1 lira (Arancia, mm 21,60, g 1,25) | L’unità monetaria italiana, che fino alla Grande Guerra aveva avuto almeno l’onore di essere coniata in argento, diventa leggerissima, ma non per questo meno bella, dando spazio al dritto ad una testa di Cerere ornata di spighe (più una donna delle nostre campagne che una dea, come ad esempio appare sui denari repubblicani della “gens” Cassia) e al rovescio ad un ramo d’arancia con il suo frutto; un abbinamento essenziale completato dal nome REPUBBLICA ITALIANA e dalle firme degli autori sul dritto, da valore, data e segno di zecca sul rovescio. Di questa moneta vendono coniati 104 mila pezzi nel 1946, appena 12 mila nel 1947 e, nei tre anni successivi, rispettivamente 9, 13,2 e 1,942 milioni.
2 lire (Spiga, mm 24,10, g 1,75) | Un contadino che spinge l’aratro campeggia sul dritto, simbolo di quell’Italia ancora agricola che deve letteralmente guadagnarsi di che vivere col sudore della fronte: è un’immagine rivoluzionaria, a suo modo, lontana anni luce dalla retorica dei decenni precedenti, un vero “voltar pagina” scritto in moneta e ribadito in milioni di esemplari. Al rovescio una spiga di grano, appena in diagonale come fosse mossa dal vento, su di un fondo vuoto che ne esalta la naturale perfezione e l’eleganza richiamando le antiche emissioni di Metaponto di età classica ma anche la bella 5 centesimi di Vittorio Emanuele III prodotta in centinaia di milioni di esemplari tra il 1919 e il 1937. Sono invece appena 123 mila le monete da 2 lire Spiga battute nel 1946, 12 mila l’anno dopo e, tra il 1848 e il 1950, rispettivamente 7,2, 1,35 e 2,64 milioni.