PICCOLA STORIA DI UNA GRANDE MONETA PAPALE: LA PIASTRA | 3

Di tutt’altro genere, invece, la piastra del 1703 per Clemente XI: rappresenta la piccola chiesa romana di San Teodoro al Palatino, colta con una prospettiva del tutto nuova che ne sottolinea i restauri voluti dal papa e il piccolo grazioso giardinetto che la circonda, quasi un “paradiseion” che invitava alla contemplazione ed alla riflessione (fig. 5). Questa piastra riuscì tanto bene da esser menzionata nella prima “rivista numismatica” mai pubblicata, quel Thesaurus Numismatum hujus saeculi che si stampava nella lontana Norimberga.

5d 5rFigura 5 (source: Biblioteca Apostolica Vaticana)


Giovanni Francesco Albani fu eletto nel 1700, in pieno Giubileo, col nome di Clemente XI (1700-1721); egli fin da cardinale era stato legato da amicizia personale con Giovanni Martino Hamerani, che però nel 1702 venne colpito da ictus cerebrale che lo menomò; l’incarico passò quindi al giovane figlio Ermenegildo Hamerani, che a soli 17 anni aveva fatto un celebre medaglione raffigurante Cristo sul Calvario in onore del papa Clemente XI appena eletto. Dal 1704 Ermenegildo racchiuse in sé, come il padre, che morirà nel 1705, le cariche di “mastro de li ferri” e di incisore camerale, realizzando, ad esempio, la celebre medaglia del 1706 col porto di Ripetta. Questo scalo fluviale lungo il Tevere proprio al centro di Roma era stato fortemente voluto dal papa che mirava ad una riqualificazione di tutta la zona del Campo Marzio: perciò ne affidò i lavori ad Alessandro Specchi che li completò, sfruttando anche i travertini caduti dal Colosseo in seguito ad un terremoto. Il porto di Ripetta (così chiamato per distinguerlo dal porto di Ripa Grande, che sorgeva sempre lungo il Tevere, ma più a sud) fu un vero capolavoro di quella “architettura dei servizi” tipica del Settecento, ingentilito da stilemi del “Barocchetto” che presagivano al Rococò.

Non era solo uno scalo fluviale dove potessero attraccare i barconi provenienti dall’Umbria e dalla Sabina, ma un vero e proprio “salotto”, luogo di incontro e di associazione: un corpo semicircolare con sedili all’intorno di marmo ed una graziosa fontana al centro, da cui si dipartivano due scalinate comode verso il greto del fiume, il tutto abbellito da alberi e giardini, che rendevano il posto assai ameno e adatto alle passeggiate. Il porto, che riscosse l’ammirazione dei contemporanei, fu immortalato sulla medaglia annuale del VI anno; ma dopo il completamento dei lavori fu deciso di farne il soggetto anche di una moneta. La sua fattura, però, non fu affidata all’Hamerani come sarebbe stato logico, ma fu bandito un apposito concorso vinto da Giuseppe Ortolani, un “sigillaro” poco più che trentenne d’origine veneziana, che da molto tempo lavorava a Roma incidendo sigilli sia per privati sia alla zecca. Inevitabile il confronto tra le due opere numismatiche contemporanee : a prima vista le rappresentazioni del medesimo soggetto sembrerebbero uguali, ma – come scrive Aleteri in Mirabilia Urbis in nummis, “la medaglia risulta più aderente al progetto dello Specchi. La moneta ci offre una visione frontale del complesso del porto, ma non riesce a riflettere quell’armonia di linee che l’architetto aveva saputo infondere a tutta l’organizzazione dello spazio. In più, la scena è appesantita dalle rappresentazioni del Tevere e dell’Aniene; […] impressione di pesantezza e d’ingombro trasmette pure la facciata della chiesa di San Gerolamo degli Schiavoni che appare mastodontica e più grande di quanto non fosse in realtà”. Nonostante ciò è innegabile l’abilità dell’Ortolani nella cura dei dettagli, per esempio, i riccioli della capigliatura del Papa che sembrano uscire fuori dal camauro (figg. 6-7).

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Figura 6 (source: Biblioteca Apostolica Vaticana) 7d 7r
Figura 7 (source: Biblioteca Apostolica Vaticana)