relativo tempio (Ag, mm 19,00, g 4,05) (source: Roma Numismatics Limited Auction 2, 2011, lot 490)
Per poter identificare con certezza il tempio raffigurato sulle monete di Tiberio analizziamone l’iconografia: fra l’immagine classica del tempio di Vesta sul denario emesso a nome di Q. Cassius nel 57 a.C. e questi sesterzi ed assi vi è una differenza enorme rappresentata dai grandi basamenti laterali con sopra un toro e un ariete sulla raffigurazione del tempio tiberiano. Nella rappresentazione del tempio di Vesta sulle monete romane questo è un unicum, fatto su cui occorre riflettere poiché queste due statue di animali possono essere viste come la grande differenza che separa la raffigurazione del tempio di Vesta sul Palatino con quello del Foro. La cosiddetta “Base di Sorrento” è un monumento formato da tre blocchi che ci è giunto a noi non in perfette condizioni, che forse doveva essere un basamento per delle statue. Le scene rappresentate sui rilievi delle quattro facciate sono stati così letti: sul lato A c’è un gruppo di cinque vestali che procedono a destra verso il punto dove è situato il gruppo costituito da Vesta seduta fra due figure femminili stanti, il tutto è davanti ad uno sfondo architettonico costituito da un portico ionico nascosto da panneggi che si interrompe in corrispondenza di un edificio rotondo alle spalle di Vesta al cui interno si intravede un palladio; il tempio è fiancheggiato da due pilastri che sostengono le statue di un toro e di un ariete. Sul lato B è rappresentato un gruppo di figure interpretate come Diana, Apollo e Latona e identificate con il gruppo cultuale del tempio di Apollo Palatino. Del lato C rimangono solo una figura seduta con cornucopia, Eros giovinetto e la rappresentazione di Marte Ultore. Del lato D, invece, rimangono solo tre figure verso destra che sono la Magna Mater seduta su un trono fra leoni, con accanto un coribante e una figura femminile.
Vesta raffigurata nel “Manual of Mythology. Revised edition” di Alexander S. Murray, Philadelphia 1895 ( source: web)Due lati su quattro della “Base di Sorrento”, dunque, rappresentano sicuramente scene collocabili sul Palatino, cioè il gruppo cultuale del Tempio di Apollo Palatino e una cerimonia in onore della Magna Mater il cui tempio sul Palatino fu restaurato da Augusto. È stato osservato che la colonna angolare del lato A si lega indissolubilmente al colonnato che prosegue sul lato C, dove sono raffigurati Marte Ultore, Eros giovinetto e una figura seduta con cornucopia; sul colonnato del lato C è raffigurata la corona civica che individua senza possibilità di dubbio la casa di Augusto sul Palatino come lo stesso princeps narra nelle Res Gestae. Quindi la scena raffigurata nel lato A della base di Sorrento doveva essere ambientata nella casa di Augusto sul Palatino.
Concludendo, si può affermare con sicurezza che il Tempio di Vesta rappresentato sulle monete emesse sotto Tiberio è quello localizzato nella casa di Augusto sul Palatino, che si contraddistingue da quello nel Foro grazie alla presenza delle basi con sopra iltoro e l’ariete. Infatti gli incisori che curarono l’iconografia del tempio sulla moneta, in assenza di legende esplicative, inserirono anche questo particolare macroscopico per far ben distinguere l’edificio palatino da quello del Foro. Verosimilmente Tiberio volle rendere onore al suo padre adottivo, diventato divus, propagandando l’unione di Augusto con Vesta proprio attraverso il suo tempio sul Palatino e sacralizzando ancora di più l’immagine del primo imperatore di Roma.