Gli scavi nel parco archeologico di Ophel hanno recentemente riportato alla luce un tesoretto in una grotta vicino alle mura di Gerusalemme a sud della Spianate delle moschee. Spiega il quotidiano The Times of Israel che ha rilanciato la notizia, che si tratta di una dozzina di monete di bronzo rinvenute in mezzo a frammenti di vasi, giare e utensili da cucina. Sono databili al 66-70 d.C., gli anni della rivolta ebraica contro i Romani. La scoperta, che risale a pochi giorni fa, è coincisa con la ripresa degli scavi archeologici dopo un’interruzione di quattro anni.
L’archeologa Eliat Mazar, che dirige i lavori per conto dell’Università ebraica di Gerusalemme, ritiene che le monete fossero state nascoste da un gruppo ebrei che si sarebbero rifugiati nella grotta durante l’assedio della città, probabilmente fino agli ultimi giorni, prima della caduta per mano di Tito.
Le iconografie delle monete rimandano a simboli religiosi: un calice, palma, mirto, limone e salice, piante legate alla celebrazione della festività del Sukkot. Le legende, in caratteri paleoebraici, fanno invece riferimento a concetti propagandistici come “per la libertà di Sion” e “per la redenzione di Sion”.
A rendere il ritrovamento ancora più eccezionale contribuisce il fatto che molte delle monete risalirebbero agli ultimi due anni della ribellione, forse addirittura a pochi giorni prima della distruzione del tempio. Precedenti scoperte avevano invece finora riportato alla luce soprattutto esemplari risalenti ai primi due anni della guerra ebraica, pochi del terzo, pochissimi dell’ultimo, e solo a Gerusalemme, dove era attiva la zecca dei ribelli, a Herodio e ‘Ein Mazruq. Secondo alcuni studiosi le monete dell’ultimo anno della ribellione sarebbero state battute da Simone Bar Giora, uno dei comandanti della rivolta. Il ritrovamento di monete risalenti al 70 a Gerusalemme fa ipotizzare agli studiosi che a quel tempo ormai tutta la regione fosse stata assoggettata ai Romani e che solo la città fosse ancora sotto il controllo dei ribelli.