(di Antonio Castellani) | Prima Repubblica Romana: a nome della cittadina di Ronciglione, in provincia di Viterbo, si coniano madonnine da tre baiocchi di due tipi diversi, oltre a simili e rarissime “medaglie o prove in argento, rame e piombo” su cui al rovescio, attorno al busto della Vergine, viene impresso il motto FEDELTÀ E RELIGIONE (talvolta variato in FEDELTÀ RELIGION e FEDELTÀ RELIGIONE). Al dritto, su tre righe BAIOCCHI | TRE | RONCIGLIONE (madonnina 1° tipo), oppure veduta della città in fiamme e L’INCENDIO DI RONCIGLIONE ANNO 1799, sotto C A G (madonnina 2° tipo), come il 2° tipo dei 3 baiocchi ma in argento, rame e piombo (medaglia o prova). Francesco Muntoni (1974, IV, p. 227, nota n.1) ritiene dubbia la qualifica di moneta per i 3 baiocchi in rame nonostante l’usura che presentano molti pezzi, segno che entrarono in circolazione, mentre giudica una medaglia il pezzo in argento impropriamente indicato in alcuni testi come mezzo scudo.
Cinagli parla di medaglie di propaganda antifrancese, coniate probabilmente a Viterbo, usate poi come monete del valore di mezzo scudo quella d’argento e di 3 baiocchi quella in rame. Indicazione condivisa da Scerni. Pagani (1982, pp. 375-376, nn. 2621-2626 e 2628), seguendo Serafini, ritiene una moneta il 1° tipo ed una medaglia il 2° tipo e l’esemplare in argento. In “Prove e Progetti” di Pagani (1957, p. 134, nn. 743-747) gli esemplari vengono riportati in argento, rame e piombo. Gigante (2005, p. 390, nn. 1-2) considera una moneta i 3 baiocchi del 1° tipo ed una medaglia commemorativa dell’incendio entrata in circolazione per il valore i 3 baiocchi il 2° tipo. Resta irrisolto per Muntoni il problema se queste monete furono battute a Ronciglione o a Viterbo dallo zecchiere Carlo Antonio Garofolini, come affermano il “Corpus” e il Pagani.
Per Renzo Bruni (2005, pp. 237-241, nn. 1-8) gli esemplari in rame sono monete mentre quello in argento dell’incendio è una medaglia, coniati comunque a Ronciglione, dato che la zecca di Viterbo era già stata smantellata mesi prima. Scerni Neri (in “Cronaca Numismatica” n. 51, marzo 1994, pp. 53-54) ritiene che a Ronciglione sia stata attiva una zecca dal maggio al novembre 1799, coniando madonnine da 3 baiocchi e due baiocchi, detti “alberelli” (l’identificazione di queste monete resta però controversa: escluso il marchio R, Scerni ipotizza il marchio C, derivato da Cimino, dipartimento al quale apparteneva Ronciglione durante la Repubblica). Ipotesi condivisa da Bruni.
Particolarmente interessante la moneta del 2° tipo, con la veduta della città in fiamme, una vera e propria istantanea di un fatto storico ancora ben impresso nella memoria popolare: il generale francese François Valterre, il 28 giugno 1799, diede ordine di mettere la città – che si opponeva al passaggio delle truppe francesi – letteralmente a ferro e fuoco. Furono bruciati 174 edifici, ci furono 82 morti, furono incendiato il Duomo e l’Archivio Capitolare, depredate le suppellettili più ricche di chiese e confraternite. Durante l’incendio furono date alle fiamme anche l’Archivio Comunale e dello Stato di Ronciglione e le case dei più facoltosi cittadini, contro i quali i soldati francesi furono guidati da due famiglie rivali e che aspiravano ad avere il predominio sulla città.
Il colpo mortale che Ronciglione subì con l’incendio dei giacobini francesi fu talmente carico di conseguenze negative in ogni campo che la cittadina non si riebbe più. Perché oltre alle rovine materiali e le perdite umane, vi si aggiunse la perdita dell’autonomia amministrativa con la conseguente perdita di commerci e ricchezze. Sciolto lo Stato di Ronciglione ciascun paese, fu aggregato singolarmente all’amministrazione del Distretto di Viterbo, presentatovi sprovvisto di quell’organizzazione che faceva di Ronciglione un piccolo centro propulsore di grandi attività.