(di Roberto Ganganelli) | Il secondo dopoguerra rappresenta, per la storia della cartamoneta italiana, uno dei passaggi più complessi e delicati sia per la mutata forma istituzionale dello Stato, che per “l’invasione” delle Am-lire e per gli ingenti danni all’economia nazionale provocati dagli anni del conflitto. Eventi che inducono il governo e la Banca d’Italia a tentare di riorganizzare completamente il circolante (aumentato a dismisura, rispetto ai livelli prebellici) valutandone sia un ritiro completo (e relativa sostituzione con nuovi biglietti), sia la stampigliatura e infine – come poi fu fatto – un controllo capillare della massa monetaria in uso ed un suo graduale rinnovamento. Dell’argomento si sono occupati ampiamente noti studiosi del settore, da Guido Crapanzano (vedi “Soldi d’Italia. Un secolo di cartamoneta”, Parma 1996) a Roberto Mori (“Il cambio della moneta. I progetti in Italia nel secondo dopoguerra”, Milano 2000) senza contare la monografia del “Bollettino di Numismatica” dal titolo “Banca d’Italia. Museo della banconota” edita a Roma nel 2000.
Il 5 gennaio 1945, Luigi Einaudi assume la carica di governatore della Banca d’Italia, con giurisdizione anche sui territori appartenuti alla ex Repubblica Sociale Italiana e in precedenza commissariati. Manterrà l’incarico fino all’11 maggio 1948 quando – al quarto scrutinio, con 518 voti su 872 – sarà eletto secondo presidente della giovanissima Repubblica Italiana. Tra le due date si colloca, per la nostra ricerca, un fatto particolare che destò grande scalpore e che ebbe l’effetto di mutare in modo sostanziale le politiche di emissione delle prime serie di banconote postbelliche.
Quello che è noto come il “caso Staderini” venne alla luce il 19 giugno del 1946, a seguito dell’arresto di due dipendenti dello stabilimento poligrafico romano (officina d’appoggio per l’istituto di Palazzo Koch per il servizio stampa di carte valori) con l’accusa di aver falsificato Am-lire. Il caso, tuttavia, si rivelò subito più complesso e potenzialmente pericoloso, dato che venne accertato il fatto che Mario Panzironi e Celestino Zannotti – questi i nomi dei due arrestati – avevano sottratto anche pellicole e altri materiali necessari all’approntamento degli impianti per la stampa delle nuove tipologie di cartamoneta previste in emissione di lì a poco. I due avrebbero approfittato del fatto che la Staderini era incaricata di duplicare le pellicole in fotoincisione da inviare anche alle Arti Grafiche di Bergamo e alla De Agostini di Novara realizzando, degli stessi materiali creatori, delle copie non autorizzate da impiegare “in proprio” a scopo di falsificazione.