LA “MONETA AVGVSTI” E IL BRONZO DI DOMIZIANO

documents-button(di Gabriele Lepri) | Nell’anno 84 d.C. comparve nel contesto iconografico della zecca di Roma un nuovo rovescio che fu impresso fino alla fine del regno di Domiziano solamente su monete bronzee, mostrando la legenda MONETA AVGVST[i] e la raffigurazione della personificazione divina della zecca, in piedi, mentre sostiene una bilancia e una cornucopia, simboli appartenenti all’immaginario dell’Aequitas. La comparsa di questo rovescio è stata giustamente attribuita al cambio di sede della zecca di Roma, attiva da questo momento in poi nell’edificio della Regio III, sotto l’attuale chiesa di San Clemente. L’apparizione di quest’immagine sulle monete in bronzo, che superficialmente è di facile lettura, pone tuttavia alcune problematiche riguardo la vicenda della zecca a seguito dell’incendio di Roma dell’80 d.C. che danneggiò irreparabilmente la vecchia officina monetaria ubicata presso il santuario di Giunone Moneta sul Campidoglio: nel corso dell’80 d.C., ultimo anno di regno di Tito, la coniazione cessò bruscamente, per riprendere solo con Domiziano nell’81-82 d.C. in una zecca diversa da quella di Roma. In seguito si arrestò nuovamente la monetazione bronzea che riapparve a partire dall’84 d.C. e, proprio in questo anno, compare per la prima volta il motivo iconografico della Moneta Augusti.

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Domiziano, imperatore dall’81 al 96 d.C. (source: web)


L’interruzione dell’80 d.C. è da collegare indubbiamente con l’incendio che distrusse il Campidoglio e dovette danneggiare anche la vecchia officina Monetae. Domiziano, salito al potere, approfittò della situazione e ristrutturò l’intero sistema della produzione monetale, creando il nuovo stabilimento nella Regio III: a questa fase di transizione dovrebbe corrispondere l’interruzione di moneta bronzea nell’82-83 d.C. Nell’introduzione al regno di Tito nella revisione del catalogo “Roman Imperial Coinage”, si accenna solamente al “problema” e si ricorda che è stato ipotizzato che l’incendio potrebbe aver interrotto le operazioni di coniazione, ma si lascia intendere che la zecca possa aver continuato la sua attività ininterrottamente nell’80-81. Questo sarebbe desumibile dal gettito abbondante della prima metà dell’80 d.C. e dell’inizio del regno di Domiziano e dalla recente scoperta di un esemplare unico di denario ibrido che abbina un rovescio degli ultimi denari di Tito (ante 1° luglio 80) a un diritto della prima emissione del regno di Domiziano (post 13 settembre 81). Entrambi gli argomenti non sembrano tuttavia determinanti e l’ipotesi che le monete di metallo nobile di Tito con titolatura TR P IX IMP XV COS VIII siano state prodotte fino all’81 d.C. resta tale. Similmente si noti che le emissioni in bronzo hanno la sola indicazione del consolato e non sono quindi databili meglio che all’80-81 d.C. Inoltre c’è da tenere in considerazione la produzione di monete bronzee in Oriente negli anni 80-82, caso unico per i regni di Tito e Domiziano e più abbondante per il primo, e può forse essere ricondotta alla forzata interruzione della zecca di Roma in quel periodo.

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Asse di Domiziano (Ae, mm 27,50, g 9,50) al tipo della Moneta Augusti (source: asta Macho & Chlapovič 2, 28.04.2012, lot 47)


Detto ciò è da evidenziare che la più lunga interruzione la ebbero le monete in metallo vile, mentre aurei e denari, dopo una breve cessazione della produzione conseguente all’incendio, furono emessi con più continuità; inoltre l’iconografia della Moneta Augusti durante tutto il regno di Domiziano fu impressa esclusivamente sulle monete in bronzo (sesterzi, dupondi e assi). Tali considerazioni portano a una riflessione volta a comprendere se nell’edificio sotto San Clemente, durante il regno domizianeo, vennero prodotte solamente monete bronzee. Seguendo esclusivamente le monete e la loro iconografia, si è portati ad osservare alcune anomalie proprio negli anni 80-84 d. C. Una particolarità non messa ben in rilievo fino ad ora è che mentre la zecca di Roma non emetteva nominali bronzei, (servizio che affidato alle officine della Tracia) e coniava invece monete in oro e argento. Tale dato, associato all’introduzione dell’iconografia della Moneta Augusti esclusivamente sulle monete bronzee, porta a supporre che forse durante il regno domizianeo l’edificio adibito a zecca e individuato sotto l’attuale chiesa di San Clemente fosse stato riservato alle officine che emettevano nominali bronzei e di conseguenza aurei e denari, con i rispettivi quinari, venivano coniati probabilmente in un altro luogo nella capitale.

Seguendo lo sviluppo dell’iconografia di Moneta Augusti e in base ad alcune epigrafi, in seguito, sicuramente a partire dal regno di Traiano, le officine furono tutte riunite in un unico luogo, cioè l’edificio della Regio III sopracitato, e questo lo si può dedurre da cippi datati al gennaio 115 e rinvenuti in situ fra il 1556 e il 1715, dove sono menzionati coloro che lavoravano alle officine per l’oro e l’argento; anche la personificazione divina della zecca, comparendo su denari con l’imperatore Adriano, può essere portata come esempio per l’unificazione delle officine che formavano la grande zecca di Roma.  Con i dati di carattere iconografico associati alle emissioni monetali della zecca di Roma non si pretende una risposta definitiva al complesso problema della zecca di Roma, ma si è voluta evidenziare la grande anomalia che caratterizza l’iconografia delle monete oggetto di questo articolo e il lavoro della zecca di Roma durante il regno domizianeo.

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Un altro esemplare di asse di Domiziano (Ae, mm 27,10, g 10,69) al tipo della Moneta Augusti (source: asta Dr. Busso Peus Nachfolger 409, 25.04.2013, lot 402)