(di Michele Cappellari) | Con Legge 17 marzo 1861 n. 4671 Vittorio Emanuele II assunse per sé e suoi successori il titolo di re d’Italia. I territori degli antichi Stati italiani, che fino a quel momento erano stati annessi al Regno di Sardegna, divenivano ora parte integrante del Regno d’Italia sotto la corona del monarca sabaudo. Negli ex domini borbonici dell’Italia meridionale e della Sicilia, la politica di unificazione monetaria intrapresa dai governi dittatoriali ha sortito finora effetti pressoché insignificanti. La riapertura della zecca di Palermo, disposta dalla prodittatura, si rivela un atto puramente formale, atteso che lo stabilimento monetario isolano rimarrà del tutto inoperoso, venendo dapprima “degradato” ad “Ufficio del cambio delle paste d’oro e d’argento” e poi, con Regio Decreto 9 ottobre 1864, n. 1963, definitivamente chiuso con decorrenza 1° novembre 1864; quello di Napoli, come abbiamo visto, sarà in questa fase impegnato a coniare esclusivamente moneta spicciola in bronzo da 1, 2 e 5 centesimi, che però non ha ancora corso legale nelle province meridionali. In quelle regioni infatti, la monetazione italiana avente corso legale è al momento solo quella in argento (per il corso legale della moneta di bronzo italiana da 1, 2 e 5 centesimi in Sicilia, vedi quanto riportato in relazione all’art. 11 della Legge prodittatoriale del 17 agosto 1860).
Tale situazione comporta che in questo momento storico, negli ex dominii borbonici la circolazione monetaria è ancora caratterizzata dall’assoluta prevalenza delle antiche valute, tanto che la disposizione prodittatoriale che obbligava dal 1° gennaio 1861 notai e pubblici ufficiali siciliani ad esprimere, accanto ai valori indicati in moneta antica, i ragguagli in lire italiane, venne posticipata di un anno con Legge 28 luglio 1861 n. 128 mentre, nelle Province napoletane, il Decreto del Luogotenente generale del 19 settembre 1861 n. 578 di pressoché analogo contenuto, stabiliva anche per quelle Province la medesima decorrenza.
I provvedimenti in materia monetaria del neo costituito Regno d’Italia non tardano però ad arrivare. Con Regio Decreto 17 luglio 1861 n. 114 si attribuisce il corso legale alle nuove monete di bronzo da 1, 2 e 5 centesimi in tutte le Province del Regno, con decorrenza 1° agosto 1861. Nella stessa data viene emanato il Regio Decreto n. 123 che detta norme “circa il corso legale della lira italiana de’ suoi multipli e summultipli e circa il corso ed il ragguaglio delle monete battute dai cessati Governi delle varie Provincie d’Italia”.
Si tratta di un provvedimento fondamentale nell’ambito dell’introduzione della lira italiana nelle varie Province del Regno, che tuttavia non trascura di considerare l’opportunità di autorizzare, “temporariamente”, il parallelo corso delle antiche valute nelle rispettive Province. Il Decreto, che stabilisce il ragguaglio fra la nuova e le vecchie monete, illustrandolo in una tabella allegata, prescrive altresì che le monete decimali d’oro italiane siano ammesse al corso legale nelle antiche Provincie ma solo sulla base dei provvedimenti monetari assunti in precedenza tanto dagli antichi Governi che da quelli provvisori.