DOSSIER SPECIALE: ALLA SCOPERTA
DELLA MONETAZIONE DEI VICHINGHI

(di Riccoardo Paolucci) | La coniazione di monete su larga scala in Scandinavia prese avvio con l’emergere di un’autorità regia a partire dall’XI secolo e con il consolidarsi di un potere centralizzato. L’adozione di conii nazionali fu sporadica, non interessò tutto il mondo vichingo e si manifestò come processo graduale; va rilevato inoltre che, nel passaggio dall’uno all’altro dei contesti vichinghi, le monete cambiavano inevitabilmente significato, funzione e valore. Il commercio venne effettuato dapprima utilizzando “bullion” e oggetti interi che venivano spezzettati nel corso degli scambi oppure fusi e trasformati in lingotti in barre; pesi e bilance pieghevoli sono perciò ritrovamenti comuni in contesti vichinghi (Gustin, 1997). Nei mercati scandinavi oggetti d’argento e monete straniere venivano spesso “beccate” con uno strumento affilato, per verificare la qualità dell’argento.

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Ricostruzione di “drakkar”, la tipica imbarcazione utilizzata dai Vichinghi (source: archive)

In parallelo a questa vivace attività di scambi economici, locali e internazionali, basata sul bullion, venivano anche coniate monete, che circolavano in alcune località. I conî della Ribe previchinga (inizio VIII secolo) e di Hedeby (secoli IX-X) sono due esempi molto precoci; esistevano dunque piccole isole di economia monetaria (Malmer, 1990, p. 158), attive durante tutto il periodo e che anticiparono il più ampio movimento del secolo XI verso i conii nazionali. Nel mondo vichingo coesistevano dunque sia la moneta sia il “bullion”, spesso nella medesima borsa, e questo si riflette in alcuni dei più importanti tesori misti dei secoli X e XI, come mostrano il ricco tesoro inglese di Cuerdale, nel Lancashire (disperso), datato al 905 ca., e il tesoro 1972-1975 di Kirk Michael, nel Museo dell’isola di Man, deposto nel 1065 circa.

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Regno vichingo di East Anglia, penny in argento risalente al periodo 895-918 tipo “St. Edmund Memorial Coinage” (mm 20, g 1,36), forse zecca di Ipswich (source: Classical Numismatic Group)

La conversione al Cristianesimo è riflessa nell’iconografia delle monete vichinghe, sulle quali la figura umana e le immagini di animali e divinità pagane vennero associate alla croce e ai tradizionali simboli della Chiesa, che successivamente prevalsero. Una croce appare, per esempio, sui mezzi bratteati, quasi sicuramente attribuibili ad Aroldo II Blaatand Gormsson di Danimarca, nel 975 circa, il quale – secondo quanto egli stesso orgogliosamente dichiarava su una pietra runica a Jelling – aveva reso cristiani i Danesi (Bendixon, 1967, pp. 16-17). L’iconografia cristiana divenne predominante nelle coniazioni scandinave del secolo XI, in combinazione con simboli di regalità altrettanto importanti. Sebbene l’iconografia non poté mai essere tanto esplicitamente carica di valenza ideologica come nelle monete imperiali romane (Casey, 1986), un’idea della società vichinga si può trarre dalle rappresentazioni che ne decoravano i conii. Nel tipo e nell’impostazione generale le emissioni vichinghe imitavano spesso tipi contemporanei, nel tentativo forse di essere viste come legittime per il commercio o perché rispecchiavano i contatti e l’interazione con le popolazioni vicine; l’influsso dei modelli carolingi, anglosassoni e bizantini appare quindi pronunciato. Ne è risultato che i motivi e i tratti stilistici evocanti le credenze della cultura nordica e il mondo naturale, più particolari, sono stati in certa misura sottostimati dagli studi.

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Monetazione vichinga in Gran Bretagna, penny in argento risalente al periodo 885-954 a imitazione di quelli di Alfredo il Grande (mm 21, g 1,33), zecca incerta (source: Baldwin’s Acutions)

A partire dal secolo XI il ruolo delle monete come mezzo di comunicazione di massa era oramai effettivo (Tusind tallets, 1995, p. 11) ed esse dovevano essere viste, maneggiate e interpretate correttamente da tutti; la varietà delle monete vichinghe spazia da quelle sgrammaticate e rozzamente eseguite a opere d’arte insolite e sofisticate. A parte le “sceattas” con la maschera di Odino, coniate a Ribe al principio dell’VIII secolo, le prime monete dell’epoca vichinga propriamente detta vennero coniate a Hedeby negli anni 825-850. Si conosce poco a proposito di chi coniasse queste monete e perché; ciò che è evidente è che esse si ispirarono alle monete di Dorestad, una città frisia facente parte del Regno franco, nella quale i Norvegesi commerciavano. Alcuni prototipi nominano CAROLVS, ossia l’imperatore Carlo Magno, sul dritto, e la città DOR | STAT sul rovescio, mentre un altro tipo di moneta, di Ludovico il Pio (morto nell’840), reca raffigurata una nave.

Le più antiche monete scandinave imitavano i modelli carolingi introducendo però nuovi simboli (triangoli, triscele, cerchi) e figure (galli, serpenti, uomini barbati, case; Bendixon, 1967, p. 12); motivi come quello della nave acquisirono un carattere puramente nordico: la raffigurazione di una nave e, sotto, di un pesce di enormi dimensioni celebrava l’importanza del mare per i Vichinghi; sul rovescio compare una storia oggi sconosciuta, con un grande cervo che affronta un serpente e una figura che osserva. Un particolare nodo a tre bracci (forse rappresentante foglie o scudi), detto triquetro e noto dalle prime monete merovinge e anglosassoni, appare anch’esso su queste monete e ricorre come primario elemento decorativo nei più tardi conî norvegesi (Skaare, 1976, pp. 68-70).

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Regno vichingo di Hiberno-Norse Nothumbria, penny in argento risalente al periodo 939-941 a nome di Analf Guthfrithsson (mm 20, g 1,14), zecca di York (source: Classical Numismatic Group)

In Inghilterra, nel sec. IX i Vichinghi coniarono monete anche seguendo le consuetudini locali, come i sovrani che, dalla loro base a Dublino, rivendicavano il potere a York e nella Northumbria nel X secolo. Un esempio della serie anonima delle emissioni della cattedrale di St. Peter a York, coniate negli anni 920-927, mostra sul dritto una grande spada, mentre il punto focale del rovescio è il martello di Thor; è paradossale che questi evidenti simboli del potere vichingo e del paganesimo siano presenti su una moneta che porta una dedicazione essenzialmente cristiana: la spada è stata interpretata come la “spada di Carlo”, un trofeo dei Vichinghi di Dublino (Grierson, Blackburn, 1986, p. 323), e ricorre nelle successive emissioni di York.

Monete anglo-norvegesi vennero coniate nell’Inghilterra settentrionale fino alla morte di Erik I (954), re di Norvegia e di Northumbria, quando ebbe termine il dominio vichingo di York. L’iconografia cristiana ricorre nell’emissione del tipo detto della “mano di Dio”, coniata sotto Ragnald (morto nel 920), re di York, forse nel 914 circa e nel 919-920; il soggetto contava su una lunga tradizione nei prototipi romani, bizantini e anglosassoni (Tusind tallets, 1995, p. 56) e appare ancora nella serie danese di re Canuto II il Grande.

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Regno di Svezia, penny in argento risalente al periodo 995-1022 a nome di Olof Skotkonung (mm 22, g 2,45), zecca di Sigtuna (source:Classical Numismatic Group)

La presenza di tale linguaggio figurato cristiano è tuttavia discontinua. Altri motivi iconografici, caricati di un tradizionale spirito norvegese, continuarono a comparire nelle più tarde serie di York, compreso il corvo sulle monete di Olaf Godfreyson (morto nel 941), re di Dublino, degli anni 939-941, e un simbolo di stendardo o bandiera adoperato da Olaf Sitricson (morto nel 981), re di Dublino e di Deira, e da Sitric nel periodo dal 941 al 943/944. I corvi, uccelli del campo di battaglia (Ellis Davidson, 1969, p. 40), erano associati alla divinità norvegese Odino e la vista del corvo era di buon auspicio per i guerrieri vichinghi; lo stendardo ricorre nella tradizione vichinga, normalmente con un corvo su di esso, e si diceva che avesse il potere magico di condurre alla vittoria in battaglia (Ellis Davidson, 1969, p. 40).

Questi simboli pagani ricorrono su monete con il nodo triquetro e nel tipo della “mano di Dio” di Canuto II il Grande, dell’XI secolo; si tratta anche del principale simbolo utilizzato nelle più tarde emissioni di Aroldo III Haardraade. La monetazione testimonia dunque una mescolanza di simbolismo pagano e cristiano, che riflette probabilmente una situazione di fluidità nelle credenze personali della popolazione. Appare evidente un deciso attaccamento a simboli familiari e antichi, quale poteva essere il nodo triquetro, ma il significato del motivo è estremamente ambiguo (Skaare, 1976, p. 70; Tusind tallets, 1995, p. 60): esso poteva rappresentare il cuore di pietra a tre punte del mitico gigante Hrungnir, ucciso da Thor, oppure simboleggiare varie dinastie a significare l’unità e, in un altro senso ancora, potrebbe essere considerato come un’espressione della Trinità. Il suo successo come simbolo si dovette forse in parte al fatto che chiunque poteva trovarvi un qualche significato e, in ogni caso, la confusione di senso poteva anche comunicare a livello inconscio un messaggio criptico e pertanto ispirante timore da parte del re che coniava, contribuendo a mitizzarne la suprema autorità (Tusind tallets, 1995, p. 60).

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Regno vichingo di Danimarca, penning in argento risalente al periodo 1075-1080 a nome di Harald Hen (mm 20, g 0,92), zecca incerta (source: Stack’s)

I ritratti del sovrano divennero usuali sulle monete anglosassoni dopo la riforma monetaria del re d’Inghilterra Edgardo il Pacifico (959-975), nel 973 circa; il ritratto del sovrano costituì l’immagine più comunemente rappresentata sulle monete vichinghe dei secc. X-XI, che derivarono dai conî anglosassoni i loro principali modelli. A Dublino i Vichinghi cominciarono a coniare una propria moneta nel 997 circa e ben presto seguirono numerosi cambiamenti di tipo nelle serie anglosassoni (Dolley, 1966). Negli anni venti del secolo XI, il modello iberno-norvegese si fissò nel tipo diffuso detto della ‘croce lunga’, sul quale compariva un ritratto stilizzato di Sitric IV (morto nel 1042), re di Dublino, raffigurato sui prototipi anglosassoni recanti l’immagine del re d’Inghilterra Etelredo II (978-1016). Similmente, il tipo detto “Crux”, completo di scettro, venne imitato nelle prime emissioni nazionali scandinave del 995 circa. Il tipo iberno-mannese, detto della “croce lunga”, fu emesso da uno o da più sovrani scandinavi nell’isola di Man, tra il 1025 ca. e, forse, il 1065, e reca anche un ritratto stilizzato; questo tipo di moneta venne prodotto dalla zecca di Dublino dopo il trasferimento di una serie di matrici di conii, sviluppando proprie caratteristiche particolari, come un singolo occhio a globetto e croci con globetti (piuttosto che con cunei) nella legenda del dritto (Dolley, 1976; Bornholdt, 1999).

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Regno vichingo di York, penny in argento tipo “St. Perter Memorial Coinage” con spada (mm 21, g 1,15), zecca incerta (source: Baldwin’s Auctions)

Le monete runiche di Svend II Estridsön (1047-1074/1076) servono come esempio dei raffinati dettagli che adornavano molte emissioni vichinghe, evidenziando inoltre la capacità di espressione politica di un piccolo disco di metallo, tramite il quale si riaffermava l’autorità identificando in esso i simboli del passato (Bendixon, 1967, p. 26): l’alfabeto runico aveva una lunga storia e la sua conoscenza doveva essere relativamente diffusa nell’epoca vichinga, quando veniva utilizzato in particolare su monumenti in pietra destinati a commemorare persone ed eventi. È in qualche modo sorprendente che non fosse abitudine dei Vichinghi usare caratteri runici nelle legende delle monete, sulle quali apparivano di norma i caratteri dell’alfabeto latino, secondo i modelli anglosassoni.

 

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