(di Eleonora Giampiccolo | Da “Historia Mundi” n. 6, 2017, pp. 38-63 | seconda parte) | Già subito dopo l’indizione del Giubileo, nel giugno 1624, Urbano VIII aveva incaricato Gian Lorenzo Bernini, all’epoca ventiseienne, di realizzare un ciborio fisso sopra l’altare della Basilica Vaticana. Il compito non era certo dei più semplici perché egli avrebbe dovuto costruirlo in relazione alla grandiosa cupola michelangiolesca e avrebbe dovuto reggere il confronto con il grande vuoto circostante. I lavori che durarono dal 1624 al 1631 culminarono nella costruzione di un Baldacchino impostato su quattro colonne tortili di bronzo lumeggiato d’oro. Il pontefice entusiasta del suo scultore e del progetto di quest’ultimo per il Baldacchino non solo non esitò a far smantellare il bronzo dal tetto del “pronaos” del Pantheon perché quello fatto arrivare da Venezia e Livorno non era sufficiente (da qui il famoso detto “Quod non fecerunt Barbari, fecerunt Barberini”), ma autorizzò addirittura lo scavo di profonde fondamenta per la sua costruzione proprio intorno al luogo più sacro dell’intera Basilica vaticana: la tomba del Principe degli Apostoli.
La prima fase dei lavori venne celebrata da una medaglia straordinaria realizzata da Gaspare Mola verso la fine del 1626, nel IV anno di pontificato ed essa reca, al dritto, il busto del pontefice e, al rovescio, il nuovo altare papale incorniciato da quattro colonne tortili sulle quali si compone un baldacchino che sembra sorretto dai due angeli posti sulle due colonne anteriori, mentre altri due volano ai piedi del Cristo Risorto che si staglia in cima. Al momento di questa emissione, in realtà, erano state realizzate solo le «quattro grosse bellissime colonne fatte nuovamente di bronzo indorato a similitudine di quelle che stavano nel tempio di Salomone». Mancava ancora la “cuppola con altri ornamenti” che il Mola aveva avuto modo osservare nel progetto berniniano. Il coronamento del Cristo Risorto però non convinse né Bernini, né il pontefice, entrambi forse spaventati dal fatto che le colonne potessero cedere sotto il peso eccessivo della statua del Cristo.
Fig. 8 e Fig. 9 | I due diversi rovesci della medaglia annuale del VI anno di pontificato (1629) e della medaglia straordinaria celebrative della canonizzazione di Andrea Corsini
Bernini ritornò sul suo progetto già nell’aprile del 1631: sicuramente esso non era stato terminato nella sua forma definitiva quando vennero emesse le due medaglie celebrative della canonizzazione di Andrea Corsini avvenuta il 22 aprile 1629:quella straordinaria distribuita probabilmente il giorno della cerimonia e l’annuale del 1629, VI anno di pontificato, entrambe coniate dal Mola. Sul rovescio della medaglia annuale (Fig. 8), di fronte al pontefice seduto in trono si notano le due colonne del Baldacchino sormontante dal primo coronamento. In quella distribuita il 22 aprile (Fig. 9), invece, insieme ad uno scorcio del baldacchino viene rappresentato “l’apparato bellissimo nella basilica dove fu fabricato un teatro aperto di bellissima Architettura e con numero grande di colonne di color di pietra e cornicione sopra, che faceva mobilissima vista e la spesa fu tutta fatta dalla famiglia de’ Corsini parenti del Santo”. Sul rovescio di entrambe, dietro il trono del papa, all’estrema sinistra si intravede un personaggio i cui tratti somatici ricordano quelli del Bernini. Nel definitivo progetto del Baldacchino, il Cristo risorto venne sostituito da un semplice globo sormontato dalla croce, sorretto da un piedistallo che è posto sul punto in cui si congiungono le quattro grandi volute angolari. Ai quattro angoli della trabeazione compaiono quattro angeli recanti ciascuno una ghirlanda.
Il Venuti, a proposito di questa medaglia, cita una variante che presenta, al dritto, sotto al busto, la data MDCXXIX, che era ritenuto uno dei tanti ibridi riconiati nel XVIII secolo dagli Hamerani; in realtà, tale medaglia ricordata dallo studioso cortonese potrebbe essere uno dei 36 esemplari coniati nella primavera del 1629, annoVI di pontificato, per essere posti dietro il famoso mosaico giottesco della “Navicella”, che Urbano VIII aveva ordinato di restaurare nel pronao della Basilica Vaticana, proprio di fronte alla Porta del Filarete: infatti lo stesso Gaspare Mola conferma di aver consegnato al Tesoriere “36 medaglie di rame corinto, di quelle stampate nel conio novo fatto per far medaglie della festivita’ delli Glor. SS. Pietro e Paolo, che per rovescio n’e’ la canonizatione di S. Andrea Corsino et dette medaglie servirono per mettere nella Navicella di S.Pietro”. Quindi, il 22 aprile 1629 Mola avrebbe realizzato la medaglia con, al dritto, il papa benedicente, su disegno di Bernini, molto probabilmente senza l’indicazione dell’anno MDCXXIX; ma nel rovescio avrebbe raffigurato la scena della canonizzazione con il portico di legno. Questo rovescio però non sarebbe piaciuto per la medaglia annuale giacché tutta la decorazione in legno era stata già smontata, e Gaspare Mola avrebbe approntato un altro conio di rovescio (o avrebbe modificato il precedente) senza la costruzione in legno.
A maggio del 1629, quando fu restaurato il mosaico di Giotto della “Navicella”, i conii della medaglia annuale erano ormai pronti ed alla richiesta del Tesoriere di realizzare le medaglie che sarebbero vi state deposte, il Mola si sarebbe limitato a mettere l’indicazione dell’anno MDCXXIX sotto il busto del papa, al dritto, e con tale conio avrebbe realizzato le 36 medaglie. Subito dopo avrebbe tolto di nuovo dal conio l’indicazione dell’anno (il procedimento “a ghiera mobile”, inventato nel `500 dal Cellini rendeva l’operazione molto semplice) e per il 29 giugno 1629 furono battute 230 medaglie in oro, 445 in argento e 109 in bronzo senza l’indicazione dell’anno.
Fig. 10 | Medaglia annuale del X anno di pontificato (1633) celebrativa dell’inaugurazione del baldacchino di San Pietro
Come si è visto nel primo `600 non era poi così agevole distinguere le medaglie originali battute per la Reverenda Camera Apostolica da quelle battute per un’altra autorità della Santa Sede (in questo caso, il Tesoriere) oppure da quelle battute per diverse altre occasioni (sempre in questo caso per la canonizzazione di Andrea Corsini, e richieste con molta probabilità dai “postulatori” del santo, fiorentino come il papa. A tutte queste vanno aggiunte quelle battute dall’incisore stesso per puro scopo commerciale. Ma mentre Bernini lavorava al suo secondo progetto per il Baldacchino, in zecca avvennero significativi stravolgimenti: alla fine del 1631, il cardinale camerlengo, Ippolito Aldobrandini, licenziò dalla zecca il Mola, il quale fu costretto a consegnare tutti i conii da lui realizzati per il pontefice nelle mani dei sovrastanti di zecca.
Probabilmente il fatto di aver protetto un suo subalterno, un tal Pietro Niccoli, che era rimasto coinvolto in un omicidio a sfondo passionale, rifiutandosi di testimoniare di fronte al tribunale del governatore, gli procurò diverse inimicizie tra cui quella del cardinale Aldobrandini. Pertanto, la realizzazione della medaglia del IX anno di pontificato che doveva celebrare l’ammodernamento del porto di Civitavecchia, che nel 1630 era stata dichiarata porto libero, venne affidata ad Alessandro Astesano. Quando il cardinale Antonio Barberini sostituì momentaneamente il cardinale Aldobrandini perché malato, il Mola venne reintegrato nelle sue funzioni. In questo modo poté realizzare la medaglia annuale del X anno di pontificato celebrativa del nuovo Baldacchino inaugurato il 29 giugno 1633 (Fig. 10). A riprova del rapporto di amicizia che legava il Mola alla famiglia Barberini e in particolare al cardinale camerlengo Antonio Barberini, può essere citato l’editto camerale del 30 aprile 1639 in cui viene prorogata la privativa che era stata già concessa da pontefice il 19 giugno 1635 e in base alla quale nessuno avrebbe potuto “in luogo alcuno dello Stato Pontificio fare alcune stampe da lui inventate per far medaglie e ritratti al naturale”.
Riconfermato nella sua vecchia carica, il Mola continuò la sua attività di incisore, utilizzando con disinvoltura i conii in suo possesso sia quelli realizzati da lui, sia quelli realizzati dai suoi predecessori, per realizzare medaglie a suo uso privato e rivendersele ai collezionisti. Nel 1624, in occasione di alcuni lavori nella Chiesa di Santa Bibiana presso Porta San Lorenzo, sorta nel luogo in cui la tradizione vuole che la santa abbia subito il martirio, insieme alla madre e alla sorella durante le persecuzioni di Giuliano l’Apostata, fu ritrovato il corpo della santa. Urbano VIII, che ancora cardinale aveva anche dedicato una poesia alla santa martire, decise di ricostruirne la chiesa, affidandone i lavori al Bernini. Anche se i lavori furono completati nel 1625, essi vennero celebrati soltanto nel 1634 dalla medaglia annuale dell’undicesimo anno di pontificato. Al dritto, essa reca il busto del pontefice a destra vestito di piviale decorato con l’icona di santa Elisabetta del Portogallo, mentre, al rovescio, la nuova facciata della chiesa, incorniciata dalla legenda AEDES S. BIBIANAE RESTITVTA ET ORNATA.
Fig. 11 | Medaglia annuale del XII anno di pontificato (1635) celebrativa del restauro della Chiesa di San Caio (conio originario)
La medaglia del dodicesimo anno di pontificato, 1635, celebrava i restauri della Chiesa di San Caio, papa dal 283 al 296, la cui facciata era raffigurata al rovescio. Nel 1622 erano stati ritrovati i resti del santo papa nelle Catacombe di san Callisto e questo fatto aveva portato il pontefice ad autorizzare già nel 1630 i lavori di restauro della chiesa che sorgeva nella vasta area di terreni che Urbano VIII aveva comprato per edificarvi il magnifico Palazzo Barberini. Alla fine del XIX secolo, in seguito all’apertura dei Giardini del Quirinale, la chiesa fu distrutta, e fra le poche testimonianze ci rimane proprio questa medaglia.P er essa, l’artista, ritenendo che alla data di emissione della medaglia la facciata della chiesa potesse essere ancora incompleta, realizzò un conio di rovesciocon la legenda EXAEDIFICATVR che fu poi costretto a modificare in EXAEDIFICATA, visto che i lavori vennero invece terminati (Fig. 11). Non solo, per riempire lo spazio vuoto lasciato dalla scomparsa della lettera R della vecchia legenda, l’incisore aggiunse un’ape, simbolo dei Barberini. Questa trovata dell’ape che riequilibra in un certo modo la disposizione della legenda tornerà utile anche nella medaglia del XVI anno di pontificato.
La medaglia del tredicesimo anno di pontificato, 1636, celebrava il rifacimento della Chiesa di Santa Anastasia a Roma, alle pendici del Palatino. La chiesa venne fondata, secondo la tradizione, da Anastasia, sorellastra dell’imperatore Costantino e successivamente fu dedicata al culto della santa orientale che portava lo stesso nome e che fu martirizzata a Sirmium nel 304. In questa chiesa il papa era solito celebrare la messa dell’alba nel giorno di Natale e fino alla decisione definitiva di papa Barberini qui era stata custodita la Veronica. I lavori riguardarono la facciata, che era venuta giù a seguito di un uragano, e il rifacimento del tetto nuovo.
Il pontefice fu molto devoto a san Michele Arcangelo e tale devozione è testimoniata da diverse emissioni: si vedano, per esempio, lo scudo d’argento che reca, al dritto, il busto del pontefice a capo nudo con piviale a fiorami e testa raggiante e chiuso da razionale raffigurante la Veronica e intorno la legenda VRBANVS VIII PON MAX A XI, mentre, al rovescio, compare san Michele con spada e scudo crucigero che scaccia quattro demoni;lo scudo d’argento dell’anno XIII con il busto del pontefice che indossa il piviale a fiorami chiuso da razionale a croce gemmata e la legenda VRBANVS VIII PONT MAX AN XIII e, al rovescio, il pontefice orante davanti a san Michele, scena circondata dalla legenda TE MANE VESPERE oppure il quattrino, sempre dell’anno XIII, con il busto del pontefice con piviale a fiorami incorniciato dalla legenda VRBAN VIII P MAX A XIII, al dritto e, al rovescio, la scena di san Michele Arcangelo di faccia che brandisce la spada su Lucifero (Fig.12).
Fig. 12 | Quattrino del XIII anno di pontificato: quando anche uno “spicciolo” diventa un capolavoro d’autore
Non avendo nessuno che potesse raccogliere la sua eredità artistica, nel 1636 fece venire a Roma il figlio della sorella Prudenzia, che si chiamava Gasparo Morone, affinché questi lo aiutasse in una attività divenuta ormai pesante a causa del peggioramento delle sue condizioni di salute. In questo stesso anno il Mola inviò al Tesoriere Generale una lettera in cui lamentava non solo il danno economico subito a causa dell’aumento delle dimensioni delle medaglie a partire dall’anno VIII e quello fisico patito per la preparazione di conii molto grandi, ma anche il fatto che l’atto stesso della coniazione diventasse così difficile da aumentare il rischio di rottura dei conii, come era accaduto per la medaglia annuale del IV anno di pontificato. Gaspare Mola è citato in alcuni registi di pagamento dell’Accademia di San Luca relativi agli anni 1637-1638. Non si può dire con certezza che fosse un accademico, ma di sicuro versava la tassa richiesta per svolgere la propria attività.
La medaglia del quattordicesimo anno di pontificato (1637) celebrava il restauro del battistero della Basilica di San Giovanni in Laterano (Fig. 13). Questo battistero, nonostante la sua struttura fondamentale risalga al tempo di Sisto III, era considerato il luogo in cui fu battezzato proprio da papa Silvestro l’imperatore Costantino. Esso era stato danneggiato durante il Sacco di Roma del 1527 e già Paolo III ne aveva ordinato il restauro, sostituendo alla cupola ormai perduta un tetto di legno. Proprio un intervento sul tetto di legno era stato autorizzato da Urbano VIII già nel 1624 e in seguito ordinò che venissero portati avanti altri interventi di restauro e opere di decorazione affidate a Domenico Castelli. Come sottolineato da Alteri nel suo volume “Aurea Roma”, “incidendo con un rilievo molto basso gli elementi più lontani della struttura, e con uno più alto le colonne esterne e i bordi dello spaccato, il Mola riesce magistralmente a suggerire il senso della profondità spaziale dell’edificio, che a sua volta, fa risaltare, nell’area centrale, circondata da una balaustra, il gruppo marmoreo di papa Silvestro che battezza l’imperatore Costantino”. All’epoca dell’emissione di questa medaglia non era ancora stata commissionata la decorazione pittorica dell’ottagono della cupola, affidata ad Andrea Sacchi nel 1639.
Fig. 13 | Medaglia annuale del XIV anno di pontificato (1637) celebrativa dei lavori di restauro del Battistero della Basilica di San Giovanni in Laterano
Nel 1638, il Mola chiese alla Reverenda Camera Apostolica un indennizzo a causa del mancato guadagno subito nei quindici mesi durante i quali era stato sollevato dall’incarico in zecca. Il cardinale Antonio Barberini, infatti, aveva avviato una riforma amministrativa della zecca che prevedeva tra le altre cose, non solo la descrizione delle medaglie annuali in oro e argento nei documenti della Reverenda Camera ma anche fissava alla fine del 1638 il limite massimo per tutti coloro che avessero vantato dei crediti nei confronti dell’amministrazione.
La medaglia del quindicesimo anno di pontificato (1638) celebrava la costruzione della villa pontificia di Castel Gandolfo (Fig. 14). Essa rappresenta, al dritto, il busto del pontefice circondato dalla legenda VRBANVS VIII PON MAX A XIIII e, al rovescio, una veduta di Castel Gandolfo e la villa pontificia che domina tutto il panorama. Intorno corre la legenda SVBVRBANO RECESSV CONSTRVCTO che assume un doppio significato: il termine SVBVRBANO può infatti esser inteso come aggettivo “suburbano”, ossia “che sta nei pressi di Roma”, ma anche come glorificazione del papa “sub Urbano”, quindi “sotto il pontificato di Urbano”. La medaglia del sedicesimo anno di pontificato, il 1639, celebrava invece l’Armeria Vaticana, istituita perpreservare la pace come sottolinea la legenda del rovescio PACIS INCOLVMITATI che circonda la raffigurazione dei locali dell’Armeria. L’ultima medaglia incisa da Gaspare Mola dovrebbe essere quella dell’“Assaggio Generale” dell’autunno 1639, quando la riforma della zecca, avviata qualche anno prima dal cardinale Antonio junior Barberini era ormai giunta quasi al traguardo.
Fig. 14 | Medaglia annuale del XV anno di pontificato (1637) celebrativa della costruzione della villa di Castel Gandolfo
Gaspare Mola si spense il 26 gennaio 1640 nella sua casa nel rione dei Banchi e fu sepolto come era suo desiderio presso l’altare di san Carlo Borromeo nella Chiesa di Santa Maria in Traspontina, come risulta dal libro dei defunti della stessa parrocchia. Lasciava due figli Anna, avuta dalla moglie Angela Caterina Spiga (o Spica), che si era sposata con il comasco Bernardo Galli e con il quale non era andato mai d’accordo, e Giovan Battista, figlio naturale, legittimato prima di morire. Alla sua morte seguì una lunga causa ereditaria tra i vari eredi, in particolare tra l’Arciconfraternita di San Carlo al Corso e la Chiesa di Santa Maria in Traspontina. Prima di morire aveva pensato anche ad un successore degno della fama che aveva costruito in tutti quegli anni di onorata carriera, Gaspare Morone, al quale lasciava la sua bottega, l’ambita carica di incisore camerale e l’obbligo di aggiungere il cognome Mola a quello paterno.
Ringraziamenti | Il presente studio è estratto dal n. 6 (2017) della rivista “Historia Mvndi” edita dalla Biblioteca Apostolica Vaticana. La redazione de “Il giornale della numismatica” online ringrazia il prefetto della B.A.V. monsignor Cesare Pasini ed il viceprefetto professor Ambrogio Maria Piazzoni per aver autorizzato la riproduzione di testo e immagini, tutte appartenenti alla Biblioteca Apostolica Vaticana, nonché il direttore della rivista, professor Giancarlo Alteri, e la coordinatrice dottoressa Eleonora Giampiccolo per la fattiva collaborazione.