Le monete ritirate dagli Este, assieme agli altri esemplari in argento e in bronzo già impegnati a Venezia, furono probabilmente disperse negli anni successivi. Non siamo in grado di verificare i tempi e i modi di tale dispersione ma è documentato che nel 1663 alcuni esemplari con questa contromarca estense erano presenti nelle collezioni reali francesi così come altri esemplari con la stessa “aquiletta” facevano parte, nel 1661, nella collezione numismatica di Cristina di Svezia. Altri esemplari con questa contromarca si conservano, inoltre, a Milano, nelle Civiche raccolte numismatiche (circa 360 monete in bronzo e in argento), a Modena nel Medagliere Estense (294 monete romane e romane provinciali), a Forli nella Collezione Piancastelli (alcuni esemplari) e a Berlino nel Münzkabinett (alcuni esemplari). Ma diversi esemplari, sia in oro che in argento e in bronzo, tutti con la medesima contromarca sono comparsi, anche recentemente in vendite all’asta (cfr. A. Pancotti e J. Grimaldi, “La diaspora della collezione numismatica di Casa d’Este” in “Si tiene pegno in Guardaroba. Monete d’oro con la contromarca di Casa d’Este nel Medagliere Mediceo” (catalogo della mostra), Firenze 2014, pp. 347-358).
Lettera a firma di Giovan Lorenzo Malaspina, segretario di Ferdinando II, diretta al provveditore del Monte di Pietà, Ugo Minerbetti, in data 6 luglio 1646, per chiedere, prima della fine del pegno, la visione e l’eventuale cambio di monete (source: author)L’attribuzione della contromarca agli Este e non ai Gonzaga, aveva coinvolto gli studiosi della fine del Seicento e del Settecento (G. Foy-Vaillant, E. Spanheim, S. Liebe, S. Havercamp, G. Bencivenni e F. Neumann) tutti concordi nell’affermare che la stessa fosse da collegare con i Gonzaga di Mantova contro l’opinione di studiosi dell’Ottocento (S. Maffei, J. Eckhel e C. Cavedoni) che invece attribuivano la contromarca agli Este di Modena. Carlo Poggi ha sostenuto con valide argomentazioni che la contromarca sia stata applicata sulle monete della collezione di Alfonso II d’Este negli ultimi decenni del XVI secolo, pochi anni prima della dispersione a seguito della sua morte e delle vicende del Ducato già narrate. La contromarca era certamente applicata a fronte di una piccola asportazione di metallo colando una micro goccia d’argento sulle monete in oro e in bronzo, d’oro su quelle in argento.
Due esemplari della collezione estense (clicca le foto per ingrandire): uno statere di Ierone per Siracusa e un aureo di Augusto (source: author)D’altra parte dell’esistenza della collezione di monete d’oro di Casa d’Este abbiamo unaprecisa testimonianza di Celio Calcagnini, che nel 1517, su proposta del Cardinale Ippolito d’Este, aveva ricevuto dal Consiglio dei Savi l’incarico di storico ufficiale del ducato di Ferrara e di Casa Este e che, in tale veste, tra il 1538 e il 1541 portò a termine l’opera “Aureorum Numismatum Illustrissimi Herculis Secundi, Ducis Ferrariae Quarti, Elenchus” in cui sono comprese 783 monete suddivise in 3 sezioni, le greche (“Moneta Populorum, Urbium, Regum”), le romane repubblicane ed imperiali e bizantine (“Moneta Romanorum”) e medievali (“Moneta Medii Aevi”). Il manoscritto è stato accuratamente esaminato e discusso da Gianluigi Missere e Federica Missere Fontana in “Una silloge numismatica del XVI secolo: Celio Calcagnini e la raccolta estense” pubblicato a Modena nel 1993.