(di Roberto Ganganelli) | “CONVENIENTIA CVIQVE” si può leggere su tante monete della zecca di Mantova coniate a nome di Ferdinando Carlo Gonzaga Nevers (1669-1707), decimo duca della città e ottavo del Monferrato. Si tratta di scudi, mezzi scudi, quarti di scudo, pezzature 80, 40 e 20 soldi (2 lire da 80 soldi, 1 lira da 40 soldi e mezza lira da 20 soldi per Grossi, Margini e Ravegnani Morosini), nonché da una discussa tipologia da 80 sesini (manca nel C.N.I., vedi Rossi 2001, p. 86, n. 358). La legenda latina – ci ricorda Mario Traina ne “Il linguaggio delle monete” – fa da contorno ad un trofeo di armi ammucchiate (scudo, mezzo scudo, quarto di scudo, 80 soldi, 40 soldi, 80 sesini), oppure ad una figura di Minerva seduta su mucchio di armi (20 soldi) ed è tratta niente meno che da Orazio, (“Arte poetica”, vv. 312-316): “Qui didicit patriae quid debeat et quid amicis, / quo sit amore parens, quo frater amandus et hospes, / quod sit conscripti, quod iudicis officium, quae / partes in bellum missi ducis, ille profecto / reddere personae scit convenientia cuique” (“Colui che apprese quali sono i doveri verso la patria e l’amicizia, di quale amore si devono amare i genitori, di quale il fratello e l’ospite, qual è l’ufficio di un senatore e quale di un giudice, quali sono le mansioni di un condottiero in guerra, quello saprà bene attribuire ciò che meglio si addice a ciascun genere di personaggi”).
Nella ghiera dello scudo, del mezzo e del quarto è incisa la dicitura “PRÆSIDIA MAIESTATIS” (“A GARANZIA DELLA MAESTÀ”): la tosatura delle monete era infatti un atto di lesa maestà. È questa, non a caso, la prima moneta di Mantova che presenta ghiera lavorata contro la diffusa frode della tosatura. Alessandro Magnaguti e poi Lorenzo Bellesia – nei rispettivi studi – vedono nella figura femminile l’allegoria di Mantova, ma lo stesso zecchiere Bartolomeo Cotel indica “Bellona”, la dea della guerra. Alessandro Magnaguti, riferendosi al trofeo d’armi interpreta il motto nel senso che il duca “si vanta di avere abbastanza armi per tutti “. Bellesia, rifacendosi alle vicende di Ferdinando Carlo e in particolare al fatto che l’imperatore nel 1701 lo aveva dichiarato traditore, interpreta unendo le due parole: “Ciò che è opportuno [la guerra] può essere rivolto a chiunque, anche all’imperatore; le difese dell’autorità costituita stanno proprio nelle armi e nell’onore”. Per Rodolfo Signorini, invece, è nei versi di Orazio che va cercata la spiegazione della legenda: il principe, consapevole dei propri doveri, è in grado di assegnare ad ognuno quanto gli conviene.
Andrea Saccocci mette tuttavia in relazione la legenda nel giro con quella della ghiera e interpreta “A DIFESA DELL’AUTORITÀ E CONVENIENTI A CIASCUNO”. “Poiché ‑ aggiunge – l’esemplare appare impresso anche nel taglio grazie a sistemi meccanizzati di coniazione mai usati in precedenza a Mantova, il significato di tutta la raffigurazione assume un carattere esplicitamente monetario: il soggetto sono le monete stesse che, essendo impresse nel contorno e non potendo quindi essere tosate, da un lato difendevano l’autorità statale che garantiva il valore della moneta, dall’altro erano particolarmente convenienti per chi le accettava in pagamento. Il trofeo di armi ammassate non sarebbe altro che la rappresentazione della definitiva sconfitta di quanti, tosatori e falsificatori, avevano da sempre imperversato a danno della monetazione ufficiale”.