(di Roberto Ganganelli) | “La benevolenza [è] spontanea, la punizione [è] ricercata”: così Mario ed Alfonso Traina traducono dal latino la legenda monetale di cui ci occupiamo in questo articolo, e che troviamo su tutte le monete, in oro e in argento, pertinenti al Granducato di Toscana e coniate dalla zecca di Firenze, per la città portuale di Livorno, recanti al dritto lo stemma mediceo coronato con il nome del regnate granduca d’Etruria e, al rovescio, due eleganti piante di rose intrecciate. Parliamo, ovviamente, di una delle tipologie più note del periodo tra XVII e XVIII secolo: la pezza della rosa con i suoi multipli (la doppia) e i suoi sottomultipli (la mezza e il quarto).
Pezza della rosa in oro e pezza della rosa in argento del 1718 a nome di Cosimo III de’ Medici (source: archive)
“Con questa impresa (il motto venne ideato dal bibliotecario di corte Francesco Rondinelli, 1589-1655) – scrive Traina – Ferdinando II de’ Medici (1610-1670) lanciò un messaggio ai suoi nemici: come la rosa, nonostante la sua grazia e bellezza (GRATIA OBVIA), ha le spine che la proteggono contro chi vuole rovinarla (VLTIO QVAESITA), così il granduca, pur essendo di animo buono, non avrebbe esitato a rintuzzare qualsiasi offesa. Questo, secondo il Galeotti; altri, con minor fondamento, riferiscono il motto alla città di Livorno”.
Carlino maltese coniato al tipo della pianta di rose nel 1720-1722 (source: archive)
Identica legenda si riscontra su un altro tipo monetale dell’area italiana, il carlino coniato a nome del senese Marc’Antonio Zondadari (1658-1722), nella sua veste di gran maestro dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme; il soggetto, in questo caso, essendo conosciuto dallo Zondadari per la sua origine toscana, venne probabilmente usato non solo per l’eleganza ma anche per il suo indubbio significato unione tra forza e floridezza.
All’origine dell’impresa “GRATIA OBVIA VLTIO QVAESITA”: Ferdinando II de’ Medici e una splendida medaglia col suo ritratto (source: archive)
Le piante di rosa intrecciate, abbinate ad un magnifico ritratto di Ferdinando II de’ Medici, campeggiano infine anche su medaglia, ad esempio su una magnifica fusione in bronzo di grande modulo (mm 87) realizzata dal grande medaglista Antonio Selvi.