(di Luciano Giannoni) | Le vicende monetarie della Signoria, poi Principato, di Piombino non sono ancora state indagate a fondo e la ragione principale risiede non tanto nella relativamente breve durata di attività della zecca piombinese (dal 1595 al 1699), dato che delle trenta zecche che in vari periodi hanno operato in Toscana resta una delle più longeve dopo Firenze, Lucca, Siena e Pisa, ma piuttosto nella pressoché totale assenza di documenti relativi alla sua attività. Va precisato che la zecca piombinese, per ragioni geografiche e funzionali, operava su due officine: una a Piombino, della quale non si conosce l’ubicazione certa ma sicuramente collocata nei pressi del palazzo di Cittadella, dove risiedevano i principi, ed una a Marciana, sull’Isola d’Elba, presso la cosiddetta “Casa Bernotti” dove era la residenza estiva.
Escludendo il catalogo (ormai introvabile) della mostra di monete piombinesi del 1987 (AA.VV., “Le monete di Piombino dagli etruschi ad Elisa Baciocchi”, Pisa 1987), gli unici riferimenti – i primi due ormai datati e bisognosi di revisione critica – sono il tomo di Guid’Antonio Zanetti (“Nuova raccolta delle monete e zecche d’Italia”, tomo II, Bologna 1779) ed il volume del “Corpus nummorum italicorum” dedicato alle zecche minori della Toscana nel 1929, nonché il recente ottimo volume di Alessio Montagano (“Monete italiane regionali. Toscana, zecche minori”, Pavia 2008) che tuttavia non fornisce un’indicazione analitica sul complesso della monetazione piombinese.
Maggiore chiarezza spero possa venire sia dal volume pubblicato a più voci su alcuni importanti aspetti monetari ed economici della zecca piombinese (“La zecca di Piombino. Da Jacopo VII a Giovan Battista Ludovisi” a cura di chi scrive, Campiglia Marittima 2011), sia dal corpus delle monete piombinesi, da poco uscito a mia firma: “Le monete del Principato di Piombino e del principato di Lucca e Piombino: appunti per un aggiornamento del Corpus Nummorum Italicorum, Serravalle 2014.
Se si pensa che lo Zanetti, pur scrivendo a soli ottant’anni di distanza dall’ultima coniazione piombinese, non solo ha difficoltà a reperire documentazione, ma non riesce ad avere una visione completa dell’insieme delle coniazioni – nel suo lavoro mancano alcuni nummi di cui oggi si conosce l’esistenza mentre di altri riporta solo il disegno del dritto – si capisce bene perché a oggi non vi sia stato un moderno ed esaustivo “corpus”delle monete emesse sotto Jacopo VII Appiano, Niccolò e Giovan Battista Ludovisi.