(informazione pubblicitaria) Il 17 novembre la casa d’aste Editions Victor Gadoury di Monaco offre in vendita all’asta un’ampia collezione di monete e medaglie di Casa Savoia. Gli esemplari provengono dalle proprietà di un esponente della famiglia reale e passarli in rassegna è un’occasione per ripercorrere brevemente, in più puntate, la storia della dinastia regnante italiana.
In questo capitolo i duchi della Savoia diventano re.
Vittorio Amedeo prese il potere il 26 luglio 1630 durante la Guerra dei trent’anni. Il padre Carlo Emanuele I lo aveva fatto sposare con Maria Cristina di Francia, terza figlia di Enrico IV e della seconda moglie Maria de’ Medici. Quel legame definì i rapporti con il potente vicino e con lui la Savoia divenne uno stato satellite francese.
Maria Cristina e i francesi, Carlo Emanuele II e i valdesi
Vittorio Amedeo morì nel 1637 e la moglie assunse la reggenza prima per conto dei figli, Francesco Giacinto prima, Carlo Emanuele II poi.
Maria Cristina non solo difese i diritti dei suoi figli, fece anche prevalere con successo gli interessi francesi durante la guerra civile piemontese contrapponendosi ai cognati, i fratelli più giovani del defunto marito fino a quando Tommaso Francesco di Savoia, principe di Carignano, si accontentò di essere nominato comandante supremo delle truppe savoiarde e Maurizio fu nominato cardinale, sposando la figlia maggiore di Maria Cristina con una dispensa papale. Per entrambi c’erano poi le luogotenenze rispettivamente di Nizza e Ivrea e Biella. Anche il cardinale Richelieu aveva mire sul ducato di Savoia, che desiderava annettere alla corona di Francia e anche in questo caso Cristina riuscì a resistere sfruttando le rivalità tra francesi e spagnoli e la sua origine regale. Grazie anche agli esiti della guerra franco-spagnola, potè garantire a se stessa il ruolo di reggente e ai cognati la permanenza del ducato nelle mani dei Savoia anche in caso di morte prematura degli eredi maschi. Nel 1648 il terzogenito Carlo Emanuele II assunse formalmente il potere.
Nonostante la pace di Vestfalia del 1648, la questione religiosa e gli scontri fra cattolici e protestanti non erano del tutto sedati. Nel 1655 Carlo Emanuele II, sollecitato dalla madre, revocò i diritti dei Valdesi già relegati nelle valli Pellice, Germanasca e Chisone e ordinò un massacro passato alla storia come Pasque piemontesi, con l’eccidio di uomini, donne e bambini.
A parte questa decisione che già allora suscitò lo sdegno delle altre nazioni europee, Carlo Emanuele II affrontò numerose riforme in uno stato finanziariamente dissestato, con un sistema militare traballante e un’amministrazione lacunosa: rinnovò le città; istituì la scuola pubblica; licenziò le truppe mercenarie e creò reggimenti interamente piemontesi; vietò l’accattonaggio e impose all’Ospedale di carità di accudire i bisognosi.
Vittorio Amedeo II re di Sicilia
Nel 1701 scoppiò la Guerra di successione spagnola, nella quale il duca di Savoia Vittorio Amedeo II, figlio di Carlo Emanuele II, ebbe un ruolo decisivo. Con giochi di alleanze, azioni militari e abilità diplomatica era già riuscito a emanciparsi dal controllo francese, ottenendo la cessione di Pinerolo e del transito verso la Francia, la restituzione di tutti i territori conquistati dai Francesi e la neutralità del Piemonte. Durante la Guerra di sucessione spagnola perfino la capitale Torino subì l’assedio da parte dei francesi nel 1706, riuscendo però a resistere e, anzi, sconfiggendo le forze francesi anche grazie al prezioso intervento di Eugenio di Savoia, cugino del duca e comandante dell’esercito imperiale asburgico. Con la pace di Utrecht e Rastatt nel 1713 e 1714, negoziate dal principe Eugenio, tutti i territori che erano stati occupati furono restituiti (Alessandria, Lomellina, Monferrato, Pragelato, alta val di Susa, Valsesia e feudi delle Langhe). La Savoia ottenne l’indipendenza dalla Francia ma il riconoscimento più importante era che il titolo di re di Sicilia (con il vincolo di non venderla o scambiarla e di restituirla alla Spagna in caso di estinzione della linea dinastica).
Nonostante i buoni propositi di Vittorio Amedeo II di riorganizzare il nuovo possesso, con la lotta al brigantaggio e alla pirateria e una riduzione dei privilegi nobiliari che gli costò l’ostilità dell’aristocrazia locale, con il trattato dell’Aia nel 1720 dovette cedere la Sicilia alla casata asburgica e accontentarsi in cambio della Sardegna, più vicina ma meno ricca e popolosa.