(di Roberto Ganganelli) | Tra le tante, belle monete in argento di grande modulo prodotte dalle zecche pontificie, i collezionisti amano in particolare la mezza piastra di papa Clemente XI Albani (1700-1721) dell’anno XI di pontificato (argento, mm 25 circa per g 16 circa) su cui, al ritratto a sinistra del pontefice, si abbina una veduta del Pantheon, diversa da come la possiamo ammirare oggi, con legenda DILEXI DECOREM DOMVS TVAE (ossia, “[Signore], ho amato la bellezza della tua casa”, dai “Salmi”, 25, 8). Una legenda che ricompare anche su una piastra dello stesso pontefice, abbinata alla mezza figura della Madonna di Santa Maria in Trastevere, con in braccio il Bambino benedicente, e che in precedenza era già stata incisa su di un grosso a nome di Clemente X Altieri (1670-1676). In seguito, la legenda sarebbe apparsa di nuovo, nella monetazione di Leone XII (1823-1829) incusa lungo la ghiera del doppio zecchino o leonina in oro.
La legenda si riferisce ai restauri che Clemente X, Clemente XI e Leone XII curarono, il primo per Santa Maria Maggiore (a Clemente X si deve il rifacimento della facciata, 1670-1676), e gli altri due per Santa Maria in Trastevere. Quest’ultima chiesa – la prima di Roma ufficialmente aperta al culto cristiano secondo la tradizione – venne riedificata quasi completamente da Innocenzo II nel 1139. A sua volta Clemente XI ordinò che si restaurassero i mosaici della facciata e aggiunse il portico con i disegni del Fontana.
Si deve, in particolare, proprio a Clemente XI la definitiva sistemazione del Pantheon e della piazza antistante, in precedenza degradata “a mercato di braccia”. Vennero demolite tutte le casupole e le baracche che vi si erano andate addossando nel corso dei secoli; fu ricostruito l’altare maggiore, vennero decorati l’abside e le tribune, ripuliti e lucidati i marmi e reintegrati quelli mancanti. La particolarità della moneta è poi quella di mostrarci il Pantheon con i due piccoli campanili gemelli che erano stati aggiunti ai lati del frontone, opera di Gian Lorenzo Bernini e, fin dalla loro edificazione nel XVII secolo, oggetto di critiche molto accese, tanto da essere ben presto conosciuti con il dispregiativo nomignolo di “orecchie d’asino”. I due campanili furono demoliti nel 1883.
E qui emerge un piccolo “dettaglio numismatico”, vale a dire: nella medaglia di Filippo Speranza per la tumulazione del primo re d’Italia, Vittorio Emanuele II di Savoia, proprio all’interno del Pantheon di Roma, avvenuta nel 1878, l’edificio di culto appare già “purgato” dei due campanili, o meglio riportato alla sua forma originale. Evidentemente, all’epoca, si preferì già restituire, al monumento, la primitiva grazia classica imprimendo nel metallo gli effetti di quella che, cinque anni dopo, sarebbe stata l’opera demolitrice abbattutasi sulle sfortunate aggiunte berniniane. Aggiunte che, come dimostra anche una medaglia a nome di Gregorio XVI (1831-1846) coniata come premio del concorso dell’Accademia dei Virtuosi al Pantheon, non piacevano proprio nemmeno a papa Cappellari e all’incisore Nicola Cerbara, virtuoso autore dei conii, che a sua volta non esitò ad eliminarle.